Noël, Émile

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N. (Costantinopoli 1922-Viareggio 1996) fu definito da Jacques Delors nelle sue Memorie «uno dei padri dell’Europa», diventato, al servizio della Commissione europea, «un ingranaggio talmente essenziale che ci si domandava talvolta se non era stato proprio lui ad avere impresso il suo sigillo a un certo orientamento, ad una certa decisione». I suoi genitori si erano conosciuti in Turchia: il padre, belga, era funzionario delle ferrovie e la madre apparteneva a una famiglia francese trasferitasi in Turchia nell’Ottocento. Ritornato nel 1925 in Francia, N. frequentò il liceo cattolico di Aix-en-Provence (conseguendo la licenza a soli sedici anni) e i corsi preparatori di matematica a Montpellier e a Marsiglia. Trasferitosi a Parigi, conseguì nel 1943 il dottorato in scienze fisiche e matematiche. Del suo impegno nella Resistenza, iniziato nel 1941 in Provenza e proseguito nella capitale, N. non parlava volentieri a causa di quel carattere schivo e riservato che lo portava con fatica a evocare vicende personali. Il coinvolgimento nel maquis svolse però un ruolo importante nello sviluppare in lui il sentimento di comunità. Nell’ottobre 1945 partecipò a Londra ai lavori della Conferenza mondiale della gioventù e la sua presenza nel maggio 1948 al Congresso dell’Aia, che sancì la nascita del Movimento europeo, costituì l’occasione per il rafforzamento delle sue convinzioni.

Le prospettive aperte per i giovani dall’integrazione vennero illustrate nell’agosto 1949 dal Manifesto del Movimento europeo, del quale N. era diventato nel frattempo segretario generale aggiunto. A quell’epoca iniziarono e si consolidarono i suoi rapporti con i federalisti Hendrik Brugmans e Alexandre Marc (v. anche Federalismo). Nel 1949, diventato funzionario del Consiglio d’Europa, N. s’impegnò in una serie di iniziative per lo sviluppo dei poteri decisionali di quell’istituzione che aveva in Guy Alcide Mollet, membro dell’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa oltre che influente segretario della Section française de l’internationale ouvrière (SFIO), un fervente sostenitore. Prima, importante tappa della sua carriera di funzionario internazionale fu la nomina a segretario della Commissione Affari generali, della quale Mollet era relatore. Nel 1952, quando Paul-Henry Charles Spaak diventò, nell’ambito della Comunità europea per il carbone e l’acciaio (CECA), presidente dell’Assemblea ad hoc con il mandato di predisporre, sulla base di una proposta italo-francese, lo statuto di una Comunità politica europea (CPE), N. venne “prestato” alla nuova organizzazione per dirigere il segretariato della Commissione costituzionale incaricata di redigere le clausole del nuovo trattato (v. anche Trattati). Questo tentativo, che aveva suscitato molte speranze tanto da essere considerato da N. come il momento nel quale mai l’Europa politica era apparsa così a portata di mano, naufragò nel 1954 a seguito della mancata ratifica da parte dell’Assemblea nazionale francese del Trattato istitutivo della Comunità europea di difesa (CED).

Tornato al Consiglio d’Europa N. divenne capo di gabinetto di Mollet, nel frattempo eletto presidente dell’Assemblea consultiva. Quando quest’ultimo, nel 1956, in un momento critico a causa delle vicende algerine, fu incaricato di formare il governo, N. divenne, prima, chef de Cabinet, e poi, direttore aggiunto del gabinetto stesso. In questa veste partecipò, assieme a Pierre Uri e a Robert Marjolin e sotto la direzione del ministro degli Esteri Christian Pineau, alla messa a punto della posizione francese nei negoziati di Val-Duchesse, conclusisi con la firma nel marzo 1957 dei Trattati di Roma. A proposito di questi negoziati, Marjolin nelle sue memorie ha ricordato così il ruolo “molto importante” svolto da N.: «Europeo della prima ora, fermissimo nelle sue convinzioni malgrado un aspetto esterno affabile e tollerante, spirito lucido e penetrante N. contribuì in maniera decisiva a fare prendere al presidente del Consiglio quelle decisioni che consentirono ai negoziatori di Bruxelles di perseguire efficacemente il loro fine». A quest’epoca risale l’intensificazione dei rapporti di N. con Jean Monnet.

Nel marzo 1958 N. fu nominato segretario esecutivo della Commissione della Comunità economica europea (CEE) e si preoccupò, anzi tutto, di dare una struttura organica al segretariato con il triplice scopo di assicurare il buon funzionamento del collegio dei commissari, di vegliare all’attuazione da parte dei competenti servizi delle relative decisioni e di intrattenere relazioni continue con le altre Istituzioni comunitarie, segnatamente il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri. Il progetto delle “regole di procedura”, da lui stesso messo a punto, fu approvato dalla Commissione europea presieduta da Walter Hallstein senza sostanziali modifiche, e tali “regole” sono rimaste fino a oggi sostanzialmente immutate. Con l’entrata in vigore il 1° luglio 1967 del Trattato istitutivo di una Commissione unica e di un Consiglio unico per le tre Comunità europee, firmato l’8 aprile 1965, N. divenne segretario generale della Commissione, carica che mantenne fino al 1987, anno del suo pensionamento.

N. non fu soltanto un notaio, e le sue convinzioni e la sua esperienza, unite alla capacità di saper ascoltare e di trarre conclusioni operative in uno sforzo di sintesi di posizioni tra loro a volte distanti, si rivelarono utilissime fin dai primi giorni dell’entrata in funzione della CEE – soprattutto quando questa, assai presto, si trovò a dovere affrontare, sul piano interno, le tematiche connesse alla messa in funzione delle organizzazioni comuni di mercato agricole (v. anche Politica agricola comune) e, sul piano esterno, i problemi del commercio internazionale nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) (v. anche Accordo generale sulle tariffe e il commercio, GATT). La tenacia, la pazienza e l’immaginazione creativa di N. furono messe a dura prova nei momenti difficili dell’Europa comunitaria: dalla politica francese della “sedia vuota” del 1965 ai problemi dell’equilibrio finanziario posti dal Regno Unito durante gli anni Ottanta e, ancora, allorché dovette battersi per ottenere che anche il Presidente della Commissione europea potesse sedere al tavolo dei capi di Stato e di governo riuniti nel Consiglio europeo. Le sue doti di negoziatore abile e discreto si rivelarono ancora all’epoca dei primi pour parlers per l’Atto unico europeo che, con la prospettiva di un grande mercato all’orizzonte del 1992, segnarono l’inizio, dopo circa trent’anni, di un cambiamento nell’atteggiamento dei governi degli Stati membri.

N. attribuiva il merito dell’Atto unico sia alla presidenza di turno italiana, che al Consiglio europeo di Milano del 1985 aveva imposto, nonostante l’opposizione britannica, la convocazione di una Conferenza intergovernativa (v. Conferenze intergovernative) di Revisione dei Trattati, sia alla presidenza belga che, nel 1986 in sede di negoziato finale, si era opposta recisamente a compromessi dell’ultima ora. Così – osservava sempre Noël, assertore della necessità di dotare l’Unione europea di strumenti ad elevato grado di flessibilità – in questi due momenti critici era stata determinante la volontà di «sfuggire alle costrizioni troppo rigide del voto all’unanimità e di aprire nuove vie» sempre nel pieno rispetto dei trattati esistenti. N. fu sempre contrario all’adozione di formule – quali quelle dell’Europa a due velocità o del direttorio (v. anche Europa a “più velocità”) – che avrebbero indebolito il principio della solidarietà nell’ambito della Comunità europea e propenso, invece, a ricercare soluzioni che consentissero a una maggioranza di Stati membri, in una cornice di condivisione generale dei relativi obiettivi, di fare da battistrada sul percorso dell’integrazione (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della).

Dopo il suo collocamento a riposo N. fu nominato presidente dell’Istituto universitario europeo (IUE) di Firenze, carica che mantenne fino al 1994. Durante sette anni operò con successo per la revisione della Convenzione (v. anche Convenzioni) del 1972 con l’obiettivo di sviluppare programmi di ricerca sulla società europea contemporanea. La revisione diede vita al Centro Robert Schuman di studi avanzati quale struttura interdisciplinare orizzontale volta ad approfondire i temi dell’integrazione.

Luigi Guidobono Cavalchini (2010)