Waigel, Theo

W. (Oberrohr, Krumbach 1939), dopo aver conseguito la maturità intraprende gli studi di diritto e scienze politiche, prima a Monaco e poi a Würzburg. Supera con successo gli esami di Stato e, nel 1967, consegue il dottorato di ricerca in diritto costituzionale ed ecclesiastico.

Dal 1967 al 1969 è aggiunto giudiziario presso il pubblico ministero del tribunale di Monaco. Successivamente e fino al 1970 è il referente personale di Anton Jaumann, allora sottosegretario di Stato al ministero delle Finanze al fianco del quale rimane anche quando questi assume l’incarico di ministro.

La carriera politica di W. comincia da studente tra le file della Junge Union (Unione giovanile) della quale resta membro fino al raggiungimento del limite massimo d’età nel 1975. Già dal 1960, però, è anche membro della Christlich-soziale Union (CSU). W. entra al Bundestag nel 1972, lavora nella commissione per la Scienza e la formazione e, in seguito, nella commissione per il Bilancio dove resterà fino al 1978 e in cui si distingue per la sua professionalità e competenza. Dal 1978 W. è capogruppo della sua fazione politica all’interno della commissione per l’economia che lascerà nel 1980, anno in cui diventa portavoce per la politica economica del gruppo parlamentare dell’Unione.

Nel 1982, dopo l’insediamento del governo di Helmut Josef Michael Kohl, Friedrich Zimmermann, fino ad allora capo della delegazione regionale della Baviera a Bonn, è nominato ministro degli Interni e W. è designato come suo successore. Mantiene l’incarico fino al 1988 quando, in seguito alla morte improvvisa del presidente della CSU Franz-Josef Strauß, è eletto con circa il 98% dei consensi alla presidenza del partito. Sotto la sua guida l’Unione cristiano-sociale comincia un percorso di grande cambiamento e apertura a metà strada, secondo gli osservatori dell’epoca, tra «tradizione e progresso». Qualche mese dopo, nel 1989, è nominato ministro delle Finanze, incarico che lascerà solo nel 1998. In questi anni W. lavora all’unificazione economica delle due Germanie (v. Germania) e nel maggio del 1990 sottoscrive con il ministro delle finanze della Deutsche demokratisce Republik (DDR) Romberg il Trattato per l’unificazione monetaria e sociale (in vigore dal 1°giugno 1990). Purtroppo il costo della Riunificazione è molto alto e costringe il governo ad adottare misure straordinarie. La pressione fiscale arriva nel 1993 al 44% e ha come conseguenza una significativa perdita di fiducia nel governo in carica e nell’operato di W.

Parallelamente il ministro tedesco lavora anche alla futura Unione economica e monetaria dell’Europa così come stabilito dal Trattato di Maastricht, in calce al quale nel 1992, insieme all’allora ministro degli Esteri Hans-Dietrich Genscher, appone la propria firma. Mentre all’interno dei confini nazionali la politica finanziaria di W. incontra spesso grande scetticismo e opposizione, dopo la riunificazione il suo lavoro trova nel mondo, e soprattutto in Europa, conferme e riconoscimenti. La sua politica fantasiosa nel 1997 riavvicina la Germania ai parametri di Maastricht: il deficit statale, infatti, nella primavera del 1998, si attesta al 2,7%. Nonostante il successo, però, W. subisce forti pressioni sia come ministro che come presidente della CSU. Nello stesso 1998 è confermato alla presidenza del partito, ma con un numero inferiore di consensi. Con la fine della legislatura, invece, lascia il suo mandato ministeriale. Gli succederà Oskar Lafontaine (Sozialdemokratische Partei Deutschlands, SPD). Nel 1999 W. lascia anche la presidenza della CSU scalzato dal rivale Edmund Stoiber.

Nel 2002 W. dà le dimissioni da tutti gli incarichi pubblici rifiutando anche la possibilità di un incarico all’interno della Commissione europea.

Agata Marchetti (2010)




Waldheim, Kurt

W. nacque a St. Andrä-Wördern, nella Bassa Austria, il 21 dicembre 1918. Dopo gli studi ginnasiali a Klosterneuburg si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’università di Vienna, dove conseguì la laurea nel 1944. Durante la guerra servì come ufficiale nei Balcani. Intrapresa nel 1945 nella carriera diplomatica, fu segretario personale dell’allora ministro degli esteri Karl Gruber. Segretario di legazione presso l’ambasciata a Parigi, rimase nella capitale francese dal 1948 al 1951. Ritornato a Vienna, diresse, fino al 1955, l’ufficio del personale. Per un breve periodo fu inviato a New York, come osservatore permanente dell’Austria presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). In seguito divenne capo della missione diplomatica austriaca in Canada fino al 1960. Seguì un periodo al ministero degli Esteri, dove diresse, dal 1960 al 1962, il reparto per l’occidente della sezione politica, per poi diventare direttore politico della divisione estera. Per due volte, dal 1964 al 1968 e dal 1970 al 1971, fu rappresentate austriaco alle Nazioni Unite.

Al termine della sua esperienza diplomatica, W. divenne un esponente di primo piano della politica austriaca. Già nell’intervallo tra i due incarichi presso le Nazioni Unite era stato ministro degli Affari esteri nel gabinetto di Josef Klaus. Nel 1971 la Österreichische Volkspartei (ÖVP) lo scelse poi come suo candidato alla presidenza federale, lanciandolo in una competizione con Franz Jonas dalla quale sarebbe però uscito sconfitto. Il grande prestigio personale e la lunga esperienza diplomatica si rivelarono invece decisivi in un’altra competizione, quella per l’incarico di segretario generale dell’ONU. Eletto per la prima volta nel 1971, W. fu a capo dell’organizzazione per un decennio, durante il quale diede prova della sua abilità di mediatore.

Sfumata l’ipotesi di un terzo mandato, W. passò il testimone a Boutros Boutros-Ghali e andò a insegnare per breve tempo relazioni internazionali alla Georgetown University. Ritornato in Austria, decise di ritentare la competizione per la massima carica della Repubblica austriaca. Il confronto con il candidato socialdemocratico, Kurt Steyrer, fu incentrato quasi esclusivamente sulle tematiche internazionali e W. fece leva sul suo prestigio internazionale, presentandosi come “l’austriaco di cui il mondo si fida”. La campagna elettorale subì una svolta imprevista quando, nel febbraio 1986, la rivista “Profil” accusò W. di aver preso parte, durante la sua permanenza a Salonicco tra il 1942 e il 1943, a crimini di guerra. Lo scontro elettorale assunse toni parossistici, tanto da far registrare rigurgiti di antisemitismo nel paese. Nonostante le pesanti accuse a lui mosse, W. riuscì a essere eletto: dopo aver mancato di un soffio la maggioranza nella tornata elettorale del 4 maggio 1986, ottenne il 53,9% delle preferenze nella consultazione dell’8 giugno.

L’elezione di W. a presidente federale, che portò alle dimissioni immediate del cancelliere Fred Sinowatz e del ministro degli Esteri Leopold Gratz, fu gravida di conseguenze negative anche sul piano internazionale, come dimostrato dall’inserimento nel 1987 del nome di W. nella watch list del governo statunitense, in base alla quale gli si precludeva l’ingresso come privato cittadino negli Stati Uniti. L’Austria venne a trovarsi in una condizione di pesante isolamento, solo in minima parte mitigata dai buoni rapporti intrattenuti dal suo presidente con la Santa Sede e con i governi dei paesi dell’area mediorientale.

Kurt W. moriva a Vienna il 14 giugno 2007. Il suo nome resta legato alle vicende della diplomazia multilaterale più che a quelle specifiche dell’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). Per l’Europa egli può comunque rappresentare, al di là della sua attività materiale, il simbolo delle contraddizioni che affliggono l’Austria. Sebbene non siano emerse prove che dimostrino la colpevolezza di W., il contrasto tra la sua brillante e specchiata immagine internazionale e le ambiguità del suo passato ha fatto sorgere un acceso dibattito nell’opinione pubblica e tra gli intellettuali sulle scelte del popolo austriaco nella tragedia della Seconda guerra mondiale nonché sul ruolo dell’Austria contemporanea in Europa. A più di sessant’anni di distanza dalla liberazione del paese, di cinquant’anni dalla firma del Trattato di Stato, e di dieci anni dall’ingresso nell’Unione europea, e nonostante la sostanziale chiusura dell’affaire W., le contraddizioni di quelle vicende continuano ad agitare l’Austria.

Federico Niglia (2010)




Walker, Peter Edward

W. (South Harrow 1932-Worcester 2010) è stato uno stretto collaboratore del primo ministro britannico Edward Heath e ha sovrinteso all’ingresso del Regno Unito nell’Unione europea. Conservatore europeista, è il fondatore e patrocinatore del Tory reform group (TRG), un gruppo in seno al Partito conservatore che sostiene un conservatorismo moderato e di tendenza filoeuropea, o per lo meno non apertamente euroscettica (v. Euroscetticismo).

W. fu un deputato conservatore britannico alla Camera dei Comuni per il collegio di Worcester, nella contea di Worcestershire, nella regione d’Inghilterra del West Midlands dal 1961 al 1992. Nel 1965 entrò nel governo ombra conservatore e sotto Heath assunse per un breve periodo l’incarico di ministro per l’Edilizia e il governo locale (1970) e successivamente quello di segretario di Stato per l’Ambiente (1970-1972) e poi per il Commercio e l’industria (1972-1974). Nel febbraio 1975, quando Margaret Thatcher assunse la leadership del Partito conservatore, W. non fece parte della sua squadra poiché contrario alle sue politiche sociali ed economiche.

Ciò nonostante, entrò successivamente a far parte del governo del primo ministro per la maggior parte della sua durata su invito della stessa Thatcher, malgrado fosse apertamente ostile alla sua strategia economica, e fu nominato ministro dell’Agricoltura, pesca e alimentazione (1979-1983). In queste funzioni, W. prese parte alle riunioni del Consiglio dei ministri dell’agricoltura, durante le quali, nella primavera del 1980, venne negoziato un lieve aumento dei prezzi agricoli nell’ambito della Politica agricola comune (PAC), aprendo la strada all’accordo sul bilancio comunitario (v. Bilancio dell’Unione europea) che incluse la famigerata compensazione per il Regno Unito.

Dopo le elezioni politiche del giugno 1983 W. divenne segretario di Stato per l’Energia (1983-1987) e successivamente segretario di Stato per il Galles (1987-1990) e in tale ruolo cercò di promuovere buone relazioni tra la regione e la Comunità economica europea (CEE). Si dimise dal governo Thatcher poco prima della sua fine nel 1990. In effetti, la caduta della Thatcher può in parte attribuirsi alla sua mancanza di popolarità tra i conservatori più filoeuropei, che anteponevano i potenziali vantaggi diplomatici ed economici dell’adesione alla Comunità alle preoccupazioni circa la difesa della sovranità nazionale. Questi conservatori modernizzatori, per i quali W. rappresentava una figura chiave, aumentarono quando ebbe fine il thatcherismo, influenzando il governo del primo ministro John Major nel suo approccio verso la Comunità europea.

Nel 1992, dopo essersi ritirato dal Parlamento, W. ottenne il titolo di barone di Worcester, di Abbots Morton nella Contea di Hereford e Worcester e da allora lavora nel settore privato.

Doreen Allerkamp (2012)




Wallström, Margot

W. (Skellefteå 1954), diplomatasi nel 1973, cominciò la sua carriera politica come mediatore civico (Ombdusman) (v. anche Mediatore europeo) per la Lega della gioventù socialdemocratica svedese.

Nel 1979 fu eletta al Parlamento svedese – dove rimase per due mandati di tre anni ciascuno – nelle file del Partito socialdemocratico. Come parlamentare, lavorò nel Comitato per l’istruzione e fece parte di un importante gruppo di lavoro del Partito socialdemocratico per l’elaborazione di un nuovo programma di accesso al sistema del welfare. In questo periodo strinse anche una solida amicizia con Anna Lindh, in seguito nominata ministro degli Esteri, e con Mona Sahlin, che fra l’altro fu vice primo ministro, e consolidò la propria posizione, mostrando affinità ideologiche con i leader socialdemocratici degli anni Ottanta e Novanta, quali Ingvar Carlsson e Kjell-Olof Feldt.

Dopo il suo secondo mandato parlamentare, W. svolse un ruolo attivo nella politica locale e regionale. Nel 1988 fu nominata dal primo ministro Ingvar Carlsson ministro per gli Affari civili, carica che conservò fino alle elezioni del 1991. Nel biennio 1993-1994 fu dirigente in un canale televisivo regionale, conservando un seggio nel comitato esecutivo del Partito socialdemocratico. Partecipò anche attivamente alla fondazione Europaforum, creata nel 1992 per svolgere un’intensa propaganda a favore dell’adesione della Svezia alle Comunità europee.

Nel 1994 W. tornò al governo come ministro della Cultura, incarico che conservò fino al rimpasto di governo del 1996, quando fu nominata ministro per gli Affari sociali con il nuovo primo ministro Göran Persson. Gli anni Novanta furono caratterizzati dai tagli alle spese per il welfare. Ciononostante, W. si dimostrò capace di conservare la sua popolarità all’interno e all’esterno del Partito socialdemocratico. Una delle candidate principali per subentrare a Ingvar Carlsson come leader dei socialdemocratici, fu menzionata di frequente come possibile successore di Persson.

Nella campagna elettorale del 1998 W. fu la figura politica di maggior spicco dei socialdemocratici insieme al primo ministro, ma inaspettatamente dopo le elezioni non ottenne nessun ministero, sebbene i socialdemocratici fossero riconfermati al potere. Fu invece nominata vicepresidente esecutivo dei Worldview global media, un’organizzazione non governativa con sede a Colombo (Sri Lanka), incarico che conservò fino a quando non fu scelta come membro della Commissione europea di Romano Prodi nel settembre 1999.

La nomina della W. a commissario per l’Ambiente (v. Politica ambientale) costituì una sorpresa per la maggior parte degli osservatori del suo paese. In quell’occasione, il Comitato costituzionale del Parlamento svedese criticò il governo per il modo in cui aveva gestito la questione e l’opposizione di centrodestra rivendicò la carica di commissario per uno dei suoi esponenti, come sancito da un tacito accordo con i socialdemocratici. Le critiche colpivano poi direttamente W., accusata di non avere un’istruzione universitaria, di essere priva di esperienza, di non avere competenze specifiche nel settore ambientale e di essere troppo giovane. W. grado riuscì però di dissipare ogni dubbio sulle proprie capacità, tanto che alla fine del suo mandato anche il centrodestra era disposto ad accettare, a certe condizioni, la sua nomina per un secondo mandato come commissario europeo.

Durante il suo mandato, W. nominò capo del suo gabinetto Rolf Annerberg, in precedenza direttore generale dell’Agenzia svedese per la protezione dell’ambiente. Tra le priorità indicate durante le audizioni di conferma al Parlamento europeo vi erano una maggiore osservanza e applicazione delle regolamentazioni esistenti, lo sviluppo di un nuovo programma d’azione per l’ambiente e la previsione di sanzioni pecuniarie per chi inquina

In ragione del rafforzamento del settore ambientale nel Trattato di Amsterdam, la nuova Commissione ebbe l’opportunità di adottare un approccio più dinamico in tale area. Gran parte del lavoro di W. si concentrò sul mantenimento del protocollo di Kyoto relativo ai cambiamenti climatici e sulla messa a punto di una nuova strategia per i prodotti chimici. Quest’ultima proposta fu oggetto di forti critiche sia da parte dall’industria, che la giudicava di portata troppo ampia, sia dalla lobby ambientalista, che la considerata troppo indulgente nei confronti degli industriali. Tale strategia fu trasferita in seguito dalla direzione generale dell’Ambiente alla direzione generale dell’Industria.

Nel 2002 W. fu votata “Commissario dell’anno” dai lettori della “European voice”.

W. è dotata di una mente critica, “incline al dubbio” per principio, perché preferisce affrontare i problemi senza dogmatismi, cercando di analizzarli secondo la formula “considerare, discutere, riconsiderare”. Spiegando la sua affinità con i socialdemocratici, ha messo in risalto i seguenti valori: democrazia, internazionalismo, opportunità/potenzialità della politica, uguaglianza, pari opportunità, conoscenza e razionalità, welfare e solidarietà. Questa visione della socialdemocrazia, caratterizzata da pragmatismo e da un riformismo graduale associato alla modernizzazione, rappresenta una corrente della socialdemocrazia svedese, quella dominante durante la seconda metà degli anni Ottanta e negli anni Novanta. Sulla questione specifica del welfare State, W. si è adoperata attivamente per promuovere un uso crescente delle cooperative, nel campo dell’assistenza all’infanzia e come forma generale di impresa. Per quanto riguarda le questioni europee, W. ha abbracciato una prospettiva filoeuropea più convinta rispetto alla gran parte dei suoi compagni di partito, sottolineando l’esigenza di un Processo decisionale e di istituzioni sovranazionali piuttosto che intergovernative (v. anche Cooperazione intergovernativa).

W. è considerata un’abile comunicatrice e conosce molto bene il lavoro dei media, data anche la sua personale esperienza professionale. Per citare un esempio, quando nel 2003 la Commissione europea lanciò la nuova strategia per i prodotti chimici Registration, evaluation, authorisation of chemicals (REACH), W. presentò i risultati di un’analisi del proprio sangue, dimostrando che vi erano state trovate 28 sostanze tossiche, che vennero tutte incluse nella nuova strategia.

Durante il referendum svedese sull’Euro nel 2003, W. fatto fece parte di un quartetto di donne politiche svedesi di spicco, con una posizione trasversale rispetto ai partiti, che sostennero il voto a favore: Anna Lindh, ministro degli Esteri socialdemocratico; Marit Paulsen, liberale e membro del Parlamento europeo; Gunilla Carlsson, conservatrice e membro del Parlamento europeo. La forza d’impatto delle quattro donne fu frenata da una grave malattia di Marit Paulsen e ovviamente dall’assassinio di Anna Lindh. Nel dibattito successivo al voto W. imputò in parte il risultato del referendum alla generale mancanza di leadership dei politici svedesi nel settore degli affari europei, un’opinione che fu vigorosamente contestata e smentita dal primo ministro svedese Göran Persson.

Nel 2004, con l’insediamento della Commissione guidata da José Manuel Durão Barroso, W. Fu nominata vicepresidente della Commissione, responsabile per le Relazioni istituzionali e la Strategia di comunicazione.

Fredrik Langdal (2006)




Walter Behrendt




Walter Hallstein




Walter Scheel




Walter Ulbricht




Wałesa, Lech

W. è nato il 29 settembre 1943 a Popowo (un piccolo villaggio nei pressi di Dobrzyn a sud di Danzica e al centro di una “regione agitata”), quarto figlio di Boleslav Wałesa e Feliksa Kaminska. Nato nel 1908, Boleslav Wałesa era un carpentiere; nel 1943 fu internato dai tedeschi in un campo di lavoro a nord di Popowo e non poté assistere alla nascita di Lech. A causa dei maltrattamenti subiti nel campo di concentramento, Boleslav Wałesa si ammalò di polmonite e morì nel 1945; Feliksa Kaminska si risposò, nel 1946, con il cognato Jaroslav con il quale ha avuto tre figli. W. trascorse l’infanzia nella “crudele e spietata” campagna polacca. Sebbene nell’immediato dopoguerra si affermasse il monopolio politico e ideologico del Partito operaio unificato polacco (POUP), la religione riuscì a conservare la propria egemonia culturale: Feliksa Kaminska, considerata la donna “più saggia” della sua parrocchia, impartì ai figli un’educazione cattolica. Nel 1959 W. si iscrisse a Lipno a un corso di avviamento professionale nella sezione “meccanizzazione dell’agricoltura”. Nel 1961 fu assunto come elettricista al Parco nazionale macchine (POM) di Lenie, espressione di quella politica agricola della Polonia socialista che privilegiava un nuovo tipo di “contadino-operaio”. Nel 1963 prestò servizio militare nel corpo dei telegrafisti. Nel 1967 si licenziò dal POM per andare a lavorare ai Cantieri navali di Danzica (in seguito ribattezzati “Cantieri Lenin”), azienda sorta nel 1946-1947 e che tra il 1960 e il 1970 visse il suo periodo di massima prosperità.

Verso la fine del 1968, W. conobbe Danuta Golos, cassiera in un negozio di fiori, che sposò nel novembre del 1969 e dalla quale ebbe otto figli, confermando la tradizione della “vasta ramificazione familiare” dei Wałesa. Nel 1968, nella Polonia attraversata dalla rivolta studentesca, W. esordì come sindacalista, essendo eletto rappresentante nel consiglio dell’azienda. Nel dicembre del 1970 partecipò alla “rivoluzione sociale” contro l’aumento dei prezzi che provocò la caduta del leader comunista Wladyslaw Gomulka, il quale fu sostituto da Edward Gierek. Eletto delegato di officina, W. fece parte di quella rappresentanza operaia che nel gennaio del 1971 incontrò Gierek, che, tra l’altro, accettò la richiesta di costruire una chiesa a Przymorze. La nazione polacca non solo era chiamata alla preghiera per la “patria”, ma gli operai di Stettino cominciarono a rivendicare la creazione di sindacati indipendenti.

Nella prima metà degli anni Settanta la crisi economica della Polonia socialista era destinata ad aggravarsi e a gravare sui lavoratori che, dopo la “rivoluzione” di dicembre del 1970, vivevano una sorta di “dramma della solitudine”: esposti alle vessazioni del potere e ai licenziamenti illegali, i lavoratori soffrivano della “mancanza di solidarietà” sia sul piano sociale, sia su quello internazionale. In seguito alle proteste organizzate per l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, nel 1976 W. fu licenziato e fu costretto a vivere di lavori precari. Il 1976 fu un “anno di svolta” perché, dopo gli accordi di Helsinki del 1975, si costituirono diverse organizzazioni indipendenti: Jacek Kuron e Adam Michnik fondarono il Komitet Obrony Robotników (KOR, Comitato di autodifesa degli operai), un movimento di opposizione che era una sintesi tra la rivolta dell’intelligencija del marzo 1968 e quella operaia del dicembre 1970. Nel 1978 W. entrò in contatto con il KOR, iniziando a organizzare sindacati indipendenti e a prendere parte ad alcune manifestazioni di protesta sulla costa del Baltico. Dal canto suo, l’episcopato polacco, facendo appello all’etica cristiana, sosteneva le rivendicazioni operaie, formulando le condizioni per un “minimo vitale”. Il ruolo della Chiesa cattolica polacca nella lotta per la riforma sociale e morale della Polonia era destinato a diventare centrale con l’ascesa al soglio pontificio (16 ottobre 1978) dell’arcivescovo di Cracovia Karol Woytila (v. Giovanni Paolo II). Con l’elezione di Giovanni Paolo II “tutti i frammenti” della “coscienza” nazionale polacca cominciarono a formare un “insieme logico”, soprattutto dopo la visita del papa in Polonia nel giugno del 1979.

Nel maggio 1979 W. fu assunto all’Elektromontaz, ma fu licenziato nel febbraio 1980 per aver organizzato uno sciopero: si stava formando una nuova “aristocrazia operaia” devota alla religione e alla nazione. Nel luglio del 1980 un nuovo aumento dei prezzi dei generi alimentari provocò un’ulteriore ondata di scioperi. Il 14 agosto 1980, a causa del licenziamento di Anna Walentynovciz, impegnata nella costituzione di un sindacato libero, gli operai dei Cantieri Lenin proclamarono uno sciopero: W. non solo si unì agli operai in rivolta, ma si pose anche alla guida del comitato per lo “sciopero di solidarietà” che doveva contrattare con la direzione dell’azienda per far riassumere gli operai licenziati e che sosteneva le rivendicazioni dei lavoratori di altre aziende. Gli scioperanti presentarono le loro rivendicazioni in “21 postulati” che miravano a una “riforma globale” della Polonia e che divennero una sorta di tavole della legge del movimento di rinascita della società polacca: anzitutto si chiedeva il riconoscimento di sindacati liberi e “indipendenti” dal partito comunista, l’introduzione di riforme del lavoro, la garanzia dei diritti civili. Alla “libera repubblica” di Danzica si unirono, in qualità di “esperti”, i “letterati” (tra i quali Tadeusz Mazowiecki e Bronisław Geremek) che conferirono al movimento operaio una “dimensione nazionale”, consentendogli di collegarsi con il passato storico e con la cultura polacca: sul movimento passava il “grande soffio della Storia”.

Il 31 agosto 1980 fu siglato a Gdansk l’accordo con la Commissione governativa e nacque il Sindacato indipendente e autogestito Solidarność. W. divenne l’“eroe carismatico” e il “tribuno del popolo” di una “rivoluzione in ginocchio” sotto le insegne della Madonna nera di Czestochowa, che fondeva tra loro religione e patriottismo, relegati dalla propaganda di regime nel museo della storia, e sostenuta da una sorta di “consenso mistico”. Dopo l’“uomo di marmo” e l’“uomo di ferro”, plumbee icone della Polonia socialista, W. appariva come “uomo di speranza”, icona di quegli operai “solidali, coraggiosi e responsabili” che guidavano una rivoluzione contro un regime che, paradossalmente, avrebbe dovuto essere l’inveramento storico del regno millenario della classe operaia. Quale movimento per la sovranità e l’indipendenza della Polonia, Solidarność operava per un cambiamento di quella “pietrificazione” imposta dalla divisione dell’Europa in due blocchi. Di fronte al tentativo del governo di limitare l’autonomia di Solidarność, W. seguì una linea di moderazione e di collaborazione con le autorità governative.

Nel gennaio 1981 W. fu ricevuto in udienza da Giovanni Paolo II; il 9 febbraio il generale Wojciech Jaruzelski, comandante delle forze armate polacche, fu nominato capo del governo e in ottobre segretario del POUP. Nel settembre del 1981 Solidarność celebrò il suo primo congresso nazionale e W. fu eletto presidente, carica che ha ricoperto fino al 1990. Il 12 dicembre 1981 l’ala radicale di Solidarność si pronunciò per un referendum sul futuro del regime comunista e su una revisione dell’alleanza militare della Polonia con l’URSS. Il 13 dicembre Jaruzelski impose la legge marziale: le libertà civili furono sospese e le università chiuse. Solidarność fu messa fuori legge e migliaia di suoi membri, in primo luogo W., furono arrestati. Nel novembre del 1982 W. fu rilasciato e reintegrato nel lavoro ai cantieri navali di Gdansk, anche se sottoposto a una rigida sorveglianza. Continuando ad operare clandestinamente, Solidarność si divise in due fazioni: una radicale e una moderata guidata da W. Nel luglio del 1983 la legge marziale fu revocata e in ottobre fu conferito a W. il premio Nobel per la pace, per aver fatto assurgere il termine “solidarietà” a un nuovo significato: solidarietà era sinonimo della determinazione di risolvere i conflitti attraverso il “negoziato pacifico” e nel rispetto dell’altrui integrità. Nel discorso di accettazione del Nobel, W. definì la solidarietà una “forza vitale” paneuropea in grado di riscattare la dignità e la libertà della nazione polacca e dell’“altra” Europa.

Nel 1984 i servizi di sicurezza uccisero il cappellano di Solidarność, padre Jerzy Popiełuszko. Dopo il 1985, con l’avvento di Michail Gorbačëv alla guida dell’Urss e con l’affermazione del nuovo pensiero politico (perestrojka e glasnost’) rivolto anche alla costruzione della “casa comune europea”, la Polonia riprese il cammino delle riforme. La situazione economica della Polonia stava peggiorando e il governo, con la “tavola rotonda” del 1989, aprì un negoziato con una delegazione dell’opposizione guidata da W. Il sindacato libero Solidarność fu legalizzato e fu istituito il Senato con potere di veto sulle decisioni del Sejm (Camera bassa). Fu creata, inoltre, la carica di presidente della Polonia e fu consentito a Solidarność di concorrere a libere elezioni con un numero limitato di seggi (il 65% era riservato al POUP). Tale “transizione negoziata” consentì a Solidarność, nelle elezioni del giugno 1989, di ottenere una buona affermazione. W. riuscì a imporre un governo guidato da Tadeusz Mazowiecki, intellettuale cattolico e consigliere del sindacato, per smantellare il sistema comunista; il 19 luglio Jaruzelski fu eletto presidente della Repubblica. Mentre il POUP si dissolse nel gennaio del 1990, Solidarność divenne un partito politico: nell’aprile del 1990 W. fu rieletto presidente. Con le dimissioni di Jaruzelski, si aprì una “guerra al vertice” per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica e Solidarność si divise in due fazioni: l’Alleanza di centro sostenne W., il Movimento per l’azione democratica Mazowiecki. Non solo veniva meno l’alleanza tra “letterati” e operai che aveva consentito l’affermazione di Solidarność, ma era contestato il ruolo di W. come “eroe carismatico”. W. vinse le elezioni presidenziali al secondo turno con il 75% dei voti.

Nel 1992 Solidarność cessò di esistere come movimento unificato; nel 1993 W., dopo che il governo aveva ottenuto la sfiducia dal parlamento, indisse nuove elezioni legislative che decretarono la vittoria degli ex comunisti dell’Alleanza della sinistra democratica. W., che aveva varato una riforma economica in senso liberista, perse quel “consenso mistico” che lo aveva sostenuto nella lotta contro il regime comunista e fu accusato di essere un “dittatore” populista. Per sua stessa ammissione, W. rimase ostaggio dei propri trascorsi successi e del proprio mito e alle elezioni presidenziali del 1995 fu sconfitto dall’ex comunista Aleksander Kwaśniewski. Nel dicembre del 1995 fu istituita la Fondazione Lech Wałesa per il consolidamento della democrazia e per favorire l’integrazione della Polonia nell’Unione Europea. In seguito, W. ha fondato un nuovo partito democratico-cristiano e nel 2000 ha partecipato alle elezioni presidenziali ottenendo l’1% dei voti. Definendosi “intrinsecamente rivoluzionario”, nel 2004 W. si è recato in Ucraina per sostenere quella “rivoluzione arancione” che egli considera la continuazione del movimento che è sorto con Solidarność e che è destinato ad estendersi alla Bielorussia e alla Russia.

Nel 2005, in occasione delle celebrazioni del 25° anniversario dell’agosto 1980, W. ha affermato che la rivoluzione di Solidarność, ispirata da Giovanni Paolo II, ha posto fine all’epoca della divisione del mondo in blocchi aprendo la via alla “nuova era” della globalizzazione: il successo di Solidarność è stato determinante per l’integrazione dell’“altra Europa” nell’Unione europea. Durante le celebrazioni, W. ha siglato l’atto per la fondazione del Centro della solidarietà europea di Gdansk per promuovere la democrazia, i diritti umani e il retaggio di Solidarność. Nella “nuova era” globale, il processo di integrazione europea è inserito in una cornice istituzionale che appartiene alla “vecchia era”. Per W., il “continentalismo” europeo, quale equo sviluppo dell’intero continente, è necessario per favorire la globalizzazione solidale: la nuova Europa della solidarietà deve essere più “audace” e porsi oltre il nazionalismo e il protezionismo, cooperando con gli altri continenti e integrandosi in una sorta di governance globale.

Roberto Valle (2010)




Wehner, Herbert

W. (Dresda 1906-Bonn 1990) proveniva da una famiglia di origini umili. La madre, e presto anche Herbert, furono costretti a lavorare per la mancanza del padre, chiamato al fronte nella Prima guerra mondiale. W. ottenne un diploma professionale in commercio a dettaglio, ma studiò ai corsi serali le materie economia, storia della letteratura e filosofia.

All’inizio della sua partecipazione alla vita politica il giovane W. simpatizzava per gli anarchici. Dal 1923 fu membro dell’organizzazione giovanile socialista Sozialistische Arbeiterjugend e dell’organizzazione sindacale Sozialistische Arbeiterföderation del poeta anarchico Erich Mühsam. Dal 1926 W. curò la rivista “Revolutionäre Tat”, legata al gruppo anarchico Anarchistischen Tatgemeinschaft e scrisse per la rivista di Mühsam “Fanal”.

Nel 1927 entrò nel partito comunista (Kommunistische Partei Deutschlands, KPD), rompendo con i gruppi anarchici. Nel 1928 divenne segretario di circoscrizione nella Roten Hilfe Deutschlands (RHD), che affiancava l’organizzazione paramilitare Roten Frontkämpferverbund (RFB). La RHD rappresentava, infatti, un gruppo giovanile fondato dalla KPD, per proteggere e curare gli interessi legali dei membri arrestati dal governo di Weimar dell’organizzazione paramilitare RFB.

La carriera politica di W. procedette rapidamente. Nel 1930 fu sostituto del segretario politico della KPD in Sassonia. Dal 1930 fu membro del parlamento del Land della Sassonia. Si dimise dalla carica subito dopo per diventare commissario tecnico del Politburo del Partito comunista (KPD) a Berlino, dove collaborò anche col presidente del partito Ernst Thälmann.

Dal 1933 al 1945 fu perseguitato per la sua attività di resistenza contro il regime nazista sia in Germania che all’estero. Nel 1935 emigrò a Praga. Alla Conferenza di Bruxelles fu eletto membro del Politburo del KDP in esilio. Si impegnò per costituire un “fronte tedesco” di resistenza antinazista a Parigi. Qui incontrò Willy Brandt, membro del Sozialistische Arbeiterpartei (SAP). Curò dal 1936 “Informationen für Immigranten” e fece parte a Parigi della sezione per gli stranieri della KPD.

Nel 1937 il partito lo chiamò a Mosca, dove divenne referente per le questioni tedesche nella segreteria del Komintern. Nello stesso anno fu sottoposto dal governo nazionalsocialista a un procedimento processuale in concomitanza con l’arresto di Thälmann; il processo fu archiviato nel 1939.

Nel 1941 W. viaggiò in Svezia per riorganizzare il partito comunista in Germania: qui si attivò e propaga nei suoi articoli l’unificazione di un fronte popolare contro il nazifascismo. Dal 1942 al 1944 fu imprigionato dalle autorità svedesi per azioni pericolose alla libertà e neutralità della Svezia. Nel 1942 venne espulso dal Partito comunista per sospetto di tradimento e per essere agente delle potenze nemiche. Dal 1944 al 1946 ha lavorato in una fabbrica tessile e in un archivio. Nel 1946 ritornò in Germania, dove entrò a far parte del partito socialdemocratico (Sozialdemokratische Partei Deutschlands, SPD) e scrisse per la rivista “Hamburger Echo”, legata al partito, articoli sulla politica estera. Nel 1949 si candidò per le prime elezioni del Parlamento, con l’appoggio di Kurt Schumacher, riuscendo a entrare nel Bundestag. Nel 1950 fu consulente dell’ONU per i prigionieri di guerra e nel 1952 prese parte alla delegazione tedesca alla riunione della commissione per i prigionieri di guerra. Dal 1952 fino al 1982 fece parte dell’organo di presidenza della SPD (Parteivorstand) e del Präsidium, un organo organizzativo e dirigente all’interno della presidenza del partito. Dal 1958 al 1973 fu vicepresidente dei socialdemocratici. Dal 1949 al 1966 fu presidente della commissione parlamentare per le questioni riguardanti Berlino e si schierò per la Riunificazione della Germania.

Incominciò in questo periodo la sua notevole attività politica per raggiungere l’unificazione tedesca e assegnare alla Germania un ruolo all’interno dell’Europa. Il fulcro della politica perseguita da W. consistette nel favorire i rapporti fra la Germania occidentale e quella orientale per raggiungere l’unificazione tedesca. A questo proposito egli sviluppò una concezione differente da quella di Kurt Schumacher, che renderà nota solo nel 1952, alla morte di questi. Schumacher pensava che per obbligare l’Unione Sovietica ad accettare la riunificazione tedesca, sarebbe stata sufficiente la pressione politico-diplomatica degli alleati e perciò non dava spazio al ristabilimento del dialogo fra le due Germanie. W., invece, riteneva necessario riavviare i contatti fra le due parti della Germania e, pertanto, fin dagli anni Cinquanta cercò di implementare le relazioni con il suo vecchio collega e rivale Walter Ulbricht, segretario del partito comunista della Repubblica Democratica Tedesca (RDT) e poi capo del governo.

W. e Ulbricht, la cui carriera politica originava dalla loro esperienza nella militanza comunista durante lo stalinismo, rappresentavano due modelli politici antitetici rispetto alla questione dell’unificazione e del ruolo tedesco in Europa. Ulbricht riteneva possibile l’unificazione sotto l’egida comunista, W., al contrario, seguendo la concezione socialdemocratica, riteneva che la pressione del popolo delle due Germanie per raggiungere l’unità tedesca avrebbe di fatto reso impossibile qualsiasi opposizione e dominio da parte dell’URSS.

Nel 1952 la proposta di Stalin di ricominciare le trattative sull’unificazione tedesca sulla base di libere elezioni nelle due Germanie, a condizione che la Germania restasse neutrale, provocò una forte spaccatura fra l’opposizione della SPD e il governo, diretto dai cristiano-democratici (Christlich-demokratische Union, CDU). Essa, infatti, inasprì la divergenza delle posizioni fra i due partiti, che erano già attestate su due visioni antitetiche in politica estera. Mentre la CDU mirava all’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, Metodo della) e, solo tramite questa, alla soluzione della questione tedesca, molti settori del partito socialdemocratico, fra cui W., favorivano lo sviluppo di accordi fra le due parti della Germania e fra la Repubblica Federale Tedesca (RFT) e l’Unione Sovietica. I socialdemocratici e W., colsero, pertanto, l’occasione che si presentava con la proposta di Stalin, invitando la CDU a testare le intenzioni del politico sovietico. Konrad Adenauer, però, non ascoltò i consigli di W.

Secondo W., il governo tedesco avrebbe dovuto chiarire agli alleati che l’inclusione della Germania tra le potenze occidentali non era l’unica via praticabile per la RFT, soprattutto in vista del suo interesse all’unificazione. La proposta di Stalin doveva pertanto essere valutata positivamente, in quanto l’unità della Germania avrebbe contribuito alla politica di distensione fra i blocchi. Adenauer, tuttavia, rifiutò in blocco la linea politica del partito comunista della Germania orientale (Sozialistische Einheitspartei Deutschlands, SED) denominata “Deutsche an einem Tisch” che mirava alla creazione di una zona smilitarizzata nell’Europa centrale.

Dopo la morte di Schumacher fu W. con il suo collega Fritz Erler ad assumere un ruolo prominente nel partito per quanto riguardava le linee politiche per la riunificazione e la politica estera. Nel 1953, alla morte di Stalin, e durante la crisi del partito comunista della RDT (SED) guidato da Ulbricht, dovuta all’inasprimento delle condizioni di vita nella Germania orientale, W. rilanciò il suo programma per la normalizzazione delle relazioni fra le due Germanie, elaborandolo in cinque punti. Esso prevedeva: la semplificazione dei controlli alle frontiere; la ripresa del piccolo traffico di confine; la riduzione del flusso migratorio dalla RDT accelerando la ripresa economica della RDT; la libera circolazione delle spedizioni a carattere di beneficienza dalla RFT; il libero invio di medicinali dalla RFT per curare i prigionieri nella RDT.

Dopo il fallimento della Comunità europea di difesa (CED) per il veto della Francia nell’estate del 1954, W. si impegnò sia a spingere le potenze occidentali a confrontarsi con la questione tedesca, sia a riaprire il dialogo fra il governo di Bonn e Berlino est. A W. era chiaro che l’entrata della Germania nell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) avrebbe reso difficili i rapporti con la URSS e pregò il cancelliere Adenauer di non compromettere l’unificazione e di ripensare alle proposte di Stalin, ribadite dall’URSS nell’agosto del 1954. Alla concezione dei partiti del governo, che temevano la neutralizzazione della Germania, W. contrapponeva l’idea di un sistema di sicurezza nell’ambito delle Nazioni Unite, che doveva comprendere la Germania unificata. Tuttavia, l’entrata della RFT nella NATO, sancita il 5 maggio del 1955, significò la sconfitta della linea di W.

Tuttavia W. non rinunciò a riaprire il dialogo con i rappresentanti politici della RDT. Prima della Conferenza dei ministri degli esteri delle quattro potenze a Ginevra a fine ottobre 1955, egli propose in un discorso televisivo una serie di accordi finanziari, tecnici ed economici tra la RFT e l’URSS per avviare la normalizzazione dei rapporti. Anche dopo il fallimento della conferenza, continuò i suoi contatti con la diplomazia e i politici della RDT.

Nel 1956 W. incontrò a Belgrado Josip Broz Tito ed espresse la propria ammirazione per la sua versione nazionale del comunismo, che differenziava il modello iugoslavo dal comunismo sovietico. In un suo discorso alla Commissione della riunificazione della presidenza federale dell’unione sindacale (Deutscher Gewerkschaftsbund, DGB) all’inizio di gennaio del 1957, W. tratteggiò il suo progetto di riunificazione del movimento dei lavoratori tedeschi, all’epoca diviso nei due blocchi. W. pensava a una transizione politica, che avrebbe permesso l’avvicinamento delle due parti della Germania e avrebbe preservato l’Est dall’abbandono di tutte le sue caratteristiche produttive e organizzative. La riunificazione avrebbe rappresentato non la riprivatizzazione e la restaurazione, ma il raggiungimento di un sistema politico fondato sulla commistione di socializzazione e iniziativa imprenditoriale (v. Freudenhammer, Vater, 1989, p. 179). Tale interpretazione di W. della democrazia si distanziava dalla concezione di democrazia borghese capitalista: W. mirava a fondare una democrazia socialista dei lavoratori. Tale progetto era però in contrasto sia con le idee di Adenauer sia con quelle di Ulbricht.

Dopo la sconfitta elettorale del 1957, W. s’impegnò a trasformare radicalmente la linea politica del partito, appoggiando il programma di Godesberg del 1959. Infatti, nella riunione della SPD tenutasi dal 13 al 15 novembre in Bad Godesberg, il partito votò a favore della svolta della SPD: venne approvata l’entrata della Germania nella NATO e la ricostituzione dell’esercito; nella cosiddetta “economia sociale di mercato” venne indicata la nuova formula economico-politica per sviluppare l’economia tedesca; la proprietà privata fu ufficialmente riconosciuta come mezzo di produzione. In tal modo fu accantonata gran parte della dottrina marxista che costituiva le basi del programma socialdemocratico precedente. Il partito socialdemocratico si trasformò da partito dei lavoratori in un moderno partito di massa. Tale svolta ebbe anche conseguenze per il personale del partito: nel 1960 Willy Brandt, un esponente del “nuovo corso” nonché conoscente di W. dai tempi della Seconda guerra mondiale, ne fu eletto presidente.

Dal 1966 al 1969 W. fu ministro per la questione dell’unificazione tedesca nel governo della grande coalizione. Dal 1969 al 1983 W. ebbe la carica di presidente nel gruppo della SPD in Parlamento; in tale funzione si schierò per la formazione della coalizione social-liberale e per l’implementazione della cosiddetta neue Ostpolitik (nuova politica orientale). Nel governo di Kurt Georg Kiesinger, W. divenne una delle forze trainanti per la definizione della politica orientale, puntando al dialogo con il blocco orientale e al riconoscimento della RDT. W. riuscì a esercitare una forte influenza anche su alcuni settori della CDU, e in particolare sul cancelliere Kiesinger.

Nel 1967 Kiesinger fece sua la proposta di W. di riaprire le trattative con il governo di Ulbricht, invocando tutti gli abitanti delle due Germanie a tentare il possibile per superare e alleviare la tragica situazione della divisione. Questa tappa dei rapporti si arenò senza risultati, a causa del rifiuto finale della RDT di scendere a compromessi con la Germania “capitalista”, e tuttavia segnò un parziale successo per W. nel senso dell’avviamento del dialogo fra i due blocchi. Nel 1968, però, con l’occupazione della Cecoslovacchia e la dichiarazione della dottrina di Brežnev della sovranità limitata degli Stati socialisti, la maggioranza conservatrice della CDU si sentì legittimata a considerare sbagliata la politica di distensione, perseguita da W. e da Keisinger. Conseguentemente durante le elezioni del 1969 i due maggiori partiti, CDU e SPD, ritornarono a rappresentare posizioni contrapposte sulla questione tedesca e sulla politica estera.

Nel 1969 il cancelliere neoeletto Willy Brandt realizzò la coalizione tra il partito socialista SPD e quello liberale, guidato da Walter Scheel, mandando all’opposizione il partito cristiano-democratico CDU. Tale cambiamento nel governo ebbe conseguenze notevoli sulla politica estera, e soprattutto sui rapporti con la RDT e con l’Unione Sovietica. Venne inaugurata la neue Ostpolitik, che mirava a un miglioramento delle condizioni di vita dei tedeschi nelle due Germanie, attraverso una politica di distensione fra i due paesi e il riconoscimento dello Stato della RDT.

Con la vittoria della coalizione Brandt/Scheel aumentarono le speranze di W. di sviluppare energicamente una politica di riavvicinamento tra Est e Ovest. Tuttavia, la politica estera di Brandt sembrò ben presto conservatrice e lenta a W., che intraprese alcune sue iniziative più o meno indipendenti. Il 29 maggio 1973 W. incontrò, senza comunicare i suoi piani al governo, il nuovo capo di governo della RDT Erich Honecker. Tale contatto trovò ostilità a Bonn, anche da parte del cancelliere. I cattivi rapporti fra questi e W. furono evidenti durante il 1973, quando W., durante il suo viaggio a Mosca con una delegazione del Parlamento, rimproverò al governo la mancanza di interesse per la questione dell’unificazione tedesca e la sua politica estera conservatrice. Il governo dei socialdemocratici, il cui scopo era di allentare le tensioni fra le due Germanie, si era rivelato, secondo il politico di Dresda, inadeguato al suo compito.

Dagli anni Settanta W. si occupò di ristabilire i rapporti con i paesi di oltre cortina. Nel 1970 W. visitò di nuovo la Iugoslavia dove venne ricevuto dal capo del governo Josip Broz Tito. Nel 1971 e nel 1972 la sua visita alla Polonia diede il segnale della normalizzazione delle relazioni di questa con la RFT. Nel 1973 incontrò a Berlino Erich Honecker e viaggiò in Unione Sovietica. In seguito all’affare di spionaggio Guillaume, che costò le dimissioni di Brandt nel 1974, i rapporti fra W. e Brandt peggiorarono.

Durante il governo di Helmut Schmidt, W. riuscì ad affermare in parte la sua linea di politica del dialogo. W. si schierò per la smilitarizzazione dell’Europa centrale e per il sostegno delle relazioni fra la NATO e le nazioni del Patto di Varsavia, come dichiarò nella sua visita in Polonia del 1976. La sua concezione politica era orientata a elaborare una terza via fra capitalismo e socialismo e pertanto a facilitare il riavvicinamento fra coloro nella RDT che rifiutavano il comunismo dottrinario per avviare la democratizzazione, e coloro nella RFT, i quali non accettavano acriticamente il mercato capitalista e miravano a realizzare la democrazia sociale. L’unità della classe lavoratrice sarebbe stata l’unica possibile via per la riunificazione tedesca. L’Europa avrebbe dovuto riconquistare, nella visione di W., il suo ruolo fondamentale di mediazione fra Est e Ovest, mantenendo la sua indipendenza e neutralità nei confronti delle due potenze mondiali. In questa chiave W. ammirò e appoggiò l’opera europeista di Jean Monnet e, nel 1955, insieme con Erich Ollenhauer, aderì al Comitato d’azione per gli Stati Uniti d’Europa.

Nel 1980 W. aprì la seduta inaugurale del nono parlamento tedesco come Alterspräsident (carica onorifica riguardante il membro più anziano del parlamento). Nel 1982 pubblicò un libro di memorie, Zeugnis. Nel 1983 si ritirò dalla vita politica.

Patricia Chiantera-Stutte (2010)