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Procedura di parere conforme

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Nel Trattato istitutivo del 1957 (v. Trattati di Roma) il Parlamento europeo aveva poteri meramente consultivi, che si traducevano nella sola emanazione di pareri (v. anche Parere). Allo scopo di rendere più rilevante il ruolo del Parlamento europeo nel Processo decisionale della Comunità europea (v. anche Comunità economica europea) vennero introdotte tre nuove procedure di formazione degli atti normativi, quali la procedura del parere conforme, la Procedura di cooperazione e, infine, la Procedura di codecisione.

In particolare, la procedura del parere conforme venne introdotta con l’Atto unico europeo del 1986. Esso prevede che il Parlamento europeo possa esprimere il proprio accordo o disaccordo in merito all’approvazione di determinati atti del Consiglio dei ministri. L’introduzione di tale competenza fornisce al Parlamento europeo un effettivo potere di condizionamento dell’azione del Consiglio, in quanto, grazie alla procedura in parola, l’assemblea parlamentare viene a possedere, per la prima volta, un vero e proprio diritto di veto in alcuni settori, quali gli accordi di Associazione e i Trattati di Adesione all’Unione europea. In altre parole, il Consiglio dell’Unione europea (v. Consiglio dei ministri) non può adottare l’atto se il Parlamento europeo esprime un parere negativo; il Consiglio deve ottenere il consenso del Parlamento europeo ai fini dell’adozione dell’atto. Il Parlamento europeo, nell’ambito della procedura in parola, deve deliberare a maggioranza dei suffragi espressi, secondo la regola generale enunciata all’art. 198 del Trattato istitutivo della Comunità europea (TCE) sulla base di una lettura unica. Il numero legale è raggiunto quando si trovi nell’Assemblea un terzo dei membri che compongono il Parlamento europeo (art. 149 reg. interno). In due ipotesi, cioè nel caso dell’Adesione di un nuovo Stato (art. 49 del trattato sull’Unione europea, TUE) e della Procedura elettorale uniforme (art. 190 TCE), è però richiesta la maggioranza dei membri. Inoltre, il Parlamento europeo può accettare o respingere una proposta che richieda il suo parere conforme, ma non può, in nessun caso, modificarla. In mancanza del parere conforme, come si è detto, l’atto non può essere adottato.

La procedura del parere conforme venne inizialmente prevista solo per specifiche materie che successivamente, con il Trattato di Maastricht sull’Unione europea del 1992 e il Trattato di Amsterdam del 1997 sono state sensibilmente ampliate. Oggi, la predetta procedura si applica nei seguenti casi: l’elaborazione di procedure uniformi di voto per le Elezioni dirette del Parlamento europeo (art. 190 par. 4 TCE); la creazione di un Fondo di coesione e la riforma dei Fondi strutturali (art. 161 TCE); gli accordi di associazione che prevedano particolari obblighi e diritti, misure di cooperazione o obblighi e modifiche ad atti approvati con la procedura di codecisione (art. 300 par. 3 TCE e art. 310 TCE); l’affidamento alla Banca centrale europea di compiti specifici in merito alle politiche di vigilanza degli enti creditizi e le modifiche dello statuto del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) (art. 105 TCE par. 6 e art. 107 par. 5); la procedura sanzionatoria per la violazione grave e persistente dei diritti fondamentali da parte di uno Stato (art. 7 TUE); i trattati di adesione all’Unione europea (art. 49 TUE).

Il parere conforme ha tuttavia un peso diverso nelle due ipotesi principali contemplate: nel caso degli accordi di associazione, il Parlamento europeo si pronuncia sul testo degli accordi prima della loro conclusione (art. 90 regolamento interno); nel caso delle domande di ammissione, esso è chiamato a pronunciarsi solo sull’ammissibilità o meno, cioè sulla Decisione adottata all’unanimità dal Consiglio (v. anche Voto all’unanimità) in merito alla domanda di ammissione, non sul testo dell’accordo, né sulle sue condizioni e sulle modifiche ai Trattati che esso comporterà. In realtà, l’art. 97 del regolamento interno del Parlamento prevede, comunque, che esso possa chiedere alla Commissione o al Consiglio di partecipare a una discussione prima che inizino i negoziati con lo Stato candidato, che debba essere tenuto costantemente informato sul loro andamento e, inoltre, che il progetto di accordo debba essere sottoposto al Parlamento per il suo parere conforme prima della firma.

Monica Mattone (2008)