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Voisin, André

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V. (nato Bourgeois; Neuilly-sur-Seine 1912-Parigi 1990) entra all’École normale d’instituteurs d’Auteuil, poi insegna un anno a Gennevilliers. È chiamato come segretario del conte di Parigi, all’epoca in esilio a Bruxelles, e avvia una collaborazione con il “Courrier royal”, un bollettino creato dal pretendente al trono per distinguersi dall’Action française. V. si impegna nel movimento monarchico per spirito patriottico di fronte ai pericoli che sembrano provenire dall’altra sponda del Reno e ritiene che sia compito degli insegnanti la difesa del patriottismo a scuola. A questo scopo fonda con Max Richard l’Union coopérative des instituteurs. Diffida dei partiti politici e crede che il progresso verrà dall’azione degli uomini impegnati nelle loro funzioni locali o professionali. Con questa convinzione crea a Parigi “Les métiers français”. Inoltre dirige il bimensile “La justice sociale”, che si richiama al cattolicesimo sociale di Latour du Pin e al comunitarismo di Proudhon.

V., mobilitato nel settembre 1939, è preso prigioniero nel 1940 e liberato nel 1942 con rimpatrio per motivi di salute. Sotto il regime di Vichy accetta di dirigere il Collège d’études coopératives et sociales, che dipende direttamente dal maresciallo Pétain. Si tratta di sviluppare la dottrina dei “corpi intermedi” in opposizione al liberalismo, all’individualismo, al capitalismo, come pure al totalitarismo, quindi di diffondere le idee sociali della Rivoluzione nazionale rifiutandosi al contempo di collaborare con gli occupanti. V. ha anche preso contatti con elementi della Resistenza. Inoltre si dedica alla riqualificazione professionale dei prigionieri di guerra e incontra François Mitterrand, che all’epoca è dirigente clandestino del Mouvement national des prisonniers de guerre et déportés e, dopo la Liberazione, continuerà quest’attività al ministero dei prigionieri di guerra e deportati diretto da Henri Frenay.

Il 13 ottobre 1944 V. fonda il Mouvement fédéraliste français-la Fédération, che riunisce uomini della destra corporativista e maurassiana e altri che si richiamano alla sinistra proudhoniana, con un programma di autonomia regionale e di comunitarismo in un quadro federale. Il movimento nasce dal Centre d’études institutionnelles pour l’organisation de la société française, che mira a instaurare in Francia un ordine sociale fondato sulla famiglia, la professione, il sindacalismo. Quindi si tratta innanzitutto di un federalismo interno alla Francia contrapposto al centralismo giacobino. Tuttavia la Fédération non vuole rimanere in disparte dai numerosi movimenti federalisti europei che stanno sorgendo. V. è segretario generale del Comité de coordination français des mouvements fédéralistes. Per sua iniziativa, nei locali della Fédération in rue Auber a Parigi, si costituisce il 15-16 dicembre 1946 l’Union européenne des fédéralistes, sotto la presidenza dell’olandese Hendrik Brugmans. L’obiettivo dell’UEF è il coordinamento dei diversi movimenti che mantengono la loro autonomia (v. Unione europea dei federalisti).

La Fédération è l’elemento più importante dell’UEF per numero di aderenti e per i buoni rapporti con i dirigenti politici di destra e di centro, i leader del padronato e i sindacalisti non comunisti. V. fa parte del comitato centrale dell’UEF. Orientata politicamente a destra, la Fédération esprime tuttavia preoccupazioni sociali. Di ispirazione cristiana e corporativista, preconizza un’Europa federata di nazioni organizzate in corpi intermedi decentrati (regioni, comuni, professioni). In merito al metodo da adottare per giungere a questa federazione europea, V. e la Fédération pensano a un “patto federale” fra gli Stati, in quanto questi ultimi esistono e per progredire è necessario tenerne conto. È la posizione dei “possibilisti” opposta a quella dei “massimalisti”, che intendono fare appello direttamente al “popolo europeo” per eleggere un’assemblea costituente.

Quando nel 1949 viene costituito il Consiglio d’Europa, i federalisti contano sulla sua Assemblea consultiva, formata da delegati dei parlamenti nazionali, affinché elabori un patto federale che crei un’autorità europea. Ma non sono in maggioranza. Per fare pressione sull’Assemblea, nel settembre 1950 V. suggerisce di creare un Consiglio europeo di vigilanza o Consiglio dei popoli d’Europa, che il 21-24 novembre lancia un appello solenne, corredato da numerose firme, «perché gli Stati democratici dell’Europa disposti ad accettare il principio di una limitazione della loro sovranità si impegnino a sottoscrivere senza indugio un trattato internazionale che convochi un’Assemblea costituente europea incaricata di elaborare un progetto di Patto d’unione federale». Contemporaneamente vengono organizzate manifestazioni popolari. Ma i governi, a cominciare da quello dei laburisti britannici, non sono pronti a rispondere all’appello.

Quando Robert Schuman, con la sua Dichiarazione del 9 maggio 1950, propone a Francia e Germania di mettere in comune carbone e acciaio sotto un’autorità sopranazionale – che sfocerà nella costituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) – è un modo di costruire dell’Europa che viene scelto: l’integrazione progressiva di settori dell’attività economica (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). Si preferisce il Funzionalismo al federalismo politico, perché è più accettabile per i governi e più attuabile. I federalisti devono accogliere questo metodo, ma approfittano del progetto di esercito europeo per sostenere la tesi che un esercito unificato può essere concepito solo sotto un governo federale. Fanno pressione affinché l’Assemblea della CECA sia incaricata di elaborare un progetto nell’autunno 1952. La loro influenza è decisiva, ma il progetto di Comunità politica europea a carattere federale, consegnato ai ministri il 9 marzo 1953, non verrà adottato dai governi. Il rifiuto del trattato Comunità europea di difesa (CED) da parte dell’Assemblea nazionale il 30 agosto 1954 sbarra la strada per lungo tempo alla realizzazione di un’Europa federale.

All’interno dell’Unione europea dei federalisti V. e la Fédération hanno adottato posizioni autonome sulle modalità di costruzione dell’Europa federale. Il Piano Schuman è sostenuto solo con riserve a causa delle critiche formulate dal padronato, ma è accolto come un mezzo di riconciliazione tra Francia e Germania. Invece in merito al progetto di Comunità politica europea la Fédération muove critiche vivaci, giudicandolo troppo centralista e giacobino, diretto ad istituire un governo assembleare senza tener conto delle comunità naturali del federalismo integrale. V. sostiene l’“Europa delle patrie” e non la loro soppressione. Nell’Union française des fédéralistes, creata il 9 novembre 1952 per riunire le diverse tendenze, l’11-12 aprile 1953 lo scontro è violento tra le due forti personalità di V. e Frenay, ex militante della Resistenza, schierato a sinistra, presidente dell’Unione europea dei federalisti che sostiene il progetto di comunità politica. Quindi V. e la Fédération lasciano sia l’Union française che l’Unione europea dei federalisti, indebolendo il movimento federalista. Nel 1956 la Fédération raggruppa intorno a sé altre tendenze “possibiliste” per formare l’Action européenne fédéraliste.

Da questo momento la Fédération adotta posizioni diverse da quelle dei “massimalisti” che trasformano l’UEF in Movimento federalista europeo. Sostiene la Comunità economica europea, ma rifiuta di chiedere l’elezione del Parlamento europeo a suffragio universale. È ostile al generale Charles de Gaulle, ma mantiene contatti con alcune personalità della IV Repubblica e continua ad essere molto vicina al Conseil national du patronat français. V., insieme a Jacques Delors, diventa consigliere tecnico nel gabinetto del primo ministro Jacques Chaban-Delmas. Svolge un ruolo importante nell’elaborazione del progetto di riforma per il decentramento amministrativo (1972) e, in seguito, della legge di Gaston Defferre di regionalizzazione sotto il governo socialista (1982). La Fédération sostiene la maggior parte dei progetti governativi in materia di decentramento regionale. La sua prima preoccupazione è il federalismo interno. Quando nel 1973 i principali movimenti comprendono la necessità di riavvicinarsi fondando l’Unione dei federalisti europei presieduta da Étienne Hirsch, con Altiero Spinelli, all’epoca membro della Commissione europea e ormai convinto che per avanzare verso il federalismo vada utilizzato il quadro comunitario, la Fédération si astiene dal partecipare manifestando il suo scetticismo.

V. continua a dirigere la Fédération fino alla morte. Profondamente attaccato alle tradizioni e ai valori francesi, non ha mai pensato che il federalismo potesse disgregare la Francia. In esso vedeva piuttosto lo strumento per rigenerarla e nell’Europa il quadro entro il quale la Francia avrebbe potuto esercitare la sua influenza.

Pierre Gerbet (2012)

Bibliografia

Gouzy J.-P., Les pionniers de l’Europe communautaire, Centre de recherches européennes, Fondation Jean Monnet, Lausanne 1968.

Greilsammer A., Les mouvements fédéralistes en France de 1945 à 1974, Presses d’Europe, Paris 1975.

Heyde V., Mouvement fédéraliste français. La Fédération, Mémoire de maîtrise d’histoire-Université de Paris IV, Paris 2002.