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Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza

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Ruolo e funzioni

L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (Ar) è una figura istituzionale incaricata di guidare la Politica estera e di sicurezza comune (Pesc), contribuendone all’elaborazione e all’attuazione insieme agli Stati membri, e assicurando l’unità, la coerenza e l’efficacia dell’azione esterna dell’UE nel suo complesso. Attualmente la carica è ricoperta da Federica Mogherini (dal 2014), succeduta a Catherine Margaret Ashton (2009-2014).

Il ruolo e le funzioni dell’Ar sono state introdotte dal Trattato di Lisbona (2007-2009), che ha ampliato i compiti del precedente Alto rappresentante previsto dal Trattato di Amsterdam (1997-1999). Ai sensi dell’art. 18 del Trattato sull’Ue (Tue), l’Ar è nominato dal Consiglio europeo a Maggioranza qualificata in accordo con il presidente della Commissione. L’Ar presiede il Consiglio dell’Ue in formazione Affari esteri, nominando a sua volta il presidente del Comitato politico e di sicurezza, e le presidenze dalla maggior parte dei gruppi di lavoro del Consiglio che si occupano di materie riconducibili alle relazioni esterne (le altre presidenze del Consiglio spettano alla presidenza di turno dell’UE, v. Presidenza dell’Unione europea). In aggiunta – questa la principale differenza rispetto al passato – l’Ar è, ex officio, uno dei vicepresidenti della Commissione (Vp). Quest’ultimo incarico obbliga l’Ar nominato dal Consiglio europeo a partecipare alle audizioni del Parlamento europeo previste per i commissari designati, prima del voto di approvazione collettivo a cui sono soggetti i membri della Commissione dinanzi al Parlamento.

In qualità di presidente del Consiglio Affari esteri, l’Ar ne conduce i lavori con la possibilità di sottoporre al Consiglio questioni, iniziative e proposte riguardanti la Pesc e la Politica di sicurezza e di difesa comune (Psdc). L’Ar rappresenta l’UE nei riguardi delle materie Pesc/Psdc, e conduce il dialogo politico con terzi, esprimendo le posizioni dell’Ue (laddove presenti), e assicurando il coordinamento tra gli Stati membri in seno alle organizzazioni e conferenze internazionali. Al fine di sostenere un raccordo tra gli orientamenti strategici del Consiglio europeo e le decisioni operative del Consiglio, l’Ar prende parte ai vertici europei.

Come vicepresidente della Commissione, l’Ar è responsabile del settore relazioni esterne e del coordinamento degli altri aspetti dell’azione esterna che fanno capo a questa istituzione (ovvero tutte le politiche da essa condotte che hanno una proiezione esterna, come ad esempio la cooperazione allo sviluppo).

Per quanto riguarda i rapporti con il Parlamento europeo, l’Ar/Vp, nella veste di Alto rappresentante, è tenuto a consultarlo regolarmente in merito ai principali aspetti e alle scelte fondamentali della Pesc/Psdc. All’Ar spetta di tenere informata la Camera sull’evoluzione di tali politiche, e di prendere in considerazione le opinioni del Parlamento, che può a sua volta rivolgergli interrogazioni e raccomandazioni. Agendo come vicepresidente della Commissione, l’Ar/Vp è soggetto agli obblighi e alle procedure che regolano il funzionamento di quest’ultima, tra cui la responsabilità collettiva davanti al Parlamento e una sua possibile mozione di censura, con conseguenti dimissioni di tutti i membri della Commissione. In tal caso, all’Ar/Vp sarebbe richiesto di dimettersi esclusivamente dalla carica di vicepresidente della Commissione, potendo continuare a esercitare le funzioni che gli derivano dall’essere Alto rappresentate (ad es. presiedere il Consiglio Affari esteri).

Nell’esecuzione delle sue funzioni l’AR è assistito dal Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), di cui è a capo, insieme alle agenzie dell’UE che si occupano di materie riconducibili alla PESC/PSDC: l’Agenzia per la difesa europea, il Centro satellitare dell’UE, e l’Istituto dell’UE per gli studi sulla sicurezza.

L’origine e le ragioni di una figura istituzionale sui generis

L’idea di dotare l’UE di un Alto rappresentante nasce di fronte allo sviluppo di una politica estera comune, e alla necessità di dotare l’Unione di una rappresentanza istituzionale più stabile, in grado di rispondere alle difficoltà che gli interlocutori internazionali trovavano nell’identificare un’univoca figura istituzionale di riferimento per il dialogo politico. Infatti, il compito di rappresentare l’UE per le materie che rientravano nella PESC fu inizialmente assegnato alla presidenza rotatoria che, cambiando ogni sei mesi, non riusciva ad assicurare la necessaria continuità (nei lavori e nelle persone) che si richiede a una rappresentanza politico-diplomatica. Per risolvere questa debolezza, il Trattato di Amsterdam affiancò alla presidenza di turno il Segretario generale del Consiglio nella veste di Alto rappresentante per la PESC (da qui il soprannome giornalistico Mr. Pesc, carica assunta sin dalla sua nascita da Javier Solana), a cui era richiesto di assistere la Presidenza contribuendo alla preparazione, formulazione, e attuazione delle decisioni politiche, conducendo ove richiesto un dialogo politico con terzi, e collaborando con la Commissione (in particolare con il Commissario per le relazioni esterne).

Tuttavia, è proprio nei riguardi del coordinamento richiesto tra la PESC e le politiche comunitarie che l’operato dell’Alto rappresentante per la PESC mostrò dei significativi limiti istituzionali. A differenza di ciò che avviene negli Stati membri, nell’UE, le azioni riconducibili alla costituzione di politica estera sono divise tra la Commissione e il Consiglio, che operano con organi e procedure decisionali differenti. In breve, la Pesc/Psdc, politica intergovernativa che vede principalmente coinvolti nei processi decisionali gli Stati membri riuniti nei due Consigli, è solita occuparsi di questioni definite di “alta politica estera”, dalle crisi diplomatiche alle missioni civili o militari. Le politiche comunitarie con proiezione esterna, affidate alla Commissione sotto la supervisione del Parlamento e del Consiglio, riguardano temi considerati di “bassa politica estera” quali la cooperazione allo sviluppo, l’aiuto umanitario o la politica commerciale. La coerenza tra quello che persegue e fa la Commissione attraverso le sue politiche, e ciò che decide il Consiglio nella Pesc, risulta quindi essenziale per l’efficacia dell’attivismo internazionale dell’Unione.

Sulla base di queste considerazioni – la ricerca di una maggior visibilità e razionalizzazione della rappresentanza, unita a una maggiore coerenza tra le politiche Ue –, la Convenzione che redasse il Trattato che adotta una costituzione per l’Europa (2002-2003) propose di riformare il ruolo dell’Alto rappresentate, creando un ministro degli Affari esteri dell’Ue che riunisse in un’unica persona le funzioni di Mr. Pesc e del Commissario per le relazioni esterne. A seguito dell’esito negativo dei referendum in Francia e Paesi Bassi, il Trattato costituzionale non entrò in vigore, ma le innovazione in esso contenute vennero poi inserite nel Trattato di Lisbona. Tra queste vi era anche l’istituzione del ministro degli Affari esteri, rinominato Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza (il nome venne edulcorato poiché ritenuto sensibile per la sovranità nazionale di alcuni Stati membri), ma identico in tutti gli altri aspetti.

L’Ar/Vp è oggi dotato di un doppio cappello, che lo pone “nel mezzo” dell’architettura istituzionale della politica estera dell’Ue: come Ar presiede il Consiglio Affari esteri e si occupa della Pesc/Psdc, partecipando attivamente alla sua definizione e cercando di facilitare la cooperazione tra i paesi; come VP svolge invece un’opera di coordinamento interno al collegio dei Commissari, e ha assunto le responsabilità prima detenute dal Commissario per le relazioni esterne (la Direzione generale per le relazioni esterne della Commissione è stata conseguentemente trasferita in toto nelle nuove strutture del Seae). La ratio di questo posizionamento è chiara: rafforzare la coerenza della politica estera bicefala dell’UE, supervisionando sia la Pesc che le politiche comunitarie. All’Ar/Vp è perciò richiesto un lavoro di coordinamento e shuttle diplomacy interistituzionale. Nel concreto, questo doppio cappello permette all’Ar/Vp di condurre negoziazioni a nome dell’Ue – come avvenuto per l’accordo sul programma nucleare iraniano, materia Pesc – attuando al contempo la revisione di una politica comunitaria – è il caso della Politica europea di vicinato, gestita dalla Commissione. Nel 2016, significativa è stata la pubblicazione da parte dell’Alto rappresentante Mogherini di una Strategia globale dell’UE che, per la prima volta, offre un documento di indirizzo strategico unitario per le relazioni internazionali dell’Unione.

Nei primi anni di esistenza, l’incarico di Ar/Vp si è rivelato alquanto complesso e impegnativo, sia per l’alto numero di compiti richiesti a una sola persona (i Trattati non permettono la nomina di un vice), sia per le difficoltà quotidiane incontrate nello sviluppare la PESC e nell’accrescere la coerenza generale (su questo aspetto gli eventi internazionali succedutisi a partire dal 2011 non hanno aiutato). Questi problemi hanno generato critiche rivolte alla figura dell’Ar/Vp, accusato di non essere in grado di esercitare con efficacia tutti i compiti assegnatigli dai Trattati, di essere poco attivo e presente sulla scena internazionale, e di rimanere nell’ombra di altri attori istituzionali, quali il Presidente del Consiglio europeo o il Presidente della Commissione. A tale riguardo, è indubbia l’ampiezza del ruolo assegnato all’Alto rappresentante, la cui interpretazione personale di chi ne assume la carica può condurre a una maggiore attenzione per le prerogative in ambito PESC o per quelle relative alle politiche comunitarie. Peraltro, è doveroso ricordare che l’Ar/Vp è spesso impossibilitato ad agire in assenza di una decisione del Consiglio o della Commissione, e le funzioni di rappresentanza esterna dell’UE a esso assegnate si affiancano a quelle detenute dal presidente del Consiglio europeo (per la PESC) e dal presidente del Consiglio (per le politiche comunitarie) al livello di capi di Stato e di governo.

Lorenzo Vai (2017)

Bibliografia

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