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Frenay, Henri

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Nato il 19 novembre 1905 a Lione in un ambiente cattolico e piuttosto conservatore, F. abbracciò la carriera militare, come il padre e uno dei fratelli. Allievo della Scuola militare di Sain-Cyr (1924-1926), di stanza in Renania e poi in Oriente, seguì i corsi dell’École de guerre (1935-1937) e poi del Centre d’Études germaniques (1937-1938). Qui ebbe l’opportunità di approfondire le informazioni ricevute dall’amica Bertie Albrecht (1935) sulla realtà di una Germania ormai sottomessa al giogo nazista. Assegnato allo Stato maggiore della 17° regione militare (Tolosa), partecipò alla campagna di Francia. Fatto prigioniero, riuscì ad evadere e raggiunse, nei quadri dell’esercito dell’armistizio, il II Ufficio a Vichy, prima di chiedere di poter beneficiare di un congedo (gennaio 1941) che sancì la sua uscita definitiva dall’esercito (febbraio 1941).

Nel frattempo F. aveva gettato le basi di un movimento di resistenza, il Mouvement de libération nationale il quale, fondendosi con il movimento Libertés, in cui militavano i democratici cristiani, finirà per assumere il nome del giornale clandestino che dava alle stampe, “Combat”. Organizzato intorno a tre obiettivi principali (scontro, propaganda, informazione), questo movimento divenne abbastanza rapidamente una delle principali organizzazioni della zona sud. Confluendo nel marzo 1943 nei Mouvements unis de résistance (MUR) insieme agli altri due grandi movimenti della zona sud (Franc-Tireurs e Libération Sud), pur conservando caratteri propri, Combat ebbe rapporti complessi con il generale Charles de Gaulle e il suo rappresentante Jean Moulin, che i due viaggi a Londra di F. (settembre-novembre 1942; giugno-ottobre 1943) non furono sufficienti a dipanare.

Infatti F. riteneva che l’alleanza tra la Francia combattente e la Resistenza interna si ponesse su un piano di uguaglianza, mentre de Gaulle esigeva che i movimenti fossero subordinati a lui e che sfera politica e militare fossero separate. Malgrado questa divergenza di giudizio e gli scontri, spesso vivaci, che lo contrapposero a Jean Moulin, F. si mantenne leale nei confronti di de Gaulle. Combat, del resto, fu invitato a far parte del Conseil nationale de la résistance creato il 27 maggio 1943 e F. divenne commissario per i prigionieri, deportati e rifugiati. Assunse quest’incarico sia all’interno del Comité français de la libération nationale che si formò ad Algeri, sia nei governi provvisori guidati da de Gaulle prima dall’Algeria, poi nella Francia liberata (4 novembre 1943-21 novembre 1945).

L’incontro con Bertie Albrecht, insieme all’esperienza sconvolgente della guerra e della resistenza, contribuirono a risvegliare in F. l’interesse per le realtà politiche. Fautore di un socialismo umanista, si prodigò per trasformare una federazione di movimenti di resistenza creati nella clandestinità (il Mouvement de libération nationale, MLN) in un partito politico il cui ultimo risultato sarà l’Union démocratique et socialiste de la résistance (UDSR). Ma F. non tardò a prendere le distanze da una forma di lotta che non gli era congeniale, né per temperamento né per ideologia. Invece si impegnò con fervore nella battaglia per l’Europa. Nel novembre 1942 manifestò in una lettera al generale de Gaulle e, in seguito, negli articoli pubblicati su “Combat” la necessità di superare lo schema ormai sorpassato dello Stato nazione per creare una struttura federale (v. Federalismo). Il desiderio di evitare la replica degli errori commessi all’indomani della Grande guerra per organizzare la pace fu alla base di quest’analisi, che portò F. a schierarsi a favore di una riconciliazione franco-tedesca. A suo giudizio la guerra doveva segnare la fine dei vecchi nazionalismi per favorire la nascita di un’Europa unita in un mondo unito. Quindi sottoscrisse i grandi temi sviluppati dalla Dichiarazione delle Resistenze europee promossa da Ernesto Rossi e Altiero Spinelli da Ginevra (7 luglio 1944). Tuttavia rifiutò la concezione degli Stati uniti d’Europa formulata da Winston Churchill (16 settembre 1946), che ai suoi occhi aveva un duplice difetto: l’ostilità dichiarata contro l’Unione Sovietica e il rifiuto del federalismo. Coerentemente con queste premesse F. aderì quindi all’Appello ai popoli europei pubblicato il 25 ottobre 1947 dal Comitato provvisorio di studi e d’azione per gli Stati uniti socialisti d’Europa (creato nel 1947). In questo stesso spirito aderì all’Unione europea dei federalisti (UEF), fondata nel dicembre 1946, come presidente del comitato centrale (1948) e poi membro dell’esecutivo. Sostenitore dichiarato del federalismo, F. pensò allora, in un periodo in cui si stava profilando la Guerra fredda, che l’Europa doveva situarsi a una distanza uguale dal blocco sovietico e da quello americano. Riteneva anche che la sovranità degli Stati europei, «parola svuotata di qualsiasi contenuto reale», rischiava di «mascherare le vie per il loro asservimento». Quindi si adoperò per far accettare l’idea federale al Consiglio d’Europa, portando avanti un’azione discreta o esplicita di lobbiyng. Partecipando al Comitato di iniziativa per l’Assemblea costituente, F. cercò anche d’imporre l’idea di Assemblea costituente affinché l’Europa si dotasse di un proprio potere politico (1952). All’epoca delle dispute sulla Comunità Europea di Difesa (CED), si schierò a favore dell’esercito europeo per motivi che nondimeno erano lontani – e lo allontanarono – dalle sue convinzioni federaliste. Violentemente ostile all’Unione Sovietica, di cui denunciò i progetti egemonici, di fatto F. si spostò verso posizioni atlantiste che lo portarono a privilegiare il riarmo tedesco e l’alleanza con Washington piuttosto che la costruzione di un’Europa federale e socialista. Questa nuova posizione provocò sconcerto fra i suoi amici, tanto più che F., nel 1958, si riavvicinò a de Gaulle. Il suo sostegno a un uomo che molti consideravano l’avversario dichiarato dell’Europa e del federalismo finì per isolarlo dai suoi compagni europeisti, inducendolo a disertare l’arena politica. Riallacciando i rapporti con i suoi compagni socialisti si candidò alla carica di deputato sotto la bandiera della Section française de l’internationale ouvrière (SFIO) nella circoscrizione di Jacques Duclos (1958), ma fu battuto dal candidato gollista. Dopo questa sconfitta F. abbandonò definitivamente la politica dimettendosi nel 1959 sia dall’UEF che dal Movimento federalista europeo (MFE). A questo punto decise di impegnarsi nel settore privato e in seguito, ormai alla vigilia della pensione, si dedicò a raccontare il suo passato nella Resistenza (La Nuit finira, Paris 1973) e gli umili combattenti di Combat (Volontaires de la Nuit, 1975); inoltre pubblicò un’opera molto controversa dal titolo L’enigme Jean Moulin (1977). Morì nel 1988.

Olivier Wieviorka (2010)

Bibliografia

Belot R., Henri Frenay, de la Résistance à l’Europe, Le Seuil, Paris 2004.

Cordier D., Jean Moulin. La République des Catacombes, Gallimard, Paris 1999.

Frenay H., La Nuit finira, Robert Laffont, Paris 1973.