Vogel, Hans-Jochen

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V. nacque il 3 febbraio 1926 a Gottinga, da Caroline (nata Brinz) e Hermann Vogel, lettore e professore di allevamento del bestiame e produzione casearia all’Università di Gießen. Ha un fratello minore, Bernhard, nato nel 1932. Cattolico praticante, sebbene sia divorziato, ha un figlio e due figli dal primo matrimonio con Ilse Leinering, con cui è stato sposato dal 1951 al 1972. In seconde nozze sposerà Lieselotte Nonneholzer (nata Biersack).

V. crebbe in un ambiente colto e liberale dell’alta borghesia. Il padre era membro del Partito democratico (Deutsche demokratische Partei, DDP) prima del 1933. Nel 1943 terminò il liceo classico a Gießen e conseguì il diploma. Richiamato alle armi, dal 1943 al 1945 combatté nella seconda guerra mondiale, restando ferito due volte e raggiungendo il grado di sergente. Prigioniero di guerra per un breve periodo, tornò a casa nel 1945. L’anno dopo iniziò gli studi di giurisprudenza prima a Marburgo e poi a Monaco, dove superò il primo esame di Stato nel 1948, conseguì il dottorato nel 1950 con una tesi di diritto penale e sostenne il secondo esame di Stato nel 1951. Ottenne voti eccellenti, risultando il migliore della classe di laureati del 1951.

Sebbene nella sua famiglia mancassero tradizioni socialdemocratiche, e fosse una scelta tutt’altro che opportunistica nella Baviera cattolica e conservatrice, V. aderì al Partito socialdemocratico (Sozialdemokratische Partei, SDP) nel 1950. Il fratello Bernhard per contro si iscrisse al partito conservatore democristiano (Christlich-demokratische Union, CDU). I due fratelli erano destinati a far carriera nei rispettivi partiti: Bernhard diventerà primo ministro degli Stati federali della Renania-Palatinato (dal 1976 al 1988) e della Turingia (dal 1992 al 2003).

Dopo un periodo di praticantato nella piccola città bavarese di Miesbach e poi a Monaco, nel 1952 V. iniziò a esercitare la professione in questa città, prendendo servizio come consigliere di governo al ministero della Giustizia bavarese.

Nel 1964 divenne legale alla corte federale di Traunstein, un’altra cittadina rurale della Baviera. Dal 1955 al 1958 fu legale alla Cancelleria di Stato bavarese sotto il primo ministro socialdemocratico Wilhelm Hoegner. In questa funzione, divenne responsabile della raccolta e della pubblicazione della legislazione provinciale bavarese. Nel 1954 fu nominato consigliere legale a tempo pieno della città di Monaco.

La rapida carriera di V. raggiunse un primo apice nel 1960, quando fu eletto sindaco di Monaco con il 64,3% dei voti. Ad appena 34 anni, era il sindaco più giovano di una città europea che superava il milione di abitanti, e acquistò ben presto un alto profilo e una solida reputazione. Durante il suo primo mandato scoppiò una violenta rivolta studentesca nell’università federale della capitale bavarese, nota come “rivolta di Schwabing”. In questo periodo la polizia era ancora sotto la giurisdizione del consiglio municipale e del sindaco. V. perseguì una strategia mirata a calmare le acque, ricorrendo all’intervento della polizia solo come ultima risorsa.

Sin da questi primi anni a Monaco V. cercò il dialogo con i giovani, ad esempio negli anni Settanta con il movimento pacifista. In seguito tuttavia riconoscerà di aver dimostrato scarsa flessibilità, ammettendo che allora non padroneggiava ancora l’arte del compromesso necessaria spesso in politica (v. Gaus, 1992). Sebbene non mancassero i contrasti con l’opposizione extraparlamentare negli anni Sessanta e Settanta, V. cercò nondimeno di mostrare tolleranza e comprensione nei confronti di alcune posizioni degli extraparlamentari. La popolarità di cui godeva è testimoniata dalla sua rielezione a sindaco nel 1966, con una maggioranza netta del 77,9% dei voti. Conservò la carica sino al 1971, e nel 1971-1972 fu anche presidente della SPD nella circoscrizione di Monaco.

In qualità di sindaco di Monaco V. promosse una serie di programmi di riforma: risanamento urbano, espansione dei trasporti pubblici, riforma agraria e piani di edilizia popolare (v. Kaiser, 1982). V. esporrà le sue idee riformatrici e l’esperienza di quegli anni in due libri, Städte im Wandel (“Città in trasformazione”, 1971) e Die Amtskette (“La fascia di sindaco”, 1972).

Ma soprattutto, negli anni in cui fu sindaco di Monaco V. riuscì a candidare la città per l’organizzazione dei Giochi olimpici del 1972. Nel 1973 gli fu conferita la Medaglia d’oro del Comitato nazionale olimpico come vice-residente del Comitato organizzativo dei giochi di Monaco. La città beneficiò enormemente dell’evento: il sistema di trasporti pubblici fu modernizzato e furono proposti nuovi piani urbanistici. Ma le Olimpiadi di Monaco, che volevano essere improntate a un clima di distensione e serenità in contrasto con le ultime svoltesi in Germania, quelle del 1936 nella Berlino nazista, furono insanguinate dall’azione di un gruppo di terroristi palestinesi, che prese in ostaggio e assassinò 11 sportivi israeliani. La tragedia pose le Olimpiadi di Monaco al centro dell’attenzione internazionale non solo nel campo sportivo, ma anche sul piano politico.

Negli anni Settanta la carriera politica di V. passò dal livello locale a quello regionale e nazionale. Nel 1970 divenne membro del consiglio direttivo federale della SPD, e dal 1972 al 1977 presidente provinciale della SPD bavarese. Negli anni in cui fu sindaco di Monaco V. acquistò altresì un’esperienza extramunicipale, ricoprendo la carica di presidente del Congresso dei Comuni (Städtetag), un’associazione delle principali città tedesche. Inoltre, dal 1972 al 1983 fu membro del direttivo della SPD. Nel 1972 venne eletto per la prima volta al parlamento tedesco (Bundestag) a Bonn.

Sotto il cancellierato di Willy Brandt, V. fu nominato dal 1972 al 1974 ministro federale per la Pianificazione regionale, l’edilizia e lo sviluppo urbano, un ministero di nuova introduzione. In seguito, nel 1974, sotto il cancelliere successivo Helmut Schmidt divenne ministro federale della Giustizia sino al 1981. La popolarità di cui continuava a godere è testimoniata dalle elezioni bavaresi del 1974 e dalle elezioni federali del 1976, in cui risultò il candidato della SPD cui andò il maggior numero di voti. In questo periodo, la Repubblica Federale Tedesca subì le azioni terroristiche del corrispettivo tedesco delle Brigate rosse italiane, la Rote Armee Fraktion, culminate nel 1977 nel cosiddetto “autunno tedesco”. Il governo di Schmidt scelse la linea dura e non fece nessuna concessione ai terroristi. Questi eventi, ovviamente, segnarono fasi drammatiche nella carriera politica di V. Secondo i colleghi, gli anni del mandato di ministro della Giustizia videro una maturazione di V., che svolse il suo incarico con grande professionalità e dedizione. La sua fedeltà al cancelliere Schmidt e al partito contribuirono a renderlo uno dei membri più importanti del governo.

Nel 1981 il sindaco di Berlino rassegnò le dimissioni a seguito del fallimento della coalizione tra la SPD e il partito liberale (Freie demokratische Partei, FDP) in una elezione suppletiva di nuovi senatori. In difficoltà per questo evento improvviso, la SPD cercava gli uomini appropriati. V. andò incontro al partito e accettò la carica di sindaco di Berlino, ammettendo peraltro il suo scarso entusiasmo viste le liti interne e i sordidi scandali che dilaniavano la SPD berlinese. Di conseguenza, tra gennaio e giugno del 1981 V. fu sindaco ad interim di Berlino, e cercò di ricompattare la branca locale del partito.

Questo periodo fu caratterizzato dagli scontri tra il senato di Berlino e gli occupanti abusivi. Nonostante la brevità del suo mandato berlinese, V. riuscì a dare una direzione alla politica locale inaugurando per far fronte al problema la cosiddetta “linea di Berlino”, consistente nel garantire contratti d’affitto in cambio dello sgombero delle abitazioni occupate. La combinazione di fermezza e disponibilità al compromesso guadagnarono a V. grande considerazione anche al di fuori del suo partito. Inoltre, come sindaco di Berlino egli fu direttamente coinvolto nel problema della divisione della Germania e della città. Sin da allora si adoprò attivamente per favorire i contatti tra le due Germanie, sottolineando costantemente il contributo positivo della Ostpolitik di Willy Brandt al miglioramento delle relazioni tra la Repubblica Federale e la Repubblica Democratica Tedesca. Nello stesso tempo, insistette sull’importanza della partecipazione all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), ma anche sulla necessità del disarmo dei due blocchi in Europa.

Lo spostamento della capitale da Bonn a Berlino segnò una brusca fine della carriera di V. a livello federale. Inoltre, quando la coalizione SPD/FDP perse le elezioni berlinesi del giugno 1981, nonostante i suoi sforzi V. restò solo capogruppo parlamentare dell’opposizione nel Bundestag di Berlino, recedendo così a figura di secondo piano. Tuttavia, presto ricevette un nuovo appello del partito affinché lo aiutasse in un’altra situazione critica.

Questa volta l’appello proveniva da Bonn. Quando, il 1° ottobre 1982, il cancelliere socialdemocratico Schmidt fu salvato da Helmut Josef Michael Kohl della CDU in una mozione di sfiducia causata dalla rottura della coalizione da parte della FDP, Schmidt rifiutò di ripresentare la sua candidatura per il cancellierato. V. accettò di essere il principale candidato del partito socialdemocratico nelle successive nuove elezioni parlamentari del 1983. Molti commentatori considerarono questa scelta un ennesimo sacrificio da parte di V., che impostò la sua campagna elettorale su temi quali il disarmo, le riforme del mercato del lavoro per combattere la disoccupazione e una riorganizzazione della divisione del lavoro con riduzione degli orari. Su determinati temi non respinse interamente una collaborazione con il nuovo partito ecologico e radical-democratico dei Verdi. Anche se perse le elezioni a favore del cancelliere Kohl, tornò al parlamento di Bonn come candidato di Berlino eletto direttamente, e divenne capo dell’opposizione dopo che l’ex capogruppo della SPD Herbert Wehner rassegnò le dimissioni indicando V. quale suo successore. In questa carica, egli ridiede coesione e fattività al suo partito piuttosto malconcio. Nonostante fosse il capo dell’opposizione, nelle elezioni federali V. cedette il posto di primo candidato a Johannes Rau, primo ministro del Land Nord Reno-Westfalia, evitando così una lotta per la leadership all’interno della SPD.

Nel 1987 prese il posto di Willy Brandt alla presidenza del partito. La sua capacità di mediazione lo rendevano il candidato ideale per questa carica. Fu rieletto due volte a larghissima maggioranza e restò in carica sino al 1991. La formulazione di un programma di partito unitario rispetto a questioni quali la sicurezza interna e la politica sociale ed economica, ma soprattutto i rapporti con la Repubblica Democratica Tedesca (RDT), dominarono il suo operato nella duplice funzione di capo del partito e del gruppo parlamentare. Sino alla seconda metà degli anni Ottanta la politica della SPD nei confronti della RDT fu imperniata sul principio del “mutamento graduale” (Wandel durch Annäherung). Dopo il crollo improvviso del regime della RDT, V. e la SPD inizialmente furono favorevoli a una confederazione dei due Stati, ma poi concordarono sulla unificazione tedesca.

Nell’ambito dell’Internazionale socialista e dell’Associazione dei partiti socialdemocratici della Comunità europea (v. anche Partiti politici europei), divenuto in seguito Partito socialdemocratico europeo (v. Partito socialista europeo), V. sottolineò sempre la necessità di promuovere l’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della), anche al livello dei partiti e dei sindacati. Amante dell’alpinismo e in grado di parlare l’italiano, dimostrò anche una attenzione speciale per il Sud Tirolo, e nonostante la debolezza della socialdemocrazia in questa regione avviò una cooperazione ufficiale tra il gruppo parlamentare della SPD e il Partito popolare conservatore che era la principale forza politica del Sud Tirolo.

V. era stimato come politico estremamente intelligente, competente, corretto, sollecito e obiettivo, amante dell’organizzazione sistematica. Il suo spiccato senso del dovere trovò dimostrazione quando accettò la sfida di candidarsi alle elezioni per la carica di sindaco di Berlino nel 1981 e di cancelliere a Bonn l’anno successivo. Piuttosto severo, pedante e incline a dispensare consigli, V. talvolta era chiamato “professore” o “direttore”, e tuttavia non dava un’immagine di tedioso burocrate, e nonostante il suo atteggiamento distaccato godeva di grande stima tra i politici e i cittadini. All’interno della SPD V. si era trasformato da esponente della corrente di destra in un moderato propenso alla mediazione, che talvolta mostrava persino una certa simpatia per alcune posizioni dei Verdi ed era in grado di tenere unite le varie correnti all’interno del suo partito. Indice della sua popolarità sono le numerose decorazioni e onorificenze di cui venne insignito, sia in patria che all’estero. Nel 1986, a esempio, gli fu conferita da Gran croce al merito, la massima onorificenza della Repubblica federale tedesca. In una intervista, alla domanda cosa apprezzasse di più rispose ironicamente: «la cucina italiana e la puntualità» (v. Kaiser, 1982).

Quando la SPD fu sull’orlo di un altro conflitto interno nel corso della campagna per le elezioni federali del dicembre 1990 – le prime dopo l’unificazione della Germania – V. accennò già all’intento di abbandonare la presidenza della SPD a favore di Oskar Lafontaine, candidato del partito al cancellierato. Tuttavia la decisione venne posticipata a dopo le elezioni. Quando Lafontaine e la SPD furono sconfitti nelle votazioni di settembre V. si offrì di lasciare la presidenza del partito e la carica di capogruppo parlamentare, nel tentativo di favorire il rinnovamento e una generale trasformazione del partito. Tuttavia Lafontaine rifiutò, e V. accettò di continuare a guidare il gruppo parlamentare, mentre presidente del partito divenne l’assai più giovane Björn Engholm. V. organizzò attentamente la sua successione politica, come dimostra il fatto che nel 1991 lasciò via libera a Hans-Ulrich Klose, che divenne capogruppo della SPD in parlamento.

V. non cessò di far sentire la sua voce, sia quando si trattò di sostenere gli interessi della Germania orientale dopo l’unificazione, sia quando si trattò di opporsi agli emendamenti restrittivi delle norme sull’immigrazione. Presidente della SPD nella commissione costituzionale creata dal parlamento federale dopo l’unificazione, dietro suggerimento di Brandt e Engholm nel 1992 V. visitò dodici Stati dell’ex Unione Sovietica, compresa la Russia, e parlò con capi di Stato, ministri, portavoce dell’opposizione, nonché rappresentanti della Chiesa ortodossa e dell’Islam.

Nel 1994 non si ripresentò alle elezioni federali. Nel discorso conclusivo di fronte al parlamento parlò della riforma della Costituzione lamentando l’assenza di elementi plebiscitari e di obiettivi sociali. V. si mostrò altresì deluso del rifiuto da parte della CDU di includere nel preambolo una dichiarazione che indicasse nel completamento della “unificazione interna” del paese uno degli obiettivi della Germania. Tuttavia, grazie ai suoi negoziati, la SPD riuscì a far includere nella Costituzione gli obiettivi della tutela ambientale, della promozione dell’eguaglianza tra i generi e del divieto di discriminazione nei confronti dei disabili.

Nel 1996, in occasione dei suoi settant’anni, V. pubblicò un libro di memorie sugli anni trascorsi a Bonn e a Berlino intitolato Nachsichten. Meine Bonner und Berliner Jahre (“Retrospettive. I miei anni a Bonn e a Berlino”).

Sebbene si fosse gradualmente ritirato dalla politica attiva, V. non cessò il suo impegno in problemi di ordine politico e sociale. Dalla metà degli anni Novanta fu particolarmente attivo nella riconciliazione tra la Germania e Israele. Apparve spesso in televisione come testimone oculare del periodo nazista, e si adoprò attivamente per tener viva la memoria delle atrocità commesse dai nazisti. Preoccupato per il diffondersi di un nuovo estremismo di destra dopo la riunificazione tedesca, nel 1993 rivestì la carica di presidente fondatore della associazione non partitica “Gegen Vergessen – Für Demokratie” (“Contro l’oblio – Per la democrazia”) contro la violenza degli estremismi politici di ogni colore. L’organizzazione mira in particolare a tener viva la memoria del passato nazista della Germania e dei crimini e delle ingiustizie perpetrati durante la dittatura del partito unico nell’ex Repubblica Democratica Tedesca.

Per le sue attività nel 1998 venne conferito a V. stato il Premio Galinski, istituito in memoria dell’ex presidente del Concistoro centrale degli ebrei in Germania Heinz Galinski. Negli anni Novanta V. si fece anche sostenitore dei risarcimenti ai lavoratori coatti durante il regime nazista, allorché la questione fu affrontata dal nuovo governo del cancelliere Gerhard Schröder.

V. è una sorta di istituzione morale della Repubblica federale, come dimostra il fatto che dal 2001 è membro del Consiglio nazionale per le questioni etiche. Nel 2001 è stata pubblicata una raccolta dei suoi discorsi, conferenze e saggi a partire dal 1997 col titolo Demokratie lebt auch vom Widerspruch (“La democrazia si nutre anche di contraddizioni”).

Elke Viebrock (2010)

Bibliografia

Gaus G., Neue Porträts in Frage und Antwort, Verlag Volk und Welt, Berlin 1992.

Kaiser C.C., Gefragt: Hans-Jochen Vogel, Dagmar Zirngibl-Verlag, Bornheim 1982.

Vogel H.-J., Nachsichten. Meine Bonner und Berliner Jahre, Piper, Munich 1996.

Vogel H.-J., Demokratie lebt auch vom Widerspruch, Pendo Verlag, Zurich 2001.