Processo decisionale

Il processo decisionale nell’Unione europea riflette la particolarità del suo ordinamento giuridico. I Trattati in vigore non definiscono i poteri rispettivi delle Istituzioni comunitarie sulla base di principi generali (quale ad esempio il principio della separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario), ma si fondano piuttosto su criteri funzionali propri al sistema comunitario. Ne risulta che la Commissione europea dispone di un diritto quasi esclusivo di iniziativa legislativa e che le funzioni esecutive sono esercitate sia dalla Commissione che dal Consiglio dei ministri.

Peraltro, il processo decisionale inizialmente previsto dal Trattato di Roma (v. Trattati di Roma) è stato progressivamente modificato dai Trattati successivi in funzione delle nuove competenze attribuite all’Unione europea e, soprattutto, dell’aumento dei poteri del Parlamento europeo dopo la sua elezione a suffragio universale diretto nel 1979 (v. Elezioni dirette del Parlamento europeo). Per esempio, il Trattato di Roma prevedeva nella maggior parte dei casi (con rare eccezioni) una sola procedura di decisione, ovvero la Procedura di consultazione caratterizzata da una proposta della Commissione e da una Decisione del Consiglio, che deliberava all’unanimità (v. Voto all’unanimità) o, dopo un periodo transitorio, a Maggioranza qualificata previa consultazione del Parlamento europeo.

I Trattati successivi (dall’Atto unico europeo al Trattato di Nizza) hanno introdotto una pluralità di altre procedure, quali la Procedura di cooperazione, il parere conforme e la procedura detta di codecisione (v. Procedura di codecisione) nelle quali il potere di influenza del Parlamento europeo si è progressivamente rafforzato (nella procedura di cooperazione il Consiglio decide in ultima istanza, ma deve trovare l’unanimità per respingere gli emendamenti del PE; nel parere conforme, il PE dispone di un diritto di veto sul testo del Consiglio ma non può emendare l’atto; nella codecisione, PE e Consiglio devono trovare un accordo sugli emendamenti da apportare alla proposta della Commissione).

Oltre alla diversità di procedure, i Trattati in vigore prevedono anche una varia tipologia di atti giuridici (v. anche Diritto comunitario). Mentre all’origine il Trattato di Roma prevedeva cinque tipi di atti (il regolamento, la Direttiva, la decisione, la Raccomandazione e il Parere), i Trattati successivi hanno introdotto nuove tipologie di atti, in particolare nei settori della Politica estera e di sicurezza comune e della Giustizia e affari interni (i cosiddetti secondo e terzo pilastro) (v. Pilastri dell’Unione europea). In politica estera, sono state introdotte le strategie comuni, le posizioni comuni e le azioni comuni. Nel settore degli affari giudiziari e interni, sono state introdotte le posizioni comuni, le decisioni quadro e le Convenzioni. Inoltre, le Istituzioni sono ricorse, nella pratica del processo di decisione, all’adozione di atti atipici non previsti dai Trattati (quali le decisioni di portata generale, dette Beschluss, le risoluzioni (v. Risoluzione), le conclusioni e le dichiarazioni).

L’effetto combinato delle varie procedure e dei numerosi atti giuridici ha reso sempre più complesso il processo decisionale europeo (con una conseguente diminuzione dell’efficacia del sistema e della sua comprensibilità da parte dell’opinione pubblica, unita a una crescente

critica del cosiddetto “Deficit democratico” dell’Unione). La Costituzione europea del 2004, nata dai lavori della Convenzione europea, aveva previsto una reale semplificazione del sistema esistente in quanto riduceva al tempo stesso il numero delle procedure di decisione e degli atti giuridici. Tale semplificazione è stata recepita dal Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007. Quest’ultimo prevede infatti che la procedura di codecisione, combinata con il voto a maggioranza qualificata, sia la regola generale applicabile agli atti legislativi (sotto la denominazione di procedura legislativa ordinaria). Certo, eccezioni a tale regola sussisteranno nei settori politicamente più sensibili (quali, ad esempio, la politica estera e di sicurezza comune). Al tempo stesso, il Trattato di Lisbona ha modificato il sistema di voto a maggioranza qualificata introducendo il criterio della popolazione per misurare il peso specifico di ciascuno Stato membro.

Paolo Ponzano (2008)