Stewart, Michael

S. (Londra 1906-ivi 1990) studiò al Christ’s Hospital di Horsham, nel West Sussex e al St. John College, a Oxford, dove fu presidente della Oxford Union e si laureò nel 1929. Lavorò con la Società delle Nazioni prima di diventare insegnante, collaborando inoltre dal 1931 al 1942 con la Workers’ educational association. Si candidò invano per due seggi parlamentari prima di essere eletto nel 1945 membro del parlamento per Fulham. Mantenne tale carica fino al 1979, quando divenne pari a vita. Ricoprì vari incarichi governativi per brevi periodi tra il 1964 e il 1968. Fu dapprima segretario di Stato per l’Istruzione e la scienza, poi segretario per gli Affari esteri e in seguito ministro degli Affari economici. Nel 1968 ritornò al (neoistituito) ministero degli Affari esteri e del Commonwealth (FCO) come segretario di Stato dopo le dimissioni di George Brown.

Considerato saldo e affidabile, dotato di integrità intellettuale, ma di scarsa inventiva (v. Healey, 1989, p. 297) era però un coscienzioso socialista di tradizione fabiana (v. Benn, 1995), la cui lealtà verso il primo ministro Harold Wilson era fuori discussione (v. Young, 2005).

La posizione di S. nei confronti dell’adesione britannica alla Comunità economica europea (CEE) si sviluppò nel periodo degli incarichi al ministero degli Esteri. Nel 1965 paventava l’impatto di un secondo rifiuto da parte di Charles de Gaulle (v. Parr, Pine, 2006, p. 112), ma in seguito si convinse che l’adesione fosse necessaria per mantenere il ruolo mondiale del Regno Unito. Quindi, come la maggior parte dei politici britannici, considerò la CE un mezzo per raggiungere uno scopo, non essendo un integrazionista nato. Era sensibile al problema della minaccia rappresentata dall’egemonia francese per il ruolo britannico. Il motivo principale per cui S., e il ministero degli Esteri, volevano che il Regno Unito cercasse di aderire al più presto alla CE era quello di contenere l’influenza francese in Europa (v. Parr, Pine, 2006). Sebbene S. e il suo predecessore George Brown condividessero la stessa opinione sul motivo dell’adesione alla CE, e cioè che fosse un mezzo per conservare al Regno Unito lo status di potenza mondiale, in realtà partivano da motivazioni differenti. Brown prevedeva un glorioso futuro di dominio anglo-francese, S. una comunità tra pari.

Per quanto concerne de Gaulle, S. riteneva a ragione che questi non si sarebbe mai persuaso ad accettare la candidatura britannica. Tuttavia, come lo stesso S. aveva sottolineato a Wilson durante il suo primo mandato al ministero degli Esteri, né de Gaulle né le sue politiche erano immortali (v. Parr, 2005, p. 440). Era quindi necessaria una figura di politico-negoziatore paziente e tenace che fosse anche capace di immedesimarsi nelle preoccupazioni dei membri della CE. A tal fine, poteva essere utile un tentativo di divide et impera. Come S. spiegò a Roger Jackling (secondo sottosegretario di Stato al ministero della Difesa), era necessario far capire ai tedeschi che «de Gaulle non è un loro amico» (v. Young, 2005). In un discorso all’Unione dell’Europa occidentale tenuto il 26 aprile 1968, affermò che il Regno Unito voleva l’adesione a pieno titolo alla CE e che qualsiasi accordo commerciale doveva essere «chiaramente e indissolubilmente vincolato» a essa (ivi, p. 495).

In primo luogo, S. svolse un ruolo importante nel determinare l’approccio di Wilson verso la CE. Nel 1965, con l’aiuto dell’abilità argomentativa di Brown, aveva convinto il primo ministro che una relazione più stretta con la CE avrebbe aiutato il Regno Unito ad aumentare la sua influenza mondiale, posizione che Wilson mantenne poi per tutto il suo governo.

S. inoltre riuscì a mantenere lo slancio verso l’adesione alla CE. E lo fece esercitando pressioni costanti sui colleghi e sulle controparti europee. Resta il fatto che il suo approccio pragmatico, per quanto possibile, riuscì a depoliticizzare o almeno a eliminare parte degli elementi di “alta politica” dalla procedura di decision-making. Pertanto i negoziati poterono proseguire, pur fallendo, senza assumere la dimensione a somma zero in termini di vincitori e vinti.

Si può dire che il ritardo dell’ingresso britannico fu dovuto principalmente all’inflessibilità di de Gaulle e che quando questi si dimise, l’adesione alla CE divenne subito possibile. Tuttavia, è lecito ipotizzare che senza gli sforzi di S., l’adesione della Gran Bretagna alla CE avrebbe potuto essere ritardata per molto più tempo.

Janet Mather (2012)