van Zeeland, Paul

Van Z. (Soigners 1893-Bruxelles 1973) studia diritto, scienze politiche e diplomatiche, filosofia tomista all’Université catholique, poi ottiene un master in economia all’Università di Princeton. Vicegovernatore della Banque nationale de Belgique, ricopre in seguito diverse funzioni pubbliche a livello nazionale: ministro senza portafoglio (1934-1935), primo ministro (1935-1937), ministro degli Affari esteri (1935-1937 e 1949-1954) e del Commercio estero (1935-1937 e 1949-1950), ministro di Stato (1948).

Van Z. è una delle figure di maggior spicco della storia del Belgio contemporaneo. Vanta una quantità di titoli di studio ed è dotato di un’intelligenza e di un senso politico che affascinano i suoi compatrioti. Nel 1935 diventa primo ministro e ministro degli Affari esteri. In molti ritengono che all’epoca sia stato un uomo provvidenziale. Innanzitutto è artefice di importanti riforme strutturali, alcune delle quali sono ancora oggi visibili. Il suo primo gabinetto è celebre soprattutto per la svalutazione e la stabilizzazione del franco del 1935, che Keynes additava ad esempio, e che segna l’inizio del risanamento economico del Paese. Il suo secondo governo (1936-1937) è caratterizzato in primo luogo dalla campagna elettorale preparatoria alle elezioni parziali di Bruxelles, l’11 aprile 1937, che van Z., innalzato a simbolo della democrazia, vince contro il leader rexista belga Léon Degrelle.

L’idea di un avvicinamento dei paesi europei è intimamente legata all’insieme della carriera di van Z. Nel 1931, quando la crisi economica e la grande depressione colpiscono senza pietà, scrive in Regards sur l’Europe: «La cooperazione internazionale in materia economica è il solo e necessario comportamento da adottare: abolizione degli ostacoli al commercio, garanzie per un ordine internazionale permanente, accordi di effettivo avvicinamento, in breve un’organizzazione internazionale al riparo della quale, con la libertà di movimento dei capitali e dei beni, possa rifiorire la prosperità». Nel 1937, quando è primo ministro, van Z. è incaricato dalla Francia e dal Regno Unito di studiare i metodi adeguati a ottenere una riduzione generale delle misure di contingentamento e degli altri ostacoli al commercio internazionale. Il governo che guida all’epoca dà anche impulso ai negoziati fra Belgio e Lussemburgo e alle riunioni dei governi del Gruppo di Oslo che vertono sullo smantellamento delle barriere e del nazionalismo economico, nella convinzione che l’Europa debba fondarsi sull’economia prima che sulla politica. Dopo le sue dimissioni nel 1937 van Z. percorre il mondo, durante e dopo la guerra, partecipando in particolare alla missione di buoni uffici sulla questione indonesiana nel 1947 e facendo parte dei consigli d’amministrazione di diverse imprese belghe e straniere. È anche tra i fondatori della Lega europea di cooperazione economica e si batte a favore dell’Occidente cristiano, in particolare contro la condanna del cardinale Mindszenty. «Servendo la causa dell’Occidente, […] serviamo tutta l’umanità attraverso le grandi cause con le quali si confonde l’ideale civilizzatore dell’Occidente: la pace, la fraternità umana, la crescita del livello di vita delle masse e, non da ultimo, la difesa della Personalità, contro gli attentati del totalitarismo», dichiara quando viene arrestato il primate di Ungheria. E continua: «Alla dottrina che rende l’uomo uno schiavo non vi è alternativa se non la dottrina cristiana e sociale, la civiltà occidentale, il ruolo della persona umana». In materia economica van Z. sostiene il libero scambio prendendo in considerazione già nel 1941 l’Unione doganale e monetaria dell’Europa.

Il 1949 per van Z. coincide con il ritorno alla politica: infatti è nominato ministro degli Affari esteri, un incarico che manterrà fino al 1954. A livello interno il Belgio è sempre scosso dalla questione del non ritorno del sovrano. Leopoldista della prima ora, van Z. investe tutte le sue energie per favorire il ritorno politico del re. Sul piano della politica estera è convinto che la creazione di un’Unione europea possa rappresentare la vera ricostruzione dopo la guerra. Quindi partecipa alla formazione del Benelux, del Consiglio d’Europa, dell’Organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE), dell’Unione europea dei pagamenti (UEP). Già presidente del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa dal 1949 al 1950, nello stesso anno guida anche il Consiglio dell’OECE, nonché il Consiglio atlantico dal 1950 al 1951. È anche a capo della diplomazia belga durante i negoziati del Piano Schuman e del Piano Pleven, e a nome del suo paese sottoscrive i due Trattati di Parigi (v. Trattato di Parigi). Ma temendo che i paesi minori perdano la loro influenza sulla scena europea, van Z. ha sempre rifiutato qualsiasi delega ampia della sovranità e si è mostrato fautore di un’Europa confederale piuttosto che federale (v. Federalismo), essendo convinto, come prima della guerra, che l’Europa si costruisca con “l’economia” prima che con “la politica”. In questo senso non nasconde le sue perplessità riguardo all’articolo 9 diventato articolo 38 del trattato CED che punta alla creazione di una Comunità politica europea (CPE) (v. Comunità europea di difesa).

Van Z. partecipa anche ai lavori preparatori alla costituzione di un esercito europeo, ma lascia il ministero degli Affari esteri nell’aprile 1954, quattro mesi prima del rifiuto di ratifica del Trattato CED da parte dell’Assemblea nazionale francese. Ritenendo che l’Europa debba cooperare strettamente con gli Stati Uniti e il Canada, van Z. è anche un fervente sostenitore dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO).

Quando prende le distanze dal mondo politico nel 1956, van Z. ritrova l’ambiente degli affari che conosceva bene. È nominato consigliere generale della Banque de Bruxelles, presidente della Banque belge d’Afrique, presidente, vicepresidente o amministratore di diverse società belghe e straniere. Van Z. è stato anche docente all’Université catholique di Lovanio, dottore honoris causa di varie università straniere e membro dell’Institut de France.

Vincent Dujardin (2010)