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Pires, Francisco Lucas

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P. (Coimbra 1944-ivi 1998) nel 1966 si laureò in Giurisprudenza all’Università di Coimbra e l’anno successivo iniziò a insegnare nella stessa facoltà. Quattro anni dopo conseguì un’altra laurea in Scienze politiche e in Economia. Divenne ricercatore nella sua stessa Università e in quella di Tübingen, in Germania. Nel 1989 ottenne il dottorato all’Università di Coimbra con una tesi sulla Costituzione portoghese del 1976 e nel marzo del 1997 divenne professore associato.

La sua tesi sui problemi della costituzione autoritaria portoghese richiamò l’attenzione di Diogo Freitas do Amaral, leader del partito di centrodestra Centro democratico e social (CDS), che lo invitò a esprimere il suo giudizio sul progetto costituzionale democratico del suo partito. Nel 1975 aderì al CDS diventando prima deputato e l’anno dopo vicepresidente del gruppo parlamentare. Presiedette anche le Commissioni parlamentari per gli Affari esteri e per le Autorità locali. Al congresso del CDS del 1978 venne eletto vicepresidente e sostenne l’alleanza di destra con il Partido social democrata (PSD), formazione di centrodestra contrariamente al nome. L’anno successivo fu nominato coordinatore generale dell’alleanza CDS-PSD, una carica onoraria ma pur sempre un riconoscimento della sua crescente influenza. Dal 1981 al 1982 rivestì l’incarico di ministro della Scienza e della cultura.

Nel marzo del 1983 P. succedette a Freitas do Amaral come leader del CDS. Venne considerata come la vittoria della militanza di base della campagna contro l’élite di partito della capitale, Lisbona. In questo periodo fondò un think tank di destra chiamato Gruppo di Ofir per discutere sulle principali questioni politiche. La sua nomina rappresentò una rottura con la politica di centrodestra del suo predecessore e l’affermazione di una linea politica più di destra, che dapprima P. definì liberalismo nazionale e in seguito conservatorismo popolare. I principali obiettivi erano una società liberale, una forte previdenza sociale pubblica aperta all’iniziativa privata, ma temperata da sollecitudini sociali. L’obiettivo di P. era sostituire il PSD come maggior partito di destra. A quel tempo, il PSD governava con il Partito socialista. La strategia di P. ebbe successo e sfruttò l’impopolarità di questa coalizione. Tuttavia, l’elezione di Anibal Cavaco Silva come nuovo leader del PSD, che portò allo scioglimento della coalizione, vanificò la sua strategia. Per accontentare l’ala destra del suo partito, Cavaco propose a P. una coalizione pre elettorale. Le condizioni perseguite dal PSD risultarono accettabili per i negoziatori del CDS, ma non per P., che in precedenza aveva affermato che in una coalizione PSD-CDS, il suo partito aveva il diritto di scegliere il futuro primo ministro, una richiesta sulla quale il PDS non era disposto a cedere. Pur rendendosi conto che il CDS avrebbe probabilmente subito una sconfitta elettorale, P. confidò a Cavaco Silva che non poteva creare una coalizione con un partito che da due anni criticava aspramente. Alle elezioni del 1985, il CDS perse otto deputati, scendendo a 22 seggi. Di conseguenza, P. si dimise dalla leadership del partito.

Le convinzioni europeiste che P. nutriva sin dagli anni giovanili si rafforzarono negli anni trascorsi a Tübingen. Dal 1984 al 1986 venne eletto vicepresidente dell’Unione cristiano-democratica europea. Nel 1986, venne scelto dal parlamento portoghese come membro dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e a seguito dell’Adesione del Portogallo alla Comunità economica europea (CEE), avvenuta il 1° gennaio, divenne europarlamentare e vicepresidente del Partito popolare europeo (PPE). Nel luglio del 1987 fu eletto per il CDS al Parlamento europeo. In queste elezioni europee, il CDS ottenne il 15,4% dei voti, l’11,1% in più rispetto alle concomitanti elezioni parlamentari, e la ragione di questo enorme aumento dei voti europei venne attribuita soprattutto a P. Egli condusse una campagna elettorale efficace e venne considerato dal pubblico come il politico portoghese più competente negli affari europei. Nel novembre del 1991 lasciò il CDS quando il partito assunse una posizione antieuropeista. Per giustificare questa decisione dichiarò: «Non ho cambiato partito al Parlamento europeo; è stato il CDS a essere stato escluso dal PPE. Un voto contro Maastricht è un voto contro un trattato che costituisce la (giusta) soluzione politica» (v. anche Trattato di Maastricht).

Nel 1994 P. venne rieletto al Parlamento europeo come indipendente nella lista elettorale del PSD. Il primo ministro Cavaco Silva volle estendere la lista elettorale del PSD agli indipendenti, per dimostrare l’apertura del partito in materia di affari europei e combattere l’erosione derivante da 15 anni al governo. La strategia in effetti funzionò: il PSD con P. al quarto posto della lista, praticamente raggiunse il Partito socialista, perdendo solo per lo 0,4%. Secondo Cavaco parte del quasi successo del PSD fu dovuto al prestigio che P. aveva ottenuto nel Parlamento europeo grazie alla sua competenza e al suo valore politico. Cavaco accettò persino che P. continuasse a essere membro del PPE, sebbene il PSD facesse parte del Gruppo liberale e riformista. P. aderì al PSD quando il partito entrò nel PPE nel 1997. Il 22 maggio 1998 morì colpito da un infarto mentre si stava recando all’Università di Coimbra.

P. fu autore di vari scritti sulla politica europea. Riguardo all’Europa, P. riteneva che l’Unione europea (UE) sarebbe diventata un sistema di governo federale senza dover necessariamente ricorrere a una costituzione europea (v. Pire, 1992, p. 737) (v. anche Federalismo). Sugli effetti dell’adesione portoghese all’UE, riconosceva che vi erano aspetti meno positivi: i portoghesi si sentivano più simili ai popoli delle loro ex colonie (compreso il Brasile) che a quelli dell’UE; il Portogallo era uno dei paesi più lontani da Bruxelles, un senso di distanza che era aumentato con l’Allargamento verso est; e in ultimo, il Portogallo era un paese atlantico a metà tra le periferie settentrionali e meridionali. Tuttavia, secondo P., tali caratteristiche rendevano il Portogallo unico, ma pur sempre un paese dell’Europa, con cui condivideva una storia comune, una lingua di derivazione latina e la religione cristiana. Inoltre, a suo avviso, l’Atlantico e l’Europa non erano concetti disgiunti bensì complementari. Ribadiva che l’adesione portoghese all’UE rafforzava la politica estera del paese, soprattutto nelle relazioni con gli Stati Uniti, con le ex colonie portoghesi, con il Brasile e con gli altri paesi dell’America Latina. In particolare, essa forniva il quadro di riferimento nelle relazioni con la Spagna per trovare la soluzione ai problemi comuni, permettendo a entrambi i paesi di affidarsi a Bruxelles in caso di disaccordi. In proposito citava la massima di José Ortega y Gasset, secondo cui se «il problema è la Spagna, la soluzione è l’Europa» (v. Pires, O que, 1992, p. 146).

In generale, P. riteneva che l’adesione all’UE, ben lungi dall’essere una minaccia, avrebbe garantito l’indipendenza nazionale del Portogallo di fronte alla globalizzazione. Rimanere fuori dall’organizzazione, avrebbe reso rischiosa, debole e dipendente la posizione del paese. L’adesione avrebbe invece stabilizzato la democrazia e lo sviluppo economico portoghesi, favorendo un ambiente sociale stabile. «L’Europa è un obiettivo nazionale […]. La Comunità è la nostra via di Damasco, ci rende coscienti dei problemi del mondo moderno ed è una protezione e un trampolino [per il nostro] sviluppo».

Nicolau Andresen-Leitão (2010)

Bibliografia

Pires, F. L., O que è a Europa, Difusão Cultural, Lisbona, 1992.

Pires, F. L., A camino de um constituição política europeia?, in “Análise Social”, 1992, vol. 27, n° 118/119.

Pires, F. L., Regionalização e Europa, Universidade Nova de Lisboa, Lisbona, 1996.

Pires, F. L., Amesterdão: do mercato único à sociedade europeia?, Principia, Cascais, 1999.