Wilson, Harold

W. (Huddersfield 1916-Londra 1995) è stato un importante uomo politico britannico che ha svolto un ruolo chiave nel proporre la seconda candidatura del Regno Unito alla Comunità economica europea (CEE).

Dopo essersi laureato all’Università di Oxford, W. divenne docente di Economia e nel 1945 entrò al Palamento come membro del Partito laburista e ministro del Commercio. Nel 1951 si dimise in contrasto con i cambiamenti apportati al Servizio sanitario nazionale per soddisfare i costi finanziari imposti dalla guerra di Corea. Divenne portavoce dell’ala di sinistra del Partito laburista, ottenendo nel 1963 la leadership del partito e diventando primo ministro nel 1964. Negli anni Sessanta il governo laburista di W. dovette implicitamente riconoscere che il paese iniziava a perdere terreno nel tentativo di mantenere un’influenza globale, come dimostravano la dichiarazione unilaterale di indipendenza della Rhodesia meridionale, la svalutazione della sterlina, il ritiro delle truppe britanniche da Singapore e dalla Malesia, la rinuncia alle basi a Suez nonché il rifiuto di W. di inviare le proprie truppe nella guerra del Vietnam. All’epoca divenne chiaro che gli Stati membri del Commonwealth erano alla ricerca di associazioni regionali più strette e di nuove opportunità commerciali oltre a quelle offerte dalla madrepatria di un tempo. Quindi, il Regno Unito dovette considerare con più entusiasmo la seconda candidatura alla CEE, che fu presentata nel 1967, ma che come la precedente fu bocciata dal premier francese Charles de Gaulle.

Ciò nonostante, W., mentre era all’opposizione, portò il partito a ribaltare la posizione sull’ingresso nella CEE, anche se una minoranza significativa votò con il governo conservatore a favore dell’ingresso. Un’altra questione su cui il partito si divise sorse nel 1973 con l’adozione di un programma di nazionalizzazioni su ampia scala. Tuttavia, alle elezioni politiche del febbraio 1974, che si svolsero in un momento di grave crisi economica, il Partito laburista ritornò al potere e W. divenne nuovamente primo ministro. Sebbene guidasse un governo di minoranza (e quindi più facile da battere in Parlamento), annunciò l’intenzione di attuare le controverse politiche di rinegoziazione delle condizioni dell’adesione britannica alla CEE e di nazionalizzazioni. Il suo governo affrontò continue difficoltà economiche e un peggioramento della situazione nell’Irlanda del Nord e fu anche costretto a mediare tra la Grecia e la Turchia nella difficile crisi di Cipro. W. indisse nuove elezioni nell’ottobre 1974 e si assicurò una stretta maggioranza al Parlamento. Nel 1975 indisse e vinse un referendum senza precedenti sull’adesione britannica alla CEE, ponendo fine in gran parte alle critiche dell’ala sinistra laburista, che era a favore del ritiro. Nel 1976 presentò inaspettatamente le proprie dimissioni da primo ministro.

D’altra parte, occorre osservare che il suo periodo in carica fu segnato da un’ampia serie di riforme sociali quali quella sul divorzio, l’abolizione della pena di morte e della censura teatrale, la decriminalizzazione dell’omosessualità e la liberalizzazione della legge sull’aborto. Uno dei più grandi meriti di W. come politico fu quello di essere riuscito sia a contenere le divisioni all’interno del Partito laburista sia a farlo tornare al governo.

Il suo ruolo nella storia dell’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della) si basa sull’importante decisione di presentare nel 1967 la seconda candidatura alla CEE in conformità con l’art. 237 dei Trattati di Roma sull’adesione alla CEE e contemporaneamente le candidature alla Comunità del carbone e dell’acciaio e all’Euratom. Tuttavia W. Dichiarò al riguardo: «il governo è pronto ad accettare il Trattato di Roma, in base alle necessarie modifiche conseguenti all’adesione di un nuovo membro e a patto di ottenere soddisfazione sui punti che a nostro avviso presentano difficoltà» (v. Wilson, 1967, p. 1). Tra tali punti figuravano in primo luogo i problemi legati al funzionamento della Politica agricola comune, nonché gli «interessi fondamentali del Commonwealth, soprattutto nel settore agricolo, che è nostro dovere cercare di salvaguardare nei negoziati e che includono i particolari problemi della Nuova Zelanda e dell’Accordo del Commonwealth sullo zucchero» (v. Wilson, 1967, p. 2). Vi era inoltre la questione delle politiche regionali, anche se W. era ben consapevole delle implicazioni vantaggiose a lungo termine dell’adesione alla CEE: «Noi tutti siamo consapevoli del potenziale a lungo termine per l’Europa e quindi per la Gran Bretagna, derivante dalla creazione di un mercato unico che si rivolge a 300 milioni di persone, con tutti gli sbocchi e gli incentivi che fornirà all’industria e delle enormi possibilità che una strategia integrata per la tecnologia, su scala realmente continentale, può creare. […] e ritengo che questa idea abbia avuto un grande impatto in tutta Europa (v. Wilson, 1967, p. 5). Il suo impegno nella difesa del progetto europeo si basava sul riconoscimento che all’epoca l’Europa si trovava di fronte all’opportunità di compiere un grande passo avanti nell’unione politica. «Non consideriamo l’unità europea come qualcosa di chiuso e orientato all’interno», scriveva W. al riguardo; la Gran Bretagna «ha i propri legami vitali attraverso il Commonwealth e in altri modi con altri continenti. E così anche altri paesi europei. Insieme possiamo far sì che l’Europa svolga negli affari internazionali quel ruolo che attualmente non ha. Un’Europa che non riesce a esprimere pienamente la propria forza economica non avrà mai l’influenza politica che a mio avviso può e deve esercitare in seno alle Nazioni Unite e all’Alleanza occidentale né gli strumenti per attuare una distensione durevole tra Oriente e Occidente; e allo stesso modo contribuire con misure sempre più complete alla soluzione del problema mondiale tra il Nord e il Sud e alle necessità del mondo in via di sviluppo. È per tutti questi motivi che noi intendiamo perseguire la candidatura all’adesione con tutta la forza e la determinazione in nostro possesso» (v. Wilson, 1967, p. 5). La politica europea di W., in ogni caso, si basò ben più di quanto sia stato riconosciuto su interessi strategici. L’idea di W. si sviluppò durante la prima candidatura alla CEE, da parte dei conservatori, quando riconobbe l’attrazione verso «il giusto modello d’Europa» (v. Parr, 2005, p. 19) ovvero orientata all’esterno, atlantista, intergovernativa e promotrice del progresso tecnologico.

In conclusione, W. prevedeva un’intensificazione delle dinamiche di Approfondimento e di Allargamento che richiama l’essenza dell’avanzamento dell’integrazione europea e che costituisce tuttora una questione centrale per gli sviluppi del progetto europeo: «La soluzione definitiva alla divisione in Europa sembra fattibile solo in termini ancora difficili da immaginare, una soluzione che si basi sull’inclusione del Regno Unito e di altri paesi dell’EFTA [v. Associazione europea di libero scambio] in una Comunità istituita dal Trattato di Roma, ma che sviluppi e assuma politiche per noi accettabili» (v. Daddow, 2003, p. 77). Quindi, malgrado il veto posto alla seconda candidatura britannica, il “riuscito fallimento” apriva il dibattito sul concetto di Europa “a geometria variabile” e inaugurava un periodo di riflessione sulla natura e sulla direzione dell’integrazione.

Cristina Blanco Sio-Lopez (2012)