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Struttura Istituzionale Unica

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Con il Trattato di Maastricht del 1992, entrato in vigore il 1° novembre 1993, prende vita una nuova organizzazione internazionale regionale: l’Unione europea (UE). L’Unione europea presenta caratteristiche del tutto particolari, soprattutto per quanto riguarda la struttura istituzionale (v. anche Istituzioni comunitarie). Quest’ultima risulta impostata sui cosiddetti tre pilastri dell’Unione europea: del primo fanno parte le tre Comunità economica europee (CEE), la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) ora estinta, la Comunità europea (CE) e la Comunità europea dell’energia atomica (CEEA o EURATOM); il secondo è costituito dalla Politica estera e di sicurezza comune (PESC) ed il terzo dalla Cooperazione in materia di Giustizia e affari interni (CGAI). Il terzo pilastro comprende oggi la Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, avendo il Trattato di Amsterdam trasferito i settori relativi a visti, asilo e immigrazione al primo pilastro (v. titolo IV TCE- Trattato istitutivo della Comunità europea). Le tre componenti dell’UE si distinguono per il diverso metodo di cooperazione fra gli Stati membri e quindi per il diverso ruolo che assumono le istituzioni nell’esercizio delle funzioni loro conferite dal Trattato istitutivo. L’articolo 3 TUE (Trattato istitutivo dell’Unione europea) prevede comunque che «[L]’Unione dispone di un quadro istituzionale unico» Con questa espressione si intende appunto che le stesse istituzioni agiscono con funzioni diverse a seconda dell’ambito di competenza dell’organizzazione (v. anche Competenze).

Nell’ambito del primo pilastro, la cooperazione tra gli Stati è impostata secondo il metodo propriamente comunitario. In base a quest’ultimo, le istituzioni sono impegnate in una vera e propria attività legislativa, che conduce all’adozione di atti cosiddetti di Diritto comunitario derivato (regolamento, direttiva e decisione) aventi carattere obbligatorio nei confronti non solo degli Stati membri, ma anche dei singoli, persone fisiche e giuridiche, che ne sono i destinatari (art. 249 TCE). Regolamenti (v. Regolamento) e Decisioni (v. Decisione), inoltre, producono i propri effetti giuridici in modo diretto, senza cioè il bisogno di essere trasposti in atti interni di attuazione. Nell’esercizio di questa funzione normativa, alla Commissione europea spetta normalmente l’iniziativa; gli atti vengono adottati in seguito dal Consiglio dei ministri – che in base al Trattato istitutivo decide in numerosi casi a maggioranza – o dal Consiglio e dal Parlamento europeo, se si applica la Procedura di codecisione (art. 251 TCE). Il non rispetto da parte degli Stati membri degli atti di diritto comunitario derivato può comportare l’attivazione della procedura di infrazione da parte della Commissione (art. 226 TCE). Tale procedura può sfociare in un giudizio davanti alla Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea), che sancisce l’eventuale inadempimento dello Stato con una sentenza (art. 228 TCE).

Tra le istituzioni menzionate dal Trattato istitutivo della Comunità europea non figura il Consiglio europeo. Esso viene invece menzionato dal Trattato sull’Unione europea (art. 4 TUE) che indica come la sua funzione sia quella di dare «all’Unione l’impulso necessario al suo sviluppo» ed elaborarne «gli orientamenti politici generali». D’altronde, il ruolo del Consiglio europeo è meno rilevante nel primo pilastro rispetto al secondo o al terzo.

La cooperazione tra gli Stati membri nell’ambito del secondo pilastro è impostata secondo il tradizionale metodo intergovernativo. La politica estera è un settore che gli Stati sono sempre stati restii a trasferire alla competenza comunitaria. Un organo composto da rappresentanti degli Stati a livello di capi di Stato o di governo risulta quindi particolarmente indicato a svolgere un ruolo di rilievo in questo settore. Spetta al Consiglio europeo, infatti, definire «i principi e gli orientamenti generali della politica estera e di sicurezza comune» (art. 13(1) TUE). In generale, spetta poi al Consiglio prendere «le decisioni necessarie per la definizione e l’attuazione della politica estera e di sicurezza comune in base agli orientamenti generali definiti dal Consiglio europeo» (art. 13(3) TUE).

Caratteristici del secondo pilastro sono atti come le posizioni comuni e le azioni comuni. Le prime «definiscono l’approccio dell’Unione su una questione particolare di natura geografica o tematica» (art. 15 TUE). Esse servono a coordinare le politiche dei paesi membri nei confronti di questioni di rilievo internazionale per le quali pare opportuno che gli Stati non si presentino sulla scena internazionale in ordine sparso, ma agiscano con una sola voce. Le azioni comuni invece «definiscono gli obiettivi, la portata e i mezzi di cui l’Unione deve disporre, le condizioni di attuazione e, se necessario, la durata» di un intervento operativo dell’Unione (art. 14 TUE).

Entrambi questi atti sono adottati dal Consiglio. Il ruolo delle altre Istituzioni comunitarie risulta notevolmente ridotto nell’ambito del secondo pilastro. La Commissione non dispone dell’iniziativa legislativa, ma un suo intervento in questo senso può essere sollecitato dal Consiglio stesso – art. 14(4) TUE. Anche il Parlamento europeo svolge una funzione marginale in questo contesto, in quanto viene consultato dalla presidenza solamente «sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali» e informato «in merito allo sviluppo» della PESC (art. 21(1) TUE). L’ultimo articolo del titolo V del TUE, comunque, prevede che alcuni articoli del TCE relativi alle istituzioni, e in particolare alla composizione del Parlamento europeo, del Consiglio dei ministri e della Commissione, «si applicano alle disposizioni relative» alla politica estera e di sicurezza comune (art. 28 TUE).

Anche nell’ambito del terzo pilastro la cooperazione tra gli Stati è impostata secondo il metodo intergovernativo. Il potere di adottare gli atti previsti dal Trattato in questo settore spetta essenzialmente al Consiglio, il quale decide per lo più con voto all’unanimità. Una disposizione prevede l’applicazione di alcuni articoli del TCE relativi alla composizione delle istituzioni alla Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (art. 41 TUE). Le regole di funzionamento delle istituzioni, comunque, vengono definite da disposizioni specifiche al Titolo stesso.

Gli atti attraverso i quali si realizza la cooperazione nel settore in questione possono consistere in posizioni comuni, «che definiscono l’orientamento dell’Unione in merito a una questione specifica»; decisioni quadro, «per il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri» (v. anche Ravvicinamento delle legislazioni); altre decisioni «coerenti con gli obiettivi» del titolo VI; convenzioni che dovranno essere ratificate dagli Stati membri (art. 34 TUE).

Per quanto riguarda il controllo giurisdizionale sia sulla legittimità degli atti adottati dalle istituzioni sia sulla osservanza da parte degli Stati membri degli obblighi loro incombenti, la funzione della Corte di giustizia, pressoché inesistente nell’ambito del secondo pilastro, è alquanto limitata nell’ambito del terzo pilastro. La Corte è «competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla validità o l’interpretazione delle decisioni-quadro e delle decisioni, sull’interpretazione delle convenzioni e delle misure di applicazione delle stesse». Tale competenza, tuttavia, è subordinata a una dichiarazione di accettazione da parte degli Stati membri e può essere limitata alle giurisdizioni di ultima istanza. La Corte di giustizia è inoltre competente a pronunciarsi sulla legittimità di decisioni quadro e di decisioni «nei ricorsi proposti da uno Stato membro o dalla Commissione» (art. 35 TUE).

Il Trattato di Lisbona, firmato nel dicembre 2007, innova sotto il punto di vista della struttura istituzionale dell’UE. Una delle principali modifiche apportate dal Trattato, infatti, consiste nell’abolizione della struttura detta a pilastri. La principale conseguenza di questa innovazione consiste nell’unificazione dell’apparato istituzionale. Il Consiglio europeo viene ora incluso nel novero delle Istituzioni dell’Unione (nuovo art. 13 TUE). Se, tuttavia, il terzo pilastro risulta effettivamente soppresso, con la regolamentazione della Cooperazione di polizia e giudiziaria secondo il metodo comunitario, la politica estera e di sicurezza rimane disciplinata secondo il metodo intergovernativo (nuovo Titolo V TUE), evidenziando come a una struttura istituzionale unica non corrisponda una modalità di funzionamento uniforme.

Mara Valenti (2012)