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Brown, George

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B. (Londra 1914-Truro 1985), uomo politico britannico, vice leader del Partito laburista (1960-1970) vice primo ministro (1964-1968) e ministro degli Esteri (1966-1968) svolse un ruolo importante negli anni Cinquanta e Sessanta nel determinare l’orientamento del Regno Unito e soprattutto del Partito laburista verso l’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, Metodo della) e la Comunità economica europea. Il suo impegno a favore della partecipazione britannica si sviluppò originariamente quando era delegato all’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa. In seguito avrebbe sostenuto la causa dell’ingresso britannico nella CE principalmente per motivi politici. Sarebbe corretto descriverlo come un federalista (v. Federalismo), sebbene lui stesso non si sarebbe definito tale.

B. divenne vice leader del Partito laburista in un momento in cui all’interno del partito vi erano profonde divisioni tra fazioni di sinistra e di destra. Hugh Gaitskell, leader a partire dal 1955, era ampiamente sostenuto dai maggiori sindacati, ma duramente contestato dalla sinistra, in particolare riguardo alla proprietà pubblica e alle armi nucleari. A partire dal 1960, Gaitskell aveva vinto su entrambe le questioni e il partito attendeva con impazienza le elezioni successive sperando di porre fine a un decennio di governo conservatore. La questione dell’ingresso britannico nella Comunità economica europea fece temere un’ulteriore divisione, soprattutto dopo la decisione del governo di perseguire tale obiettivo. Nel 1962, prima della conferenza annuale del Partito laburista, il Comitato esecutivo nazionale presentò un documento equilibrato che illustrava gli argomenti pro e contro l’ingresso. Gaitskell aprì il dibattito con un discorso convincente, nel quale sottolineava le implicazioni negative dell’Adesione. Egli prevedeva un’Europa federale, la fine della Gran Bretagna come Stato indipendente e del Commonwealth britannico e, cosa ancora più toccante, di un millennio di storia.

Il suo discorso venne accolto calorosamente da una platea focalizzata sull’unità del partito. Toccò a B. chiudere il dibattito, presentare formalmente il documento del Comitato esecutivo per la sua approvazione e soprattutto cercare di far retrocedere il partito da qualsiasi posizione dichiaratamente antieuropeista. Molto più tardi egli avrebbe scritto che quel discorso preparato in modo affrettato «deve essere stato uno dei peggiori [che egli] avesse mai fatto». Tuttavia, per coloro che lo ascoltarono e che conoscevano i retroscena, fu uno dei discorsi politici più coraggiosi. Pur riconoscendo i problemi, B. sottolineò che la Gran Bretagna era ed era sempre stata parte del continente e che l’adesione alla CEE era un obiettivo logico per «un partito internazionalista di vedute internazionali».

Dopo la morte di Gaitskell, Harold Wilson divenne dapprima leader e dopo le elezioni del 1964 primo ministro. Nelle vesti di suo vice, B. cercò costantemente di spingere sia il primo ministro che l’intero governo verso una direzione europeista. Già nel 1967, Wilson e B. visitarono le capitali dei sei Stati membri della CEE per valutare il possibile sostegno a una nuova candidatura britannica all’adesione. Ancor prima di quell’appuntamento, B. ebbe un incontro privato con il presidente Charles de Gaulle per tastare il terreno e trovare il modo di aggirare la sua opposizione all’adesione britannica.

Dopo aver abbandonato l’incarico governativo, B. venne coinvolto in un’altra importante iniziativa britannica conseguente a una riunione di Federal Trust, per la quale John Pinder aveva preparato un importante documento in cui auspicava una politica europea più radicale. Il piano era di aggirare l’opposizione di de Gaulle attraverso la proposta di una Comunità politica europea che a tempo debito si sarebbe fusa con la Comunità europea. B. si recò in visita nelle capitali europee insieme a federalisti britannici di spicco per esplorare le varie possibilità. Ci furono riunioni molto importanti a Roma (un vero e proprio incontro di grandi personalità) con Altiero Spinelli e Pietro Nenni, che di lì a poco sarebbe diventato ministro degli Esteri.

Dopo questo viaggio B. avanzò formalmente la proposta durante una riunione della Camera dei Comuni. Secondo il progetto, la Comunità politica avrebbe avuto poteri consistenti, il Parlamento europeo avrebbe avuto un controllo effettivo sul policy-making, il veto nazionale sarebbe stato eliminato e Consiglio dei ministri e Parlamento avrebbero congiuntamente controllato una Commissione esecutiva (v. anche Commissione europea). Fu senza dubbio la proposta più federale mai avanzata da una figura politica britannica di alto profilo, che non aveva più incarichi governativi, ma una serie di contatti importanti nell’ambiente politico e governativo. Dietro le quinte, i negoziati aprirono la strada a una dichiarazione congiunta anglo-italiana che sarebbe stata rilasciata durante la visita a Londra del presidente italiano Saragat e del suo ministro degli Esteri Nenni. La dichiarazione non si concretizzò; contemporaneamente alla sua preparazione giunse la notizia delle dimissioni di de Gaulle; la strada era quindi sgombra per una riapertura più ortodossa dei formali negoziati per l’adesione britannica alla CEE. B. rimane nella storia come il più impegnato a favore dell’integrazione europea tra tutti i ministri degli Esteri britannici del dopoguerra e forse l’unico vero federalista.

Stanley Henig (2010)