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Calvo Serer, Rafael

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C.S. (Valencia 1916-Madrid 1988), studia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Valencia, diventando nel 1935 presidente della Federación regional de estudiantes católicos. L’anno successivo conosce a Madrid José María Escrivá de Balaguer ed entra nell’Opus Dei. Una provvidenziale malattia dalla quale pare essere colpito lo toglie dalla scena nei difficili mesi in cui infuria la guerra civile, periodo che trascorre in ospedale. Alla fine delle ostilità riappare a Valencia, dove, nel 1939, si laurea, addottorandosi l’anno dopo a Madrid con una tesi su Menéndez Pelayo e la decadenza spagnola. Nel 1942 vince la cattedra di Storia universale moderna e contemporanea presso l’Università di Valencia. Sono gli anni in cui, secondo alcuni storici, l’Opus Dei persegue un preciso programma di espansione accademica. Dal 1943 C.S. soggiorna per qualche tempo in Svizzera dove entra in contatto, per indicazione dell’Opus, con Juan di Borbone, che nel 1945 diffonde da Losanna un manifesto nel quale auspica il ritorno della monarchia nel paese iberico. Rientrato in Spagna alla fine del 1945 si trasferisce a Madrid dove gli viene istituita la prima cattedra di Storia della filosofia spagnola e Filosofia della storia. Nel 1948, dopo un anno trascorso a Londra come vicedirettore dell’Istituto spagnolo, entra a far parte della redazione di “Arbor”, pubblicazione del Consejo superior de investigaciones científicas (CSIC).

Nel 1949 C.S. pubblica, presso la neonata casa editrice Rialp, legata all’Opus, il suo primo libro, España sin problema, con il quale ottiene il Premio nacional de literatura. Si tratta della replica al libro di Pedro Laín Entralgo, España como problema, uscito lo stesso anno. In quel periodo C.S. era uno degli intellettuali di punta del franchismo e la tesi di fondo del volume si può riassumere nella convinzione che a partire dal 1939 la Spagna non rappresentasse più un problema poiché il regime di Franco aveva posto fine a quella conflittualità permanente che sino a quel momento ne aveva caratterizzato tanto profondamente la storia. Questo assunto non era naturalmente privo di conseguenze sul piano internazionale, dato che in fondo il suo progetto culturale e politico era quello di rivitalizzare il cattolicesimo spagnolo per innervare con esso la cristianità europea colpita dai processi di secolarizzazione. Una rinascita che faceva leva sul pensiero tradizionale spagnolo rappresentato al massimo livello da Menéndez Pelayo e sulla “crociata” combattuta nel 1936-39, contro i presunti cedimenti del pensiero europeizzante di José Ortega y Gasset, Xavier Zubiri e Gregorio Marañón. Di conseguenza la nuova Spagna non avrebbe più dovuto assumere a modello altri paesi europei, bensì preoccuparsi soltanto di giocare un ruolo importante nel continente, poiché, secondo C.S., la sua inferiorità economica era ampiamente compensata dalla superiorità culturale e, in particolare, dalla saldezza delle sue radici cristiane, intese come il miglior antidoto alla corruzione prodotta dal capitalismo e dal marxismo.

Membro del CSIC, C.S. sarà delegato del Dipartimento di relazioni culturali della Spagna con l’Europa occidentale, dirige la rivista “Arbor” e la sezione dedicata all’attualità filosofica dalla madrilena casa editrice Rialp. Su questa linea si collocano i saggi El fin de la época de las revoluciones, apparso su “Arbor” (n. 41, maggio 1949); Teoría de la Restauración (Rialp, Madrid 1952); La configuración del futuro (Rialp, Madrid 1953). Già meno polemiche sono le successive: Política de integración (Rialp, Madrid 1955) dove ripropone l’idea della “monarchia sociale” cattolica e autoritaria come forma naturale del governo in Spagna; La fuerza creadora de la libertad (Rialp, Madrid 1958) e Nuevas formas de democrazia y libertad (Editora Nacional, Madrid 1960). Nell’evoluzione del pensiero di C.S., che andrà via via assumendo posizioni più critiche nei confronti del regime, giocarono un ruolo di primo piano i viaggi compiuti negli anni Cinquanta in vari paesi europei, poiché in tali occasioni egli ebbe modo di constatare personalmente il loro superiore livello di sviluppo in campo economico, sociale e intellettuale. Di qui l’approdo a un tiepido europeismo, che lo avrebbe allontanato da Franco negli anni successivi, analogamente a quanto successo agli ex ministri José Larraz e Joaquín Ruiz-Giménez.

Nonostante i rapporti con Franco fossero diventati più difficili, secondo alcuni fu proprio C.S. a consigliare al Caudillo la scelta di Juan Carlos come futuro sovrano. Nel 1966 divenne presidente del Consiglio di amministrazione del quotidiano “Madrid” che contribuì a orientare verso posizioni liberali e la critica radicale del corporativismo franchista. Rompendo con i suoi collaboratori (tra i quali il finanziere legato all’Opus Dei, Luis Valls Taberner) s’impadronì poi del quotidiano che portò a 100 mila copie di tiratura nel 1969, lo stesso anno in cui pubblicò, firmandolo, un articolo dal titolo Retirarse a tempo, apparentemente rivolto a Charles de Gaulle, ma in realtà indirizzato a Franco. Chiuso d’autorità nel 1971 “Madrid” e condannato dal Tribunal de orden público, C.S. si trasferì a Parigi, dove entrò in contatto con l’opposizione antifranchista. Presso le edizioni del Ruedo Ibérico, che utilizzarono lo stratagemma di non far figurare apertamente la casa editrice, pubblicò dapprima Franco frente al rey. El proceso al regimen (1972) nel quale cerca di svincolare le responsabilità della corona da quelle del franchismo, poi La dictadura de los franquistas: 1. El “affaire” del “Madrid” y el futuro político 2. El endurecimiento y la salida (1973) nel quale si esaminano gli avvenimenti degli ultimi quattro anni della dittatura e si prospettava un programma politico per la transizione alla democrazia. In rappresentanza dei settori monarchici liberali prese parte alle trattative che portarono alla costituzione della Junta Democrática, coalizione di forze antifranchiste della quale facevano parte i comunisti di Santiago Carrillo ma non i socialisti spagnoli che venne presentata a Parigi il 30 luglio 1974.

Morto Franco, C.S. rientrò in Spagna nel giugno del 1976. I suoi ultimi lavori sono: Mis enfrentamientos con el poder, (Plaza & Janés, Barcelona 1978); La solución presidencialista (Plaza & Janés, Barcelona 1979); Eurocomunismo: presidencialismo y cristianismo (Unión Editorial, Madrid 1982. Tra gli affiliati all’Opus Dei della sua generazione C.S. fu uno dei pochi, se non l’unica personalità di qualche spicco, ad evolvere verso posizioni democratiche e antifranchiste. Su di lui, si rinvia in particolare all’intervista di J. Martí Gómez e J. Ramoneda Calvo Serer: el esilio y el reino, Laia, Barcelona 1976.

Alfonso Botti (2012)