Servizi di interesse economico generale

L’art. 86 del Trattato di Roma (v. Trattati di Roma), al primo comma, afferma un’applicazione generalizzata della normativa del mercato e, in particolare, impone la sottoposizione alla disciplina concorrenziale dell’attività economica pubblica, equiparandola a quella privata. Al secondo comma prevede, però, una deroga con riguardo agli operatori economici (pubblici e privati) “incaricati” dello svolgimento di un “servizio di interesse economico generale” (SIEG), nella misura in cui siffatta deroga risulti necessaria all’adempimento della “missione” loro assegnata (così recita l’art. 86: «Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata»). Oltre che dell’art. 86, i “servizi di interesse economico generale” sono oggetto anche dell’articolo 16 del Trattato, che sottolinea come «la Comunità e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze, provvedono affinché i SIEG funzionino in base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i loro compiti». L’articolo, individuando una competenza comunitaria in materia (v. Competenze), sottolinea l’importanza che i SIEG rivestono per il progetto europeo, importanza più volte ribadita nei vari documenti adottati dalla Commissione europea, primo fra tutti il Libro verde del 21 maggio 2003 sui servizi d’interesse generale (v. anche Libri verdi), COM(2003) 270 def., “Gazzetta ufficiale” C 76 del 25 marzo 2004.

Il tema dei SIEG è stato al centro di un ampio dibattito istituzionale, giurisprudenziale e dottrinario, avente a oggetto, in particolare, le condizioni alle quali un servizio debba/possa considerarsi di interesse economico generale, le conseguenze di questa qualificazione, le modalità di fornitura del servizio stesso, e le deroghe consentite all’applicazione delle regole concorrenziali (v. anche Politica europea di concorrenza).

Il Trattato non fornisce una definizione di SIEG. Di qui la domanda: la qualifica di SIEG compete ai servizi che perseguono un generale interesse economico ovvero alle attività economiche che perseguono un interesse generale/pubblico?

L’aggettivo economico è riferito, nonostante la formulazione letterale dell’art. 86, all’attività. Il SIEG non è altro che un’attività economica volta alla tutela di uno specifico interesse pubblico.

Il concetto di SIEG ha, comunque, una duplice anima e una duplice funzione.

In primo luogo, ha rappresentato e rappresenta uno strumento di liberalizzazione dei grandi servizi a rete nazionali (servizio energetico, di trasporto, postale, ecc.). La qualificazione di questi servizi come di interesse economico generale e la conseguente applicazione dei principi enunciati all’art. 86 hanno costituito il presupposto teorico per la relativa apertura al mercato, attraverso specifici atti normativi comunitari (direttive di liberalizzazione) (v. anche Diritto comunitario), salvo il mantenimento di un intervento pubblico necessario alla garanzia del servizio “universale” (ossia, un minimo di prestazioni di qualità, su tutto il territorio nazionale, a prezzi ragionevoli).

In secondo luogo, il concetto di SIEG assolve anche a una funzione diversa: delimita una sfera di competenza nazionale (pubblica) garantita a fronte delle regole del mercato. A questa stregua, la qualificazione di un’attività come SIEG rappresenta non un presupposto per la liberalizzazione, ma al contrario un presupposto della pubblicizzazione di alcune attività economiche (o, comunque, la giustificazione del mantenimento del controllo pubblico su determinate attività). Ai pubblici poteri è consentito individuare attività (di servizio) aventi interesse economico generale, che vengono sottratte all’applicazione delle regole di concorrenza, nella misura in cui ciò risulti necessario all’adempimento della missione affidata alle imprese che di tali attività sono incaricate.

Nell’ambito di questa prospettiva, si registra una prima fase giurisprudenziale caratterizzata dal riconoscimento di una libertà nazionale praticamente illimitata, sia con riguardo alla qualificazione delle attività come di interesse economico generale, sia con riguardo alla scelta del tipo di deroga da applicare. A partire dai primi anni Novanta, si delinea un orientamento opposto, in cui la libertà dello Stato membro di qualificare una certa attività come di interesse economico generale e di derogare alla normativa concorrenziale (in particolare di conferire diritti di privativa) vengono fortemente limitate.

Affinché un’attività possa essere considerata di interesse economico generale, non è sufficiente che essa sia oggetto di un compito pubblico, sulla base del presupposto che la pubblica autorità ritiene debba essere prestata (per la soddisfazione di un interesse pubblico non economico); al contrario, è necessario che l’autorità pubblica, in relazione a una specifica attività economica, individui un insieme di prestazioni universali (la cui garanzia soddisfa l’interesse pubblico considerato), prestazioni che il mercato non fornisce autonomamente (perché l’impresa non può essere adeguatamente remunerata o è costretta a imporre un prezzo insostenibile per il consumatore). È solo con riguardo a quest’insieme di prestazioni (antieconomiche) che si giustifica l’intervento dell’autorità pubblica e si giustificano le deroghe all’applicazione della normativa concorrenziale. Il servizio di interesse economico generale tende a identificarsi con l’insieme di prestazioni universali antieconomiche che vengono imposte a un’impresa, sulla base dell’assunto che le stesse non sarebbero fornite secondo le normali logiche di mercato (sentenza della Corte di giustizia, Corbeau, 19 maggio 1993, C-320/1991).

Con riguardo alle modalità di prestazione del SIEG, l’autorità pubblica può fornirlo attraverso una propria struttura; può acquistarlo sul mercato nel pieno rispetto delle direttive Appalti o dei principi generali del mercato; può operare un affidamento diretto (ossia senza l’utilizzo delle procedure a evidenza pubblica), nei confronti di un soggetto dalla stessa distinto sul quale però esercita un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (sentenza della Corte di giustizia, Teckal, 18 novembre 1999, C-107/98); dibattuta è, poi, la possibilità di utilizzare uno strumento ibrido, ossia la società mista.

Il Trattato non fornisce indicazioni relative alla natura delle deroghe alla concorrenza consentite, si limita a mettere in evidenza che le stesse devono essere «necessarie all’adempimento della missione». Con riguardo al conferimento di diritti speciali ed esclusivi, il comma primo dell’art. 86 sembra considerarlo una legittima misura statale di politica economica. La più recente Giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, però, lo qualifica come deroga alle regole di mercato, ammessa solo in quanto necessaria all’adempimento di una specifica missione (antieconomica) di servizio pubblico.

Oltre che attraverso l’attribuzione di diritti speciali o esclusivi, lo Stato membro può decidere di compensare l’impresa gravata da obblighi di servizio pubblico attraverso il conferimento (seppure indiretto) di proprie risorse. La compensazione può avvenire con l’erogazione di vere e proprie sovvenzioni, ma anche attraverso esenzioni fiscali, agevolazioni di pagamento, rateizzazione di debiti, ecc. Questo tipo di intervento compensativo pone un evidente problema di compatibilità con l’art. 87 del Trattato che vieta agli Stati membri di favorire le proprie imprese, conferendo loro risorse pubbliche (ovvero limitando le proprie entrate). Le condizioni di legittimità dell’intervento compensativo vengono indicate nella sentenza della Corte di giustizia, Altmark (24 luglio 2003, C- 280/00).

Micaela Lottini (2009)