Havel, Václav

image_pdfimage_print

Figlio di un importante uomo d’affari, H. (Praga 1936) non può terminare gli studi superiori a causa del governo comunista. Per quattro anni, mentre svolge il suo apprendistato come tecnico in un laboratorio chimico, frequenta corsi serali presso una scuola di indirizzo classico. A diciannove anni comincia a pubblicare articoli e brevi scritti in riviste letterarie e teatrali. Essendogli preclusi gli studi umanistici a causa delle sue origini borghesi, si iscrive a un’università tecnica dove studia per due anni.

Dopo aver concluso il servizio militare lavora come macchinista prima nel Teatro ABC e in seguito, dal 1960, nel Teatro alla Balaustra. In quest’ultimo periodo scrive i suoi primi testi teatrali, tra cui Festa in giardino (1963), senz’altro il più importante perché testimonia le tendenze fortemente innovatrici della cultura e della società ceche negli anni Sessanta. Questo processo culminerà nella cosiddetta “Primavera di Praga” del 1968. In questo periodo H. partecipa alla vita pubblica e culturale come portabandiera delle concezioni democratiche e liberali della cultura e della società ceche. Nella seconda metà degli anni Sessanta vengono rappresentati i suoi testi teatrali successivi, L’avviso (1965) e Difficoltà di concentrazione (1968).

Dopo l’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe sovietiche, che mette fine al risveglio della “Primavera di Praga” guidato dal leader politico Alexander Dubček, H. rimane fedele alle sue convinzioni, e di conseguenza la pubblicazione dei suoi scritti teatrali in Cecoslovacchia viene vietata. Nel 1974 lavora anche come operaio in una fabbrica di birra. Da questo momento comincia a diventare noto all’opinione pubblica internazionale come rappresentante dell’opposizione intellettuale cecoslovacca. Protesta contro la vasta repressione che segna gli anni della “normalizzazione”, e la lettera aperta inviata al Presidente della Repubblica Gustav Husak nel 1975, in cui H. indica le condizioni critiche in cui versa la società e le responsabilità del regime al potere ha un’ampia risonanza. Nel 1977 è uno dei cofondatori e uno dei primi tre portavoce dell’iniziativa “Charta 77”. È anche membro del Comitato per la difesa dei cittadini perseguitati ingiustamente, fondato da un gruppo di firmatari della “Charta 77”. Queste attività gli aprono per tre volte le porte della prigione, dove H. trascorre complessivamente quasi cinque anni. Di straordinaria importanza in questo periodo è il saggio Il potere dei senza potere (1978), in cui H. analizza l’essenza dell’oppressione totalitaria comunista e descrive gli strumenti e i meccanismi usati dal regime comunista per creare una società impotente e rassegnata, composta di individui timorosi e moralmente corrotti. L’impatto di questo scritto oltrepassa l’ambito del dissenso cecoslovacco, influenzando i movimenti di opposizione anche negli altri paesi socialisti.

Nel novembre 1989 H. è uno dei fondatori del Forum civico, un’associazione che riunisce movimenti di opposizione civile e iniziative democratiche. Ponendosi a capo del forum sin dalla sua nascita, H. diventa una delle figure chiave della “rivoluzione di velluto”. Nel mese di dicembre viene eletto Presidente della Repubblica fino alle elezioni parlamentari che si sarebbero tenute nel paese. Il Parlamento liberamente eletto lo riconfermerà alla presidenza della Cecoslovacchia nel luglio 1990 per altri due anni. Nel ruolo di Presidente della Repubblica H. assume una posizione neutrale sul piano politico e territoriale e viene considerato come un’autorevole elemento di integrazione sulla scena politica, anche per le questioni relative alle unità costituenti la federazione cecoslovacca. Di fatto H. è una presenza molto forte dietro le quinte, nel suo tentativo di migliorare i rapporti fra slovacchi e cechi e di mantenere unita la federazione. Si astiene dal prendere parte al processo politico del “divorzio di velluto” ed è apertamente critico nei confronti dei principali promotori di quest’iniziativa, Václav Klaus e il primo ministro nazionalista slovacco Vladimir Mečiar.

H. è stato anche la principale figura politica di riferimento nelle relazioni internazionali del suo paese, e si è adoperato per rendere la Repubblica Ceca parte dell’Europa e della più ampia comunità globale. In politica interna è stato l’iniziatore delle trasformazioni democratiche nell’amministrazione del paese e dell’avanzamento della democrazia nella società ceca. È stato ed è un fermo difensore della responsabilità civile sia nella società che nella vita politica.

H. si dimette dalla presidenza della Repubblica Cecoslovacca nel 1992, motivando la sua decisione con la consapevolezza di non poter più adempiere agli incarichi che gli erano stati assegnati prestando giuramento di fedeltà alla Repubblica Ceca e Slovacca in un modo che corrispondesse alle sue convinzioni, alle sue inclinazioni e alla sua coscienza. Dopo le dimissioni dalla presidenza della Repubblica lascia la vita politica per due mesi. Nel settembre 1992 viene convinto a tornare alla presidenza della Repubblica, ma pretende che la posizione presidenziale sia rafforzata sul piano istituzionale. Negozia quindi un accordo con il governo sui poteri presidenziali: in primo luogo, il presidente sarà eletto da entrambe le Camere del Parlamento; in secondo luogo, il Parlamento non potrà revocare il presidente; in terzo luogo, il presidente potrà sciogliere il Parlamento; infine, il presidente potrà rinviare le leggi al Parlamento per eventuali revisioni. Questo non sarà l’ultimo intervento di H. negli affari costituzionali dello Stato. Un esempio analogo, nel 2000, è la sua presa di posizione a favore della salvaguardia dell’indipendenza della Banca nazionale ceca contro il crescente controllo esercitato dall’esecutivo. H. sottolinea con insistenza che il governo non deve interferire con la responsabilità presidenziale nella nomina dei governatori del consiglio della Banca nazionale ceca. Il governo ritiene che l’indipendenza dei governatori conferisca alla Banca centrale un’indebita influenza sulla politica economica del governo. H. considera suo dovere tutelare la struttura costituzionale dello Stato e limitare la libertà d’azione dell’esecutivo. Nel gennaio 1993 viene eletto dal Parlamento primo Presidente della Repubblica Ceca. Nel 2003 gli succede Václav Klaus.

Considerando l’eredità politica che ha lasciato, H. non è stato soltanto l’architetto dello Stato ceco, colui che l’ha guidato nella “rivoluzione di velluto” e nel “divorzio di velluto”, ma si è distinto anche per il suo impegno internazionalista. È rimasto una forza trainante per l’ingresso del suo paese nell’Unione europea e il suo inserimento nelle organizzazioni internazionali. Ha creduto fermamente che un’Europa integrata sul piano economico e politico fosse una struttura di riferimento naturale per lo sviluppo ulteriore dello Stato ceco. Ha fortemente sostenuto l’europeizzazione della società civile (v. anche Società civile organizzata) e la creazione di una Costituzione europea. Si è sempre dichiarato un federalista (v. Federalismo), tuttavia le sue opinioni sull’Europa hanno subito un’evoluzione. Al suo ottimismo sulla possibilità che la Cecoslovacchia “trovasse casa” in Europa si è frapposto il lungo processo burocratico della preadesione e i passi inizialmente limitati intrapresi dall’Unione europea per includere i paesi ex comunisti. Inoltre era evidente una chiara asimmetria di potere. Quando fu raggiunto un accordo sulla tabella di marcia dell’Allargamento, la fiducia di H. si rafforzò. Convinto sostenitore della transnazionalità, egli rifiutava il principio di uno Stato nazione caratterizzato sul piano etnico. Comunque continuerà a mantenersi scettico sulle Istituzioni comunitarie e sull’élite europea. In questo contesto, vedeva provenire la minaccia maggiore all’unificazione europea non dai nazionalisti ma dai democratici, che restavano indifferenti o denotavano uno scarso impegno nei confronti degli obiettivi comuni europei (v. Bugge, 2003, p. 186).

H. si è definito la coscienza non partigiana della nazione ceca. Questa posizione l’ha portato in conflitto con altre figure di spicco della politica ceca negli anni Novanta, in particolare con Václav Klaus. Questi scontri il più delle volte sono scaturiti dall’atteggiamento critico di Klaus nei confronti del coinvolgimento del presidente H. nella politica costituzionale e del suo desiderio di promuovere quella che ha definito una “politica impolitica”, cioè l’imparzialità di specifici attori dello Stato che per la carica che ricoprono devono essere indipendenti. H., infatti, ha recentemente criticato la politicizzazione della carica presidenziale da parte del suo successore Klaus.

Sull’Europa la filosofia di H. è stata opposta a quella di Klaus, specialmente quando si è avvicinata la prospettiva dell’ingresso nell’Unione. Mentre il primo vedeva l’adesione come un’accettazione della Repubblica Ceca nella famiglia europea, il secondo era scettico sull’agenda sempre più dilatata dell’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della).

L’influenza esercitata da H. sui politici che condividevano le sue opinioni è all’origine di una serie di contrasti nella vita politica ceca, che non sono cessati nemmeno dopo la scadenza del suo mandato presidenziale.

Per la sua opera letteraria e le sue attività civili, specialmente come difensore dei Diritti dell’uomo, H. ha ricevuto numerosi premi internazionali, fra cui il Pemio Erasmus (1986) e il Premio Olof Palme (1989). Inoltre è stato insignito della Legion d’Onore nel 1990 e di numerose lauree honoris causa.

Christian C. van Stolk (2007)

Bibliografia

Bugge P., Czech perceptions of EU membership: Havel vs. Klaus, in J. Rupnik, J. Zielonka (a cura di), The road to the European Union: 1, The Czech and Slovak Republics, Manchester University Press, Manchester 2003.

Keane J., Vaclav Havel: a political tragedy in six acts, Bloomsbury, London 1999.

McRae R., Resistance and revolution, Vaclav Havel’s Czechoslovakia, Carleton University Press, Ottawa 1997.

Pontuso J., Vaclav Havel: civic responsibility in the postmodern age, Rowman and Littlefield, Lanham 2004.

Wolchik S., The Czech Republic: Havel and the evolution of the presidency since 1989, in R. Taras (a cura di), Postcommunist presidents, Cambridge University Press, Cambridge 1997.