Weizsäcker, Richard Freiherr von

W. (Stoccarda 1920) discende da una famiglia württemberghese di teologi e funzionari pubblici. Il bisnonno, Carl Heinrich, professore di storia ecclesiastica e rettore dell’Università di Tubinga, fu insignito nel 1861 del titolo nobiliare. Il nonno di W., Karl Hugo, fu ministro della Pubblica istruzione e degli Affari ecclesiastici del regno di Württemberg, nonché negli anni 1906-1918 ministro degli Affari esteri e presidente del regno di Württemberg, e ottenne e nel 1916 il titolo di barone (Freiherr) dal re di Württemberg.

Il padre di W., Ernst Heinrich, fu diplomatico e divenne nel 1938 sottosegretario di Stato nel ministero degli Affari esteri, dal 1943 ambasciatore presso lo Stato vaticano. A causa del lavoro del padre, W. trascorse la sua infanzia all’estero e a Berlino. Nel 1938 prestò servizio militare presso il reggimento della nona fanteria di Potsdam. La decisione di W. di entrare nel celebre reggimento d’élite prussiano, a cui appartennero molti membri della nobiltà e in cui durante la guerra si formò gran parte della cospirazione militare del 1944 contro Hitler, segnò la sua vita.

Lo stesso reggimento combatté in primissima linea durante l’assalto alla Polonia nel settembre 1939. Dal 1939 fino al 1945 rimase quasi sempre sul fronte orientale, e ricevette la medaglia al valore. Nell’aprile 1945 fu gravemente ferito. Nelle sue funzioni amministrative e come aiutante di campo W. conobbe molti personaggi della Resistenza civile e militare contro Hitler. Benché sapesse dall’attentato contro il Führer nel luglio 1944, non prese parte attivamente alla cospirazione.

Dopo la guerra W. studiò giurisprudenza presso l’Università di Gottinga. Grazie al suo fratello maggiore, il celebre fisico Carl Friedrich, che a partire dal 1946 insegnò fisica presso lo stesso ateneo, W. fece conoscenza dei più illustri professori di scienze naturali, teologia, storia e filosofia della Germania del dopoguerra. In questo periodo, W. fu influenzato nel suo sviluppo morale-etico soprattutto dallo zio, il celebre neurologo e filosofo Viktor von Weizsäcker, professore a Heidelberg. Grazie alle lunghe conversazioni con questo sui temi etici, W. acquistò le qualità morali che gli permisero di affrontare i faticosi chiarimenti dei crimini nazisti nel cosiddetto “processo della Wilhelmstrasse”. In tale processo, che ebbe luogo in seguito al Tribunale di Norimberga, furono accusati di crimini di guerra i maggiori protagonisti del ministero degli Affari esteri. Tra gli imputati vi era anche il padre di W., Ernst, cui il figlio prestò assistenza legale. Durante i diciotto mesi del processo, W. studiò accuratamente più di 39.000 pagine di prove dell’accusa. Acquisì così una conoscenza dettagliata sui protagonisti del Terzo reich e sui loro atroci crimini, e la sua nuova consapevolezza incise anche molto sul suo futuro impegno politico. Più tardi, come presidente della Repubblica federale fu proprio questa consapevolezza che diede ai suoi discorsi sul Terzo reich il loro alto significato morale. Alla fine del processo Ernst fu condannato a cinque anni di reclusione, ma nel 1950 fu scarcerato dal commissario americano John McCloy.

Dopo il processo, W. ritornò di nuovo a Gottinga, finì i suoi studi e nel 1950 divenne impiegato presso la sezione legale del gruppo Mannesmann a Gelsenkirchen, dove partecipò a una ricerca sulla cogestione nella industria di carbone e acciaio. Nel 1953, dopo l’esame d’assessore, entrò definitivamente nella sezione legale della Mannesmann a Düsseldorf e divenne il collaboratore più stretto del consulente legale Wolfgang Pohle, membro della Unione democratica cristiana (Christlich-demokratische Union, CDU) alla Camera dei deputati e figura chiave del connubio tra economia e politica in Germania. Le convinzioni politiche di W. in questo periodo furono influenzate dalle etiche sociali nonché dalla dottrina cristiana sociale. Nel 1954 aderì alla CDU senza, però, ambire a una carriera politica.

Nel 1962 fu eletto membro della direzione del Convegno dei fedeli della chiesa evangelica tedesca (Deutscher evangelischer Kirchentag). Due anni dopo fu nominato preside del Convegno dei fedeli, carica che detenne fino al 1971. Dal 1968 al 1975 fu membro del comitato centrale del Consiglio ecumenico delle Chiese e dal 1968 al 1984 membro del sinodo e del consiglio della Chiesa evangelica tedesca.

Nel 1966 W. si dedicò a tempo pieno alla carriera politica. Quando Helmut Josef Michael Kohl gli propose una candidatura alla Camera dei deputati, W. rifiutò l’idea ritenendola incompatibile con i suoi incarichi alla presidenza del Convegno dei fedeli. Nondimeno nel 1966 divenne membro del consiglio del CDU e mantenne tale ruolo fino al 1984. Ancora nel 1966 cercò di farsi eleggere candidato della CDU alla presidenza della Repubblica, ma fu sconfitto nelle elezioni interne dal ministro degli Affari esteri della CDU Gerhard Schröder.

Dal 1969 fino alla sua rinuncia al mandato nel 1981 fu membro della Camera dei deputati, dal 1973 fino al 1977 come vicepreside del gruppo parlamentare del CDU e dell’Unione sociale cristiana (Christlich-soziale Union, CSU). Dal 1971 al 1978 presiedette all’elaborazione dei nuovi principi programmatici della CDU. Nella sua funzione di presidente del Convegno dei fedeli, W. era particolarmente sensibile alle problematiche del conflitto fra Est e Ovest. Contrariamente alla maggioranza degli aderenti alla CDU/CSU, fu un sostenitore dell’Ostpolitik della coalizione socialdemocratico-liberale durante il governo guidato da Willy Brandt. Nel 1972 durante i dibattiti parlamentari sulla ratifica dell’Ostverträge del 1970 (innanzitutto i Trattati di Mosca e i Trattati di Varsavia) W. tenne due discorsi di grande rilievo che convinsero i deputati della CDU/CSU ad astenersi dal voto, rendendo poi possibile la ratifica degli stessi trattati. W. partecipò nel 1973 inoltre alla prima visita di una delegazione dei parlamentari nell’Unione Sovietica.

Nel 1974 W. fu il candidato della CDU/CSU alla presidenza della Repubblica, ma perse contro Walter Scheel. Malgrado la grande stima di cui godeva, fu sconfitto anche nel 1979 alle elezioni per la carica di sindaco di Berlino. Dal 1979 al 1981 fu vicepreside della camera dei deputati e nel 1981 fu eletto sindaco di un governo minoritario a Berlino. La svolta politica a Bonn nell’autunno del 1982, nella quale la coalizione CDU/CSU e Partito liberale democratico (Freie demokratische Partei, FDP) fece cadere il governo di Helmut Schmidt, rese in seguito possibile anche a Berlino una coalizione di maggioranza tra CDU e FDP.

W. assunse inoltre dal 1981 fino al 1984 la presidenza della CDU di Berlino, un trampolino di lancio per la futura carriera politica. Politicamente Berlino era, infatti, il punto d’incrocio dell’Ostpolitik, della politica fra i due Stati tedeschi e della politica europea, temi che da tempo erano al centro delle ambizioni politiche di W. Nel 1983 uscì una raccolta dei suoi discorsi e saggi dal 1962 fino al 1983 (Die deutsche Geschichte geht weiter), una serie di considerazioni filosofiche, teologiche ed etiche sulla democrazia tedesca, nonché sul rapporto con la Germania orientale.

Non solo teoricamente ma anche nell’esercizio delle sue funzioni di sindaco, W. mostrò una notevole autonomia rispetto alle direttive politiche del suo partito. Ne è un esempio la sua visita ufficiale nella Repubblica Democratica Tedesca (RDT) nel settembre del 1983 in qualità del membro del consiglio della Chiesa evangelica tedesca: la prima visita di un sindaco di Berlino nella RDT, non molto gradita agli occhi della classe politica di Bonn.

Dopo il cambiamento di governo nel 1982 e le elezioni nazionali del 1983 si modificò anche la maggioranza nell’assemblea federale a favore del CDU/CSU. Alla vigilia della nomina del nuovo candidato per la presidenza sia la Sozialdemokratische Partei Deutschlands (SPD) che la FDP segnalarono il loro appoggio alla candidatura di W. alla presidenza. Benché anche l’opinione pubblica fosse molto favorevole alla candidatura di W., Helmut Kohl esitò a nominarlo. Soltanto dopo il voto favorevole dell’avversario di W., Franz-Josef Strauß, Kohl annunciò la candidatura di W. nel novembre del 1983. Nel 1984 l’assemblea federale lo elesse a larga maggioranza Presidente della Repubblica contro l’unico candidato concorrente, la scrittrice Luise Rinser, nominata dai Verdi.

W. ebbe un concetto piuttosto innovativo del ruolo di presidente. Benché non oltrepassasse mai i limiti stabiliti della Costituzione, riuscì a crearsi un ampio spazio di autonomia rispetto al governo e al Parlamento. W. fu il primo presidente a saper utilizzare i mass media a favore della sua carica. L’8 maggio del 1985 W. tenne davanti alla camera dei deputati il suo celebre discorso in occasione del 40° anniversario della capitolazione della Germania, in cui egli, un democratico conservatore, definì tale data un autentico “giorno di liberazione” per tutti.

Se in Germania questo schietto discorso, che infranse molti tabù, provocò forti polemiche nell’ambiente conservatore tedesco, all’estero suscitò grande scalpore e apprezzamento, grazie alla sincerità con cui W. si espresse sull’unicità storica dell’Olocausto e sulla questione della colpa e del riscatto dei crimini nazisti. Questo discorso, che fu presto tradotto in molte lingue e fu senz’altro il più politico e più importante della presidenza di W., gli valse nel 1989 il celebre riconoscimento “Union medal” del seminario teologico a New York e contribuì a migliorare i rapporti fra la Germania e i paesi vittime dell’aggressione nazista. Durante le sue visite ufficiali nei Paesi Bassi nel maggio e giugno e nell’ottobre dello stesso anno in Israele, W. poté constatare l’impressione favorevole destata all’estero dal suo discorso, che fu definito “storico” dal presidente israeliano, Chaim Herzog. In Israele W. ricevette anche la laurea honoris causa dell’istituto Weizmann a Rehovot.

Nelle sue numerose visite all’estero W. si impegnò particolarmente in favore dei paesi via di sviluppo, nonché per un miglioramento nei rapporti tra Est e Ovest. Particolarmente rilevante fu nell’estate del 1987 la visita che egli fece, assieme al ministro degli Affari esteri, Hans-Dietrich Genscher, nell’Unione Sovietica, al fine di calmare l’irritazione sovietica per un commento offensivo di Kohl su Michail Gorbačëv. La visita di W. fu una tappa importante della nuova intesa tra la Germania e l’Unione Sovietica.

Grazie alla stima che W. seppe conquistarsi sia all’estero sia in patria, il 23 maggio del 1989 fu eletto per la seconda volta a maggioranza Presidente della Repubblica, senza dover affrontare un candidato concorrente. Questo secondo mandato fu pienamente all’insegna dell’unità tedesca. Come tutti gli altri politici, anche W. fu colto di sorpresa dai rapidi cambiamenti nella RDT dopo la caduta del Muro di Berlino, avvenuta il 9 novembre del 1989. W. aveva sempre considerato l’unità tedesca come compito dell’Europa intera. Anche nelle fasi dell’entusiasmo nazionale, egli non perse mai di vista lo sfondo europeo dell’unità tedesca, che considerava il primo passo verso l’integrazione dei paesi orientali nell’Unione europea. Nel gennaio del 1990 abbozzò in un discorso a Zurigo la possibilità di un futuro ordine economico comune per l’intera Europa. All’estero cercò il consenso e la comprensione per il desiderio di Riunificazione del popolo tedesco, illustrando le possibilità che offriva l’unificazione tedesca in ambito europeo. In patria, invece, non esitò a mettere in luce anche le verità scomode relative ai costi e all’andamento dell’unificazione.

Nel discorso in occasione della cerimonia “del primo giorno dell’unità”, tenuto il 3 ottobre del 1990, davanti alla Camera dei deputati e al Consiglio federale, W. criticò aspramente il silenzio delle autorità politiche alla vigilia delle elezioni nazionali in dicembre sui costi e sui sacrifici economici imposti alla popolazione dal finanziamento dell’unità. In questa occasione, W. lanciò un appello alla solidarietà ai cittadini dell’Ovest e coniò il motto: “unirsi, significa imparare a dividere”. Non fu questa l’unica occasione in cui il presidente democristiano dimostrò pubblicamente la sua disapprovazione per la politica del governo di centrodestra. W. si oppose anche fortemente alla tendenza del vertice politico a intendere l’unità soltanto in termini di assorbimento della società, dell’economia e della cultura della Germania orientale nella RFT, reclamando il riconoscimento dei contributi e degli interessi dei cittadini orientali.

Nel 1991 W. pubblicò una raccolta dei suoi discorsi e pensieri riguardante il futuro europeo della Germania con il titolo programmatico: “Dalla Germania all’Europa. La forza motrice della storia” (Von Deutschland nach Europa. Die bewegende Kraft der Geschichte), che fu un grande successo editoriale. Pur considerandosi un patriota, W. rifiutava categoricamente ogni forma di nazionalismo, e considerava la Germania unita come l’anello di congiunzione fra l’Europa occidentale e orientale, alla quale spettava anche il compito di aiutare a creare pacificamente il nuovo ordine politico europeo. Piuttosto che una via tedesca all’europeizzazione, egli chiedeva che gli interessi nazionali tedeschi passassero in subordine rispetto al cammino verso il futuro comune dei paesi europei. La Germania doveva avere, però, anche il carattere di modello per un futuro ordine politico europeo. Nella sua visione del futuro d’Europa, W. attribuiva al Federalismo e in particolare al regionalismo un’importanza particolare. A suo avviso il peso delle regioni sia nel contesto nazionale tedesco sia in quello più ampio europeo doveva rafforzarsi per permettere il superamento del centralismo nazionale.

Molto discussa, poi, fu la ferma presa di posizione di W. nel 1991 in favore di Berlino come sede del governo. Egli fu tra i primi e più decisi fautori del trasferimento di tutti gli organi costituzionali da Bonn a Berlino. Durante il suo secondo mandato, inoltre, W. fu fortemente critico nei confronti dei partiti politici, troppo interessati al potere. Ciò contribuì a rendere definitiva la rottura tra W. e i suoi critici nel Partito democristiano, i quali già da molto tempo guardavano con diffidenza le sue iniziative politiche, ritenendo che andassero ben oltre gli interessi tedeschi.

Nel suo ultimo discorso pubblico in qualità di presidente, il 1° luglio 1994, W. prese fermamente posizione contro la rinascita del fenomeno della xenofobia in Germania. Sin dagli anni Novanta W. si era impegnato pubblicamente per la tolleranza, la comprensione fra i popoli e i Diritti dell’uomo, e ciò gli valse nel 1991 il premio Heine, conferitogli dalla città di Düsseldorf e nel 1994 il premio Leo-Baeck, conferitogli dal Consiglio centrale degli ebrei tedeschi.

Per la sua opera a favore del dialogo cristiano-ebreo W. ricevette inoltre nel 1995 la medaglia di Buber-Rosenzweig dal Consiglio coordinatore delle associazioni per la collaborazione cristiano-ebraica (Deutscher Koordinierungsrat der Gesellschaften für christlich-jüdische Zusammenarbeit). Nel 1994 ricevette alteresì la laurea honoris causa dell’Università di Cambridge e nel 1995 anche dell’Università di Praga.

Con la fine della presidenza nel 1994 cominciarono per W. prestigiosi impegni a livello nazionale e internazionale. Fu, tra le altre cose, presidente della prestigiosa fondazione Koerber di Amburgo, la quale promuove l’intesa fra le nazioni e lo scambio interculturale, e sostiene i giovani artisti. Nel 1994 il segretario generale dell’ONU, Boutros Ghali lo chiamò alla vicepresidenza dell’équipe di dodici esperti per la riforma dell’ONU. Nel rapporto finale del 1995 W. ribadì ancora una volta la sua convinzione politica che le esigenze dei rapporti internazionali debbano sempre essere sovraordinate agli interessi nazionali. Perciò, contrariamente alla volontà politica del governo tedesco egli si dichiarò esplicitamente contrario a un seggio continuo della Germania nel Consiglio di sicurezza dell’ONU. Nell’estate del 1996 W. assunse la cattedra “Heinrich Heine” presso l’Università di Düsseldorf e tenne un ciclo di lezioni pubbliche sulla politica europea di distensione nel passato e nel presente. Dal 1999 al 2000 W. fu chiamato dal governo di centrosinistra a presiedere la commissione per le riforme dell’esercito tedesco.

W., che considerò sempre l’Allargamento orientale come il compimento necessario dell’UE, nel settembre 1999 fu invitato dal presidente designato della Commissione europea, Romano Prodi, a elaborare insieme a Jean-Luc Dehaene, ex primo ministro del Belgio, e Lord Simon of Highbury, ex ministro britannico, le proposte sulle implicazioni istituzionali dell’allargamento dell’UE, in vista della imminente Conferenza intergovernativa (v. Conferenze intergovernative). Benché non potessero formulare proposte specifiche, dato che questo compito spetta soltanto agli Stati membri e alle istituzioni competenti, i “tre saggi” fornirono nel loro rapporto dal 18 ottobre importanti stimoli alla riflessione sul futuro allargamento dell’UE, focalizzando l’attenzione sugli elementi che ostacolano l’efficienza del Processo decisionale e la legittimazione democratica. Il rapporto esortava a rendere più flessibile, efficace, efficiente e trasparente il lavoro del quadro istituzionale. Inoltre, sottolineava la necessità di trovare i mezzi adatti per rendere partecipe e per coinvolgere la popolazione. I “tre saggi” proponevano, tra l’altro, di rafforzare l’autorità e di estendere il potere del Presidente della Commissione europea per permettergli di dirigere efficacemente un numero maggiore di commissari. Altrettanto importanti erano ritenuti l’allargamento della votazione a Maggioranza qualificata e la revisione della Ponderazione dei voti nel Consiglio degli Stati membri nei Processi decisionali. Il rapporto suggeriva inoltre di potenziare la funzione legislativa del Parlamento europeo estendendo il ricorso alla Procedura di codecisione.

Su invito del segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, nel 2001 W. partecipò alla stesura del rapporto “Crossing the divide. Dialogue among civilisation”, una sorta di manifesto contro le tesi diffuse da Fukuyama e Hungtinton relative alla fine della storia e allo scontro delle culture. Nello stesso anno W. pubblicò il suo libro Tre volte l’ora zero (Drei Mal Stunde Null), nel quale, partendo dalle tre date 1949-1969-1989, delineava il percorso storico dalla divisione nel 1949, al nuovo inizio della RFT, all’Ostpolitik del governo Brandt nel 1969 e infine, alla fine della Guerra fredda nel 1989 e alla costruzione dell’Europa unita, offrendo la quintessenza delle sue considerazioni storiche e politiche e sottolineando ancora una volta la necessità storica di realizzare una società civile europea (v. anche Società civile organizzata).

Christian Wehlte (2010)