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Suárez González, Adolfo

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S. (Cebreros, Avila 1932) si iscrive nel 1948 alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Salamanca, dove, nel 1954, si laurea. Nel 1955 è assunto dall’amministrazione della città di Avila. Lì conosce il nuovo governatore della città, Fernando Herrero Tejedor, un giovane politico legato all’Opus Dei e al Movimiento (il partito unico) che lo introduce all’interno delle strutture politiche del regime: la carriera di S. nell’amministrazione franchista non è che all’inizio. Nel 1957, Herrero Tejedor, salito di grado, è chiamato a Madrid, alla segreteria generale del Movimiento e S. viene preso in qualità di suo segretario personale. Nel 1961, sempre Herrero Tejedor è nominato vicesegretario generale del Movimiento e S. capo del Gabinetto tecnico del vicesegretario. Nel 1964, sempre più vincolato all’Opus Dei, S. è destinato a lavorare alla RTVE, la radio televisione spagnola dove ricopre il ruolo di segretario delle Comisiones asesoras. Nel 1965 ottiene il primo vero posto di comando, divenendo direttore dei programmi. Nel 1967, è Procurador de Cortes della sua città, Avila, diventando poi, l’anno successivo, sindaco di Segovia. Nel 1969 ritorna alla RTVE in qualità di direttore generale. Durante il suo mandato potenzia la presenza internazionale di TVE, partecipando alla creazione dell’Unione europea di radiodiffusione (UER) e dell’Organización de televisiones iberoamericanas (OTI).

Nei primi anni Settanta, mentre il generale Franco – sempre più vecchio e distante da una gestione diretta del potere – affida il governo al suo braccio destro, l’ammiraglio Luis Carrero Blanco, S. si allontana dall’Opus Dei e instaura un rapporto di fiducia e amicizia con la casa reale e il principe e futuro re di Spagna Juan Carlos. Nel 1973, S. spera in un posto nel nuovo governo presieduto da Carrero Blanco, ma, ricevuta risposta negativa, dà le dimissioni da direttore generale della RTVE. A metà tra affari e politica, S. accetta la nomina a presidente dell’Empresa nacional de turismo (ENTURSA), una società legata all’INI, l’ente pubblico spagnolo per promozione industriale, creato negli anni Quaranta sul modello dell’italiana IRI. Nel marzo 1975 Carlos Arias Navarro forma un nuovo governo e il mentore di S., Herrero Tejedor, diventa il nuovo ministro del Movimiento. S. è nominato vicesegretario e il 22 marzo presta giuramento in camicia azzurra, il colore della Falange. Nel giugno dello stesso anno però, Herrero Tejedor muore in un incidente stradale e S. si dimette dal suo incarico. Il nuovo ministro José Solís, politico di lungo corso e vecchio falangista, non trattiene S. e nomina un uomo delle organizzazioni sindacali, Antonio Chozas Bermúdez. Su suggerimento di Juan Carlos al ministro García Hernández, il dimissionario S. viene nominato delegato del governo nella Compañia telefónica.

Nel frattempo, però, lavora a un progetto politico più ampio e partecipa alla fondazione dell’Unión democrática del pueblo español (UDPE), un’associazione politica che ha come obiettivo la realizzazione di un programma di cauto riformismo in senso democratico.

La morte di Francisco Franco, avvenuta il 20 novembre 1975, non fa che accelerare la crisi strutturale di un sistema politico già da tempo in grave difficoltà. All’interno del regime non c’è accordo sul futuro della Spagna e manca una strategia comune per affrontare il dopo Franco. Le differenti componenti politiche – le “famiglie politiche” – del franchismo si dividono tra volontà di riforma del sistema attraverso una graduale apertura alla democrazia e desiderio di continuità con il passato franchista. Juan Carlos, re e nuovo capo dello Stato, conferma il primo ministro Arias Navarro ma fa delle aggiunte “aperturiste”, inserendo i cauti riformisti Manuel Fraga Iribarne e José Maria de Areilza, il fidato consigliere Torcuato Fernández Miranda e politici più giovani come Alfonso Osorio, Leopoldo Calvo Sotelo e S., nominato ministro segretario del Movimiento. Arias Navarro però non ha né la forza né la volontà per intraprendere un vero cammino di apertura e, non soddisfacendo le aspettative del re, viene sostituito. Il 3 luglio 1976, Juan Carlos, smentendo le previsioni degli analisti e degli osservatori politici dell’epoca, affida l’incarico di formare un nuovo governo al quarantatreenne S., personaggio praticamente sconosciuto alla maggioranza degli spagnoli. Nonostante lo scetticismo che circonda la nomina dell’ultimo segretario del Movimiento, la scelta si dimostra vincente: S. mostra le sue qualità di uomo politico e non indugiando oltre, percorre quella strada riformista che condurrà a una vera democratizzazione della politica e della società spagnola. Paziente e abile negoziatore, si sforza di trovare il massimo consenso, sia coinvolgendo tanto i settori più liberali del passato regime, sia cercando di stringere accordi con le forze di opposizione meno intransigenti e radicali (soprattutto il Partido socialista obrero español (PSOE).

Il nuovo esecutivo annuncia che entro l’anno verrà elaborata una legge per modificare la vigente struttura dello Stato spagnolo e per permettere, introducendo il suffragio universale, riconoscendo la sovranità popolare e conferendo potere legislativo al parlamento, la convocazione di libere elezioni democratiche e l’adozione di una Carta costituzionale. La legge, votata dalle Cortes il 18 novembre 1976, nel dicembre dello stesso anno è sottoposta al giudizio degli spagnoli che, mediante referendum popolare, l’approvano (77% di voti a favore). Nei mesi precedenti le prime elezioni democratiche, l’esecutivo di S. prende decisioni importanti come la regolamentazione del diritto di sciopero, lo scioglimento del Movimiento e la legalizzazione di partiti politici ancora clandestini, fra cui il Partito comunista Partido comunista español, PCE) di Santiago Carrillo. Alla fine di aprile 1977, S. fonda una propria formazione politica, l’Unión de centro democrático (UCD), con cui si presenta all’appuntamento elettorale fissato per il 15 giugno. L’UCD di S., una coalizione di forze di centro-destra d’ispirazione democristiana e liberale, vince con il 34,5% dei consensi, davanti ai socialisti del PSOE di Felipe Màrquez González (29,3%). Di nuovo primo ministro, continua l’opera di riforma che porta la Spagna a compiere la transizione verso la democrazia. Durante gli anni di governo della legislatura costituente (1977-1979) i cambiamenti si susseguono rapidamente. Innanzitutto iniziano i lavori della commissione incaricata di scrivere una bozza di Costituzione. Redatta da sette personalità espressione di orientamenti politici diversi (3 appartengono al partito di S.), la carta costituzionale è votata dalle Cortes il 21 luglio 1978 e approvata dal popolo spagnolo per via referendaria il 6 dicembre. Nel 1977 inizia anche il processo che condurrà all’autonomia della Catalogna, dei Paesi Baschi e della Galizia: S. negozia il ritorno dall’esilio del presidente della Generalitat (il governo autonomo catalano) Josep Tarradellas. Nell’ottobre 1977 S. sigla con i rappresentanti dell’opposizione i Patti della Moncloa, accordi che comprendono questioni di natura economica (risanamento e programma di sviluppo) e sociale (libertà personali e di espressione, di associazione, ecc.). Nel 1979, alle prime elezioni legislative dopo l’approvazione della Costituzione, l’UCD vince di nuovo e S. è ancora capo del governo, ma le forze di opposizione, i socialisti soprattutto, hanno la meglio nelle consultazioni municipali dello stesso anno, conquistando tutte i grandi centri urbani (Madrid, Barcellona, Valencia). Nel 1979 e 1980 si approvano gli statuti di autonomia e si vota per eleggere i parlamenti regionali in Catalogna e nei Paesi Baschi. Caduta la pregiudiziale antifranchista – causa prima dell’esclusione della Spagna dall’Europa comunitaria – e con l’avvio del processo di transizione, la nazione iberica spera di poter, finalmente, entrare a far parte della Comunità europea.

L’UCD dichiara il suo obiettivo d’integrazione spagnola nella Comunità economica europea (CEE). Non solamente un documento programmatico presentato al congresso del 1978 include l’europeismo tra i suoi valori fondanti, ma, all’interno del partito, diverse personalità, soprattutto di area democristiana, sostengono la necessità d’integrare la Spagna nelle strutture comunitarie. Più tiepido invece l’europeismo di S., che si dimostra non eccessivamente interessato alle questioni comunitarie – fa solamente un viaggio a Bruxelles, nel dicembre 1979 – e poco entusiasta di una rapida entrata della Spagna nell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), preferendo portare avanti una propria – e non sempre chiara – linea di politica estera. Il suo tentativo è di trovare una via alternativa, centrista, a quella dei due blocchi contrapposti, rendendo più strette le relazioni con le nazioni dell’America Latina, con gli Stati arabi e quei paesi che rientrano nel novero dei cosiddetti non allineati.

Eppure, malgrado il minore entusiasmo, S. comprende come integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della), democrazia e modernizzazione – politica, economica e sociale – vadano di pari passo. Per questo nomina come ministro degli Esteri Marcelino Oreja, politico di esperienza e di provata fede democratica, e crea un ministero per le relazioni con la Comunità europea, designando Calvo Sotelo – che già aveva avuto contatti con le Istituzioni comunitarie come ex ministro del Commercio – alla sua guida. Nel contempo compie visite di Stato nelle principali capitali europee per mostrare le intenzioni riformatrici del suo governo. Il 5 febbraio iniziano ufficialmente i negoziati per l’ingresso nella CEE, ma ben presto in Spagna ci si accorge che la democratizzazione del sistema politico non è un elemento sufficiente per far schiudere le porte dell’Europa comunitaria. Sull’opportunità di allargare i confini della CEE pesano le politiche agricole e i forti dubbi francesi (v. Politica agricola comune). Nel 1980, Valéry Giscard d’Estaing, dopo l’iniziale appoggio, esterna tutta la sua contrarietà a un Allargamento della Comunità alla Spagna, bloccando di fatto i negoziati.

L’esecutivo è scosso tanto dalle critiche provenienti dall’esterno quanto da una forte crisi interna all’UCD. I rimpasti alla compagine governativa prolungano la durata del governo ma non ne risolvono i problemi: il 29 gennaio 1981 S. decide di rassegnare le dimissioni. Il nuovo presidente è Leopoldo Calvo Sotelo, sempre dell’UCD e più volte ministro nei governi di S. Il giorno del voto di investitura al nuovo esecutivo, il 23 febbraio 1981, un gruppo di militari guidati dal tenente colonnello della Guardia civil Antonio Tejero – con la complicità di alcuni generali – irrompe nel parlamento e sequestra i deputati per diverse ore. L’atteggiamento fermo e inequivocabile del re a favore della democrazia e il mancato appoggio dell’esercito fanno fallire il colpo di Stato.

S. esce dal partito da lui creato nel 1977 e con altri dissidenti fonda una nuova formazione politica d’ispirazione liberale chiamata Centro democrático social (CDS), con la quale si presenta alle elezioni legislative del 28 ottobre 1982. Il PSOE di Felipe González vince, raccogliendo il 48,1% dei consensi, l’UCD si ferma al 6,7% dei voti, mentre il CDS ottiene il 2,9%. S. è eletto deputato a Madrid, risultato che ripeterà nelle elezioni del 1986 e 1989. Il miglior successo elettorale è del 1986, quando il CDS diviene la terza forza politica del paese con il 9,2% dei consensi e 19 seggi conquistati. Nel 1991, dopo le sconfitte nelle elezioni municipali ed europee, S. abbandona il partito e la vita politica attiva, tornando a esercitare la professione di avvocato.

Nel 1996 è nominato presidente del consiglio direttivo del Consejo español de apoyo a los refugiados (CEAR). Sempre in quell’anno riceve il premio Principe de Asturias a la concordia, per l’opera svolta durante la transizione democratica. Nel 2001 è chiamato alla presidenza della Fundación de víctimas del terrorismo.

Alessandro Seregni (2010)

Bibliografia

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