A B C D E F G H I J K L M N O P R S T U V W X Z

Papandreu, Andreas

image_pdfimage_print

P. (Chios 1919-Atene 1996) era il primogenito di Sofia Mineiko, greca di origini polacche, e di Iorgos Papandreu, autorevole esponente delle correnti liberali, nominato in quello stesso anno governatore generale dell’Egeo. Dalla prima infanzia, l’itinerario biografico di P. fu profondamente condizionato dai riflessi della vita politica nazionale, a causa del ruolo rivestito dal padre sulla scena pubblica della Grecia. Figlio di un pope ortodosso, Iorgos P. era nato nel 1880 in un villaggio rurale del Peloponneso. Malgrado le modeste origini sociali, divenne stretto collaboratore del leader liberale Eleftherios Venizelos e si affermò come una personalità di spicco delle correnti repubblicane. Nel 1920 il ritorno al potere del partito monarchico costrinse la famiglia Papandreu a lasciare Chios per trasferirsi ad Atene, dove Andreas trascorse i primi anni di vita con la madre, poiché il padre, temendo per la sua stessa incolumità fisica, si recò in esilio volontario a Istanbul.

Gli anni di formazione del giovane P. coincisero con un’epoca particolarmente travagliata nella storia della Grecia contemporanea, segnata dalla nascita e dalla tormentata vita della Repubblica, a causa di numerosi colpi di Stato militari. Tornate al governo del paese, le correnti liberali guidate da Venizelos promossero significativi processi di modernizzazione economica e sociale. In questo periodo, agitato da violenti conflitti politici, ma animato anche da profonde trasformazioni della società greca, P. frequentò il Collegio americano di Atene, dove oltre che come studente modello, si distinse per un carattere esuberante e indisciplinato. Il passaggio all’università avvenne sullo sfondo di violenti cambiamenti sia nella vita pubblica della Grecia sia in quella della famiglia Papandreu Nel 1936 un colpo di Stato monarchico-reazionario pose fine alla Repubblica, instaurando il regime dittatoriale del generale Ioannis Metaxas. Arrestato dalla polizia politica metaxista, Iorgos P. fu inviato al confino nell’isola di Santorini, ma sui rapporti tra padre e figlio pesò anche il divorzio dei genitori e la decisione del padre di convolare a nozze con una giovane e nota attrice di teatro. Iscrittosi alla facoltà di Legge dell’Università di Atene, P. abbracciò le idee della sinistra trockijsta e gli ideali dell’Internazionalismo socialista. Assieme a Cornelius Castoriadis fondò il giornale “Xekinima”. Arrestato due volte con l’accusa di aver diffuso stampa sovversiva, subì maltrattamenti e torture in carcere. Nel 1939 decise di proseguire gli studi negli Stati Uniti.

Sbarcato oltreoceano si ammalò di tubercolosi, ma per ottenere la cittadinanza americana riuscì ad arruolarsi come volontario nella Marina statunitense, dove rimase per trenta mesi. Ripresi gli studi di economia e filosofia a Harvard, nel 1943 ottenne prima il dottorato e poi la libera docenza. Iniziò una brillante carriera accademica come professore associato nell’università del Minnesota (1947-50) e poi a Berkeley, in California, dove nel 1956 fu nominato capo del prestigioso dipartimento di Economia. Pubblicò autorevoli studi di economia, quali Competitions and its regulation (1954) e Economics as science (1958). Inoltre, si avvicinò alle fila del partito democratico sostenendo la candidatura di Adlai Stevenson contro Dwight Eisenhower nelle elezioni presidenziali del 1952. Nel 1961, dopo ventidue anni trascorsi negli USA, decise di tornare in Grecia per raccogliere l’invito del primo ministro Konstantinos Karamanlis, leader delle destre al governo del paese, di dirigere il neocostituito Centro di ricerca economica di Atene. L’impegno accademico rappresentò il trampolino di lancio per il debutto nella vita politica greca. Consulente della Banca nazionale di Grecia, nel 1962 con la pubblicazione di un autorevole saggio, intitolato A Strategy for Greek economic development, P. intervenne nel dibattito sui grandi problemi economici e sociali del paese. Nel 1963 divenne membro ufficiale dell’Unione di centro, la formazione politica fondata dal padre.

Oratore carismatico, P. si impose dagli esordi della sua carriera politica come una personalità magnetica, capace di stabilire un filo diretto con la massa dei suoi elettori. Eletto deputato nel 1964, a seguito della vittoria elettorale dell’Unione di centro, fu nominato ministro della Presidenza del Consiglio e poi ministro supplente per il Coordinamento dell’attività di governo, nell’esecutivo presieduto dal padre. Nel corso della legislatura di centro, il suo impegno fu volto a favorire la piena democratizzazione delle istituzioni e della società, in un paese in cui dopo la fine della guerra civile (1946-1949) il sistema politico interno era rimasto bloccato in un regime di democrazia limitata. Denunciò l’esistenza del parakratos, il “doppio Stato”, costituito dagli apparati del potere politico, collegati ai servizi segreti e agli ambienti militari che sfuggivano al controllo democratico del parlamento. In questo periodo maturò il progressivo distacco di P. dalle correnti moderate dell’Unione di centro, eredi della tradizione venizelista. Per un verso, egli sollecitò posizioni più coraggiose in tema di politiche sociali, e, per altro, sollevò il tema dei rapporti con gli Stati Uniti, secondo una linea politica sintetizzata nello slogan “alleati sì, satelliti no”. Nel 1964 il quotidiano “Eleutheria” (Libertà), vicino agli ambienti moderati dell’Unione di centro, lanciò violente accuse nei suoi confronti, alludendo a un suo coinvolgimento in scandali finanziari. Costretto ad abbandonare gli incarichi di governo, P. coagulò il consenso dei gruppi di centro-sinistra dentro l’Unione di Centro contrapponendo all’“equilibrio fisso” della Guerra fredda, ossia al principio di un’indiscussa fedeltà atlantica, l’equilibrio dinamico legato alle tre variabili di “sovranità popolare, indipendenza nazionale e progresso sociale”. Riottenuto l’incarico al ministero per le attività di Coordinamento, fu subito coinvolto in un nuovo e più grave scandalo politico, il cosiddetto caso Aspida (in greco “scudo”). La vicenda, mai completamente chiarita, ipotizzò la partecipazione di P. in un progetto golpista ordito da ufficiali vicini alle correnti politiche di centro-sinistra. La grave crisi politico-istituzionale che ne scaturì portò alle dimissioni di Iorgos P. dalla carica di primo ministro e alla scissione della corrente di centro-destra dall’Unione di centro. In un’atmosfera infuocata da mobilitazioni popolari e da gravi disordini (i cosiddetti “eventi di luglio” paralizzarono Atene per più di un mese), P. rivendicò la riforma dell’esercito e la fine dell’ingerenza straniera nella vita politica nazionale. Una violenta campagna stampa lo bollò alla stregua di un sovversivo filocomunista e nel febbraio 1967 la magistratura lo iscrisse tra gli imputati del processo Aspida. Ma il 21 aprile dello stesso anno il colpo di Stato dei colonnelli aprì un nuovo drammatico scenario nella vita politica della Grecia.

Arrestato nelle ore immediatamente successive al putsch militare, P. rimase in un carcere di massimo isolamento fino al dicembre 1968, quando, anche in seguito alle pressioni esercitate dall’establishment accademico americano e dal presidente Lyndon Johnson, fu rimesso in libertà con un provvedimento di grazia emanato dalla giunta militare. Un mese prima i funerali di Iorgos P. si erano trasformati in una manifestazione di resistenza popolare al regime dei Colonnelli: la folla, prima di essere dispersa dalla polizia, aveva invocato Andreas, considerato il leader naturale dell’opposizione democratica. Scelta la via dell’esilio politico, P. fondò il Movimento di resistenza panellenica (Panellinio apeleutherotiko kinima, PAK), con sede a Stoccolma e Toronto. Sulla scia delle suggestioni terzomondiste, impostò la resistenza al regime dei Colonnelli all’insegna di una “lotta antimperialistica dei paesi mediterranei”, teorizzando anche il ricorso alla lotta armata. L’opposizione alla dittatura militare fu chiaramente connotata nel senso di un sempre più spiccato antiatlantismo: l’abolizione del regime dei colonnelli e della monarchia avrebbe dovuto coincidere con l’uscita del paese dall’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e la fine dell’ingerenza degli Stati Uniti nella vita politica greca. Più controverso, invece, si rivelò il rapporto con l’Europa: da un lato, i vertici della Comunità economica europea (CEE) furono apertamente accusati di condurre, a seconda dei casi, una politica di colpevole indifferenza o di sostegno attivo nei confronti della giunta militare; dall’altro, il progetto di un socialismo democratico fu auspicato nella prospettiva di una futura integrazione della Grecia in Europa.

Nel luglio 1974, quando al crollo della giunta dei colonnelli seguì la formazione di un governo di unità nazionale presieduto da Konstantinos Karamanlis rientrato dall’esilio a Parigi, P. denunciò il cambiamento di regime politico alla stregua di un’operazione di facciata. Recatosi in Grecia solo a distanza di un mese dalla fine della dittatura, formulò l’orientamento politico che avrebbe mantenuto nella seconda metà degli anni Settanta, durante il periodo di transizione verso la democrazia, il quale intrecciava i motivi dell’antiamericanismo a quelli dell’antieuropeismo. Inesauribile inventore di slogan politici, coniò il celebre motto “CEE e NATO stesso sindacato”. Il nuovo partito, nato dalla fusione del PAK con il gruppo della Difesa democratica, fu rinominato Movimento socialista panellenico (Panellinio sosialistiko kinima, PASOK). Nel celebre discorso di fondazione del 3 settembre 1974, P. riprese le parole d’ordine della sovranità popolare e dell’indipendenza nazionale, collocandole nella nuova cornice della “degiuntificazione” del paese. Non mancarono accenti di spiccato populismo nazionalista, emersi soprattutto in occasione della crisi cipriota. Alle elezioni del 1974 il PASOK ottenne solo il 13,58% dei voti.

L’Europa fu uno dei due terreni privilegiati da P. nella costruzione di un’alternativa politica al governo di Konstantinos Karamanlis. L’altro fu rappresentato dalla democratizzazione interna del paese. Abbandonato il radicalismo delle origini, il PASOK si orientò su posizioni più concilianti, non rinnegando il processo di integrazione della Grecia nella CEE avviato con il trattato del 1961. Il problema non era più se entrare in Europa, ma a quali condizioni. Ritenendo che la Grecia, in quanto paese periferico, sarebbe stata condannata a uno sviluppo subordinato alle politiche economiche dei grandi, P. rivendicò per il proprio paese uno special agreement per una gestione autonoma del commercio internazionale dentro e fuori la CEE. Sancita la “via democratica al socialismo”, la connotazione populista del PASOK fu rafforzata dal “patto con il popolo” del 1981. Sull’onda di una rapida crescita elettorale (25% nel 1977, 48% nel 1981) la “veloce rotta verso il potere” culminò nella formazione del primo governo di orientamento socialista nella storia della Grecia. La trasformazione del PASOK da partito di opposizione a partito di governo fu compiuta all’insegna di una gestione verticistica del confronto politico interno all’organizzazione, i cui metodi comportarono l’espulsione della metà dei membri del gruppo dirigente originario.

Primo ministro dal 1981 al 1985, P. inaugurò una stagione di importanti riforme, varando, in assenza di un preesistente sistema di welfare, le prime misure per un sistema sanitario pubblico, la riforma della pubblica istruzione, l’istituzione di nuove facoltà universitarie, la legalizzazione del diritto di sciopero. Promosse il decentramento; la parità dei diritti tra uomo e donna e la riforma del diritto di famiglia; il riconoscimento pubblico del contributo dato dal movimento della Resistenza antifascista alla liberazione del paese dalle forze di occupazione dell’Asse negli anni 1941-1944. In politica estera, con una sensibile attenuazione dell’antiamericanismo e dell’antieuropeismo delle origini, il governo P. giunse a un accordo di compromesso per la permanenza delle basi NATO in territorio greco. Nel 1982 ratificò il trattato (v. anche Trattati) per l’ingresso definitivo della Grecia nella CEE e, con i Programmi integrati mediterranei, favorì l’ingresso in Europa della Spagna e del Portogallo. In risposta alla politica dello “scudo stellare” promossa dal presidente Ronald Reagan, P. si fece interprete di una politica di distensione internazionale, proponendo di trasformare i Balcani e la Scandinavia in una zona denuclearizzata e assumendo, assieme ai capi di Stato dei paesi non-allineati, la cosiddetta “iniziativa dei Sei” per il disarmo. Nel 1983 siglò un accordo decennale di mutua collaborazione con l’Urss.

Nel 1985, forte di un consenso elettorale del 46%, P. fu rieletto primo ministro. La seconda legislazione socialista si aprì all’insegna della crisi economica, acuita dall’aumento della spesa pubblica nei quattro anni precedenti, ma dal punto di vista dell’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della) ratificò il definitivo consolidamento delle relazioni tra Atene e Bruxelles. Il PASOK rivendicò il merito di aver portato la Grecia in Europa, presentando il bilancio dei vantaggi ottenuti dal paese dopo l’ingresso nella CEE nel 1982, mentre lo stesso P. auspicò una riforma in senso federale dell’Unione europea (UE) (v. anche Federalismo). Nel 1988 il premier greco, su pressione del Consiglio d’Europa, approvò il pacchetto Delors (v. Delors, Jacques) per il risanamento dell’economia ellenica. Ma in quello stesso anno, un’ondata di scandali finanziari travolse il governo socialista, mentre una grave malattia costrinse P. a prolungate assenze dagli incarichi pubblici. Ricoverato d’urgenza negli USA per un delicato intervento al cuore, egli fece ritorno in Grecia con la nuova compagna, la hostess Dimitra Liani, che conquistò un ruolo di primo piano sulla scena pubblica e fu nominata capo dell’ufficio politico di P. Quest’ultimo, malgrado i gravi problemi di salute, riuscì a risollevarsi dalle accuse di illeciti finanziari che lo avevano colpito personalmente assieme a numerosi altri esponenti del PASOK.

Dopo la crisi di governo e le tre tornate elettorali susseguitesi nel 1989, il nuovo governo di centrodestra, guidato dalla Nuova democrazia, ottenne il voto favorevole del parlamento per l’autorizzazione a procedere nei confronti di P., grazie all’appoggio decisivo offerto dall’estrema sinistra. Ma nel 1993, assolto dalle accuse di corruzione e di intercettazioni telefoniche illegali, P. fu nominato per la terza volta capo del governo. Gli ultimi anni della sua carriera politica offrirono un’ennesima combinazione tra radicalismo e moderazione. Nel primo semestre del 1994 la Grecia assunse la Presidenza dell’Unione europea, ultimando le procedure d’ingresso di Austria, Finlandia, Norvegia e Svezia, mentre la visita ufficiale di P. a Washington smorzò gli ultimi residui di antiamericanismo. In quello stesso periodo, però, l’embargo economico deciso da Atene nei confronti della neocostituita Repubblica di Skopje aprì profondi dissidi tra il governo greco e l’Europa, attenuati solo nel 1995 con la decisione da parte della Grecia di condizionare l’approvazione degli accordi doganali tra la UE e la Turchia all’avvio delle procedure per l’ingresso di Cipro in Europa. P. tentò di conservare le redini del partito nonostante i numerosi ricoveri ospedalieri, accettando di dimettersi per motivi di salute solo il 17 gennaio 1996.

Konstantinos Kornetis (2010)