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Giacchero, Enzo

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Di famiglia cattolica di origine astigiana, G. (Torino 1912-ivi 2000) frequentò a Torino il liceo classico Massimo D’Azeglio, dove ebbe per insegnante Augusto Monti. Dopo la maturità si iscrisse al Politecnico di Torino, dove nel 1934 si laureò in ingegneria civile. Fu assistente di Gustavo Colonnetti alla cattedra di Scienza delle costruzioni fino al 1940, quando fu chiamato alle armi nel Genio ferrovieri e inviato in Albania e in Iugoslavia. Nel 1942 seguì un corso alla scuola di paracadutismo militare di Tarquinia e fu inserito nella divisione Folgore. Inviato in Africa settentrionale nella zona di El Alamein come comandante di compagnia, rimase ferito nel corso di una azione bellica e dovette subire l’amputazione di una gamba.

Risvegliatosi dall’anestesia in una tenda ospedale del deserto africano, si trovò a fianco un prigioniero inglese cui erano stati amputati i piedi. Per farsi coraggio l’un l’altro si presero per mano, confortandosi a vicenda. «Quel giorno», disse G. rievocando l’episodio alla Camera dei Deputati, «in cui ebbi una grande disgrazia, ringraziai il cielo che mi aveva dato questa grande luce di verità di comprendere che quell’uomo, che poche ore prima credevo un nemico, ora lo ritrovavo fratello per sempre» (“Atti parlamentari”, Camera dei deputati, seduta del 4 dicembre 1948, pp. 5109-5110). Fu allora che G. comprese appieno che gli europei, «nati e cresciuti nello spirito cristiano», potevano unirsi e si ripromise di fare quanto poteva per contribuire a raggiungere questo risultato.

Decorato di medaglia d’argento al valor militare, rimpatriato e congedato, dopo l’8 settembre G. prese parte attiva alla Resistenza nella VI divisione alpina “Asti”, che operò sulla riva sinistra del Tanaro. All’indomani della liberazione fu nominato prefetto di Asti, carica che detenne fino al 28 febbraio 1946, quando fu sostituito da un prefetto di carriera. La buona prova data in qualità di prefetto favorì sua elezione all’Assemblea costituente nelle file della Democrazia cristiana per il collegio Cuneo II con 21.687 preferenze.

All’Assemblea costituente l’attività di G. fu volta prevalentemente alla diffusione dell’ideale europeista. Entrato in contatto con Richard Coudenhove-Kalergi, costituì il Comitato parlamentare italiano per l’Unione europea (29 maggio 1947), di cui fu nominato presidente provvisorio. Al Comitato aderirono più di duecento parlamentari italiani di tutti i partiti rappresentati all’Assemblea costituente, ad eccezione di quello comunista. Dei socialisti nenniani aderì un solo parlamentare, Gino Pieri, che però si ritirò ben presto. G., cha aveva aderito poco prima al Movimento federalista europeo, partecipò al convegno di Gstaad (4-5 luglio 1947) durante il quale fu fondata per impulso di Coudenhove-Kalergi l’Unione parlamentare europea (UPE), di cui il Comitato parlamentare divenne la sezione italiana.

Socialisti e comunisti non avevano aderito all’iniziativa di Coudenhove-Kalergi perché la consideravano antirussa e funzionale alla politica degli Stati Uniti. In realtà, diceva G., Coudenhove-Kalergi si era rivolto esclusivamente ai parlamentari dell’Europa occidentale, in quanto l’adesione era riservata alle assemblee liberamente elette. I paesi che avevano assemblee espressione di un partito unico erano quindi automaticamente escluse. Tra questi paesi G. citava l’Unione Sovietica e i suoi satelliti, ma anche la Spagna franchista.

Dall’8 al 10 settembre 1947 G. fu ancora a Gstaad per il primo congresso dell’UPE, durante il quale fu nominato tra i vicepresidenti. Nell’occasione sostenne che proprio in Italia erano sorte le uniche due esperienze di unione europea, l’impero romano e il cristianesimo «che ancora oggi è l’unico cemento spirituale dell’Europa» (Discorso d’apertura, 8-10 settembre 1947).

Il 14 novembre 1947 G. presentò all’Assemblea costituente una interpellanza (che non venne però discussa in aula), firmata da altri 32 parlamentari di tutti i gruppi, sempre con la eccezione dei comunisti, con la quale si invitava il governo a dare rapida attuazione ai voti formulati dal Congresso di Gstaad, auspicando la rapida costituzione di una forma federale di unione europea (v. anche Federalismo). In seguito fece mettere all’ordine del giorno della Commissione esteri dell’Assemblea costituente la questione dell’Unione europea (25 gennaio 1948), sostenendo l’opportunità di procedere nella via parlamentare suggerita dall’UPE. Presentò anche una proposta al ministro delle poste per l’emissione congiunta in diversi paesi di un francobollo a favore dell’unione dell’Europa. L’iniziativa, che sarebbe stata poi attuata a partire dal 1956, non ebbe allora seguito.

Tra le altre iniziative prese da G. all’Assemblea costituente si possono ricordare la proposta di proibire agli ufficiali e ai sottufficiali dell’esercito di iscriversi a partiti politici (22 maggio 1947) e il voto contrario all’articolo che prevedeva l’intangibilità della forma repubblicana.

Alle elezioni del 1948 G. fu eletto deputato ancora per il Collegio di Cuneo II, con un numero maggiore di preferenze (39.395). Prima delle elezioni aveva sottoscritto l’impegno richiesto dal Movimento federalista europeo ad adoperarsi perché il Piano Marshall facilitasse l’unificazione politica ed economica dell’Europa e venisse convocata in tempi rapidi una Assemblea costituente europea.

Grazie alla sua intensa attività europeistica fu eletto vicepresidente del gruppo parlamentare della Democrazia cristiana e nominato segretario della Commissione esteri della Camera (11 giugno 1948). Poco dopo fu eletto presidente della sezione della Camera del Gruppo parlamentare per l’Unione europea, a cui aderivano 169 deputati.

Il 30 novembre 1948 G. presentò una mozione (che fu approvata il 4 dicembre) con la quale si invitava il governo italiano a dare applicazione all’art. 11 della Costituzione, rinunciando a una parte della propria sovranità – che doveva essere conferita ad un organismo politico europeo – e favorendo la costituzione di una Europa democratica e federale

G. fu cooptato nel Comitato esecutivo del Consiglio italiano del Movimento europeo (CIME), assieme, tra gli altri, a Francesco Carandini e Giovani Benvenuti. Fu poi eletto tra i rappresentanti italiani all’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa. Nella sua attività parlamentare incitò spesso il governo a perseguire finalità federalistiche nella politica estera. Nel giugno 1952 fu designato come rappresentante italiano presso l’Alta autorità della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), dove rimase fino al 1959, e dovette dimettersi da deputato.

Ricoprì la carica di presidente onorario (1955-1957) e poi effettivo (1957-1960) del Comitato centrale dell’Unione europea dei federalisti. Al suo ritorno in Italia dopo l’esperienza alla CECA preferì, anche a seguito di divergenze sulla linea politica della Democrazia cristiana, dedicarsi alla professione di ingegnere. Fu direttore generale della SATAP, che costruì, tra l’altro, l’autostrada Torino-Piacenza. Negli anni Sessanta fu anche presidente dell’Institut européen des hautes études internationales di Nizza.

Anticomunista convinto, a metà degli anni Settanta G. si avvicinò agli ambienti monarchici e neofascisti, divenendo presidente della Costituente di destra con Mario Tedeschi e Armando Plebe e poi presidente d’onore della Destra nazionale, venendo espulso dal Movimento federalista.

Alfredo Canavero (2010)

Bibliografia

Canavero A., Enzo Giacchero, in C. Simian (a cura di), I deputati piemontesi all’Assemblea Costituente, Franco Angeli, Milano 1999.

Canavero A., Enzo Giacchero dall’Europeismo al federalismo, in S. Pistone, C. Malandrino (a cura di), Europeismo e federalismo in Piemonte tra le due guerre mondiali, la Resistenza e i Trattati di Roma (1957), Olschki, Firenze 1999

D’Urso D., Enzo Giacchero, storia di un uomo, in “Asti contemporanea”, XI, 2006.