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Codificazione dei testi legislativi

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La codificazione del Diritto comunitario – più precisamente del diritto comunitario secondario, o derivato, cioè quello creato dalla Comunità attraverso le sue istituzioni (v. Istituzioni comunitarie) – consiste nell’integrare, in un solo atto giuridico e in tutte le lingue ufficiali, un atto di base e tutte le sue modifiche successive; l’atto di base e gli atti modificativi vengono abrogati e sostituiti dal nuovo atto. La codificazione del diritto comunitario è particolarmente utile, visto il numero elevato di modifiche che quest’ultimo subisce, più di quanto avvenga nelle normative nazionali. Ogni atto comunitario è modificato in media 10 volte (nel campo agricolo si raggiunge una media di 30, e ci sono casi in cui le modifiche sono più di 70).

Il nuovo testo non opera nessun cambiamento di sostanza, ma, quando è necessario, sopprime disposizioni obsolete, armonizza termini e definizioni e corregge taluni errori minori. Quindi la codificazione non solo crea un unico testo vincolante, ma rende anche il diritto comunitario più chiaro e semplice: fornisce testi giuridicamente sicuri molto più comprensibili per gli utenti. Inoltre, riduce sensibilmente il volume del diritto comunitario secondario, mantenendone inalterata la sostanza. Gli atti codificati vanno evidentemente adottati dalla stessa autorità legislativa che ha emanato l’atto di base e le sue modifiche: così, la codificazione di atti del Consiglio europeo o, in caso di Codecisione, del Consiglio e del Parlamento europeo va adottata, su proposta della Commissione europea, da queste stesse istituzioni.

Nei primi decenni di vita della Comunità (v. Comunità economica europea), le istituzioni hanno proceduto alla codificazione progressiva, in funzione delle necessità, di varie famiglie di atti, ma, a parte le difficoltà tecniche inerenti alla preparazione della codificazione, è emersa ben presto una serie di problemi. In seno al Consiglio e al Parlamento si è talvolta cercato, durante l’esame di una proposta di codificazione, di introdurre modifiche sostanziali, prolungando così sensibilmente i lavori. Va detto anche che la materia da codificare, in una Unione in continuo sviluppo, non è mai statica e la Commissione stessa si trova talvolta a dover proporre nuove modifiche di atti già in corso di codificazione, che va quindi ricominciata.

Si sono cercati vari rimedi a queste difficoltà. In primo luogo, il 20 dicembre 1994 è stato stipulato un accordo interistituzionale tra Parlamento, Consiglio e Commissione su un metodo di lavoro accelerato per la codificazione dei testi legislativi. Tra le varie disposizioni figura l’istituzione di un gruppo consultivo incaricato di garantire che la proposta di codificazione non contenga modificazioni sostanziali. È previsto anche l’impegno del Parlamento e del Consiglio a non chiedere nessuna modificazione sostanziale e a trattare la proposta con una procedura accelerata. I risultati dell’accordo non sono stati però interamente soddisfacenti: ad esempio, non c’è stata sempre l’accelerazione voluta nei lavori nell’ambito del Consiglio. Inoltre, se una normativa in corso di codificazione viene modificata, la procedura s’interrompe e va riavviata: l’accordo interistituzionale non protegge contro questo rischio (v. Accordi interistituzionali).

In secondo luogo, si è cercato di sviluppare la “rifusione” del diritto secondario. La rifusione è una codificazione che interviene in occasione d’una modifica legislativa: in altri termini, invece di proporre una semplice modifica a un testo, la Commissione propone un nuovo testo, che riprende il testo di base modificato, e che integra egualmente le modifiche precedenti, sono qualora ve ne siano. La rifusione evita così di dover ricorrere a una codificazione ulteriore. Inoltre, qualora l’atto da modificare sia stato già codificato, la rifusione evita il rischio di perdere rapidamente i benefici della codificazione.

Infine, se la modesta accelerazione dovuta all’accordo interistituzionale rende la codificazione un po’ meno lenta e se il ricorso alla rifusione riduce il numero dei casi in cui è indispensabile, resta il fatto che si tratta di uno strumento tecnicamente complesso richiedente il ricorso alla procedura legislativa. Ci si è perciò dovuti accontentare, in molti casi, di un semplice consolidamento. Questo consiste, come la codificazione, nell’integrare in un solo testo l’atto di base e le sue modifiche successive. Il testo consolidato non ha però valore giuridico e non conduce all’abrogazione dell’atto giuridico di base e delle sue modifiche. Il consolidamento ha una funzione informativa, e svolge a tal titolo un ruolo prezioso per gli utenti del diritto comunitario. Può essere realizzato rapidamente, non dovendo rispettare la procedura legislativa. Inoltre, serve di base per la codificazione vera e propria.

Nella prospettiva dell’ampliamento del 2004, la Commissione aveva lanciato, nel novembre 2001, un’importante iniziativa volta a codificare, entro la fine del 2005, l’intero Acquis comunitario. Quest’operazione, accolta favorevolmente dalle altre istituzioni, rispondeva all’obiettivo più ampio di aggiornare e semplificare l’acquis comunitario, illustrato in una comunicazione della Commissione del febbraio 2003. Dalla fondazione delle Comunità europee, la normativa comunitaria non era infatti mai stata sottoposta a un esame esauriente della sua riorganizzazione, struttura e presentazione. Come la Commissione ricordava nella sua comunicazione del 2003, «questo corpo normativo occupava, alla fine del 2002, 97.000 pagine della “Gazzetta ufficiale”».

Coordinata con le azioni di rifusione e consolidamento, e con l’enorme sforzo di traduzione necessario per passare da 11 a 23 lingue ufficiali, l’operazione di codificazione dell’intero acquis ha segnato reali progressi, anche se i tempi sono più lunghi del previsto. Quando l’operazione sarà realizzata, ci sarà una riduzione sensibile (di varie decine di migliaia di pagine) del volume del diritto comunitario secondario. L’utilità di questo obiettivo è apparsa con evidenza quando prima 10, poi 2 nuovi Stati membri, hanno dovuto assorbire un acquis comunitario a dir poco monumentale.

Giuseppe Ciavarini Azzi (2008)