Coudenhove-Kalergi, Richard Nicolaus de

image_pdfimage_print

C.-K., (Tokyo 1894-Schruns 1972), di nazionalità austriaca, era figlio del conte Heinrich, un diplomatico e proprietario terriero in Boemia, e di Mitsu Aoyama una nobile giapponese. C.-K. trascorse i suoi primi anni nel castello di famiglia in Boemia, poi frequentò il prestigioso collegio Teresianum di Vienna, crescendo in un ambiente cosmopolita. Studiò filosofia e storia alle Università di Vienna (laurea nel 1917) e di Monaco. La conclusione della Prima guerra mondiale e le sue conseguenze sollecitarono nel giovane C.-K. una prima riflessione sull’avvenire del continente, distogliendolo dagli studi filosofici. Cominciò a scrivere articoli sulla necessità di un nuovo ordine europeo, tra cui l’intervento pubblicato su giornali tedeschi e austriaci nel novembre del 1922 (Paneurope ein Vorschlag). Subito dopo, come cittadino ceco (avrebbe poi optato per la nazionalità austriaca), sottopose al presidente Tomáš Garrigue Masaryk una proposta di unione europea che ricalcasse la piccola intesa stipulata tra Cecoslovacchia (v. Repubblica Ceca; Slovacchia), Iugoslavia e Romania tra il 1920 e il 1921. Il progetto non ebbe seguito. Nel 1923 C.-K. scrisse un libro (Pan-Europa), pubblicandolo a proprie spese, nel quale sintetizzava le sue idee sull’argomento.

La riflessione di C.-K. nasceva dalla presa d’atto della fine della supremazia europea, che era apparsa evidente alla conclusione del conflitto. L’Unione europea, pertanto, era indispensabile per mantenere al vecchio continente un ruolo significativo nella politica mondiale rispetto ai mutati equilibri internazionali. Dopo la fine della guerra e la nascita della Società delle nazioni andava registrato il rafforzamento di Stati fino ad allora marginali rispetto agli equilibri internazionali (gli USA), o l’emergere di nuovi stati (la Russia sovietica). Da questo processo di integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della) C.-K. vedeva esclusa la Gran Bretagna (v. Regno Unito), perché ancora dotata di un ruolo autonomo grazie agli estesi possedimenti coloniali, perciò mossa da interessi inassimilabili a quelli dei paesi dell’Europa continentale.

Per quanto necessaria, l’Unione europea andava perseguita con un consapevole volontarismo. L’Europa non aveva una immediata e riconoscibile identità politica, essendo composta da popoli e Stati assai diversi. Né, a suo avviso, era possibile riscontrarne una precisa e preesistente configurazione geografica o geopolitica. Geograficamente non si poteva parlare di un continente europeo, ma solo di una penisola europea parte di un più ampio continente eurasiatico. Semmai erano le urgenze del presente a rendere auspicabile l’unione europea. In primo luogo stava l’esigenza di difendersi dall’espansionismo russo-bolscevico. Ma la nuova entità paneuropea doveva porsi in modo autonomo anche rispetto alle altre realtà della politica internazionale, non solo quelle asiatiche, ma anche quelle come l’impero inglese e l’America.

L’erigenda unione doveva trovare nel superamento della conflittualità franco-tedesca il principale asse portante. A tal fine i vari Stati europei avrebbero dovuto rinunciare a parte della propria sovranità attraverso un processo graduale. La prima fase prevedeva la convocazione di una conferenza intergovernativa (v. anche Conferenze intergovernative) che favorisse la più larga collaborazione in materia doganale e di arbitrato e che facesse perno, infine, su di una larga collaborazione in ambito culturale. A questo primo accordo avrebbe dovuto seguire una seconda e più definita intesa con la stipula di un trattato che rendesse obbligatorio l’arbitrato per tutte le controversie future e garantisse il mutuo rispetto degli impegni. Alla fine di questo percorso si prevedeva la creazione di un’unione doganale che creasse uno spazio economico omogeneo. In sostanza, il programma delineato da C.-K. restava indeterminato nelle sue linee istituzionali e oscillava fra la dieta permanente di Stati sovrani, la collaborazione commerciale e l’auspicio di una effettiva integrazione federale (v. Federalismo).

Questo progetto di azione si accompagnava allo sforzo di organizzazione del movimento di Pan-Europa (v. “Paneuropa”), che vedeva la nascita di comitati promotori in alcuni paesi dell’Europa centrale quali l’Austria, la Germania e la Cecoslovacchia. Nell’ottobre del 1926 si tenne a Vienna il primo Congresso dell’unione paneuropea con la presenza di oltre duemila partecipanti provenienti da ventiquattro paesi. Il sincretismo che presiedeva alle proposte di C.-K. si rivelava anche nei ritratti che campeggiavano dietro il tavolo della presidenza. Fra gli altri vi si riconoscevano Carlo Magno, Sully, Kant, Napoleone, Mazzini, l’Abbé de Saint Pierre, Nietzsche.

Molto impegno fu messo anche nell’assicurare al movimento l’adesione non solo di uomini politici e diplomatici, ma anche di scrittori, scienziati e uomini di cultura. Fra gli altri varrà la pena di ricordare: Paul Claudel, Albert Einstein, Sigmund Freud, Selma Lagerlöf, Thomas e Heinrich Mann, José Ortega y Gasset, Rainer Maria Rilke, Miguel de Unamuno, Stephan Zweig.

L’azione di coinvolgimento delle classi politiche dei vari paesi marcò un primo, significativo successo quando, nel maggio del 1927, il ministro degli Esteri francese Aristide Briand divenne presidente onorario del movimento paneuropeo. Negli anni seguenti Briand provò a concretizzare un progetto di unione europea, presentato nel 1929 all’assemblea generale della Società delle Nazioni. Le successive e non fortunate iniziative di Briand, il memorandum del maggio 1930 e la Commissione di studio per l’Unione europea, non furono però appoggiate da C.-K.

Il movimento tenne altri tre congressi, a Berlino (1930), Basilea (1932) e Vienna (1935). Ma il mutamento del clima internazionale e il rafforzarsi dei regimi totalitari non favorirono un’azione incisiva. Esule austriaco dopo l’annessione hitleriana, C.-K. visse a Berna e a Ginevra fino al 1940. Si rifugiò poi negli Stati Uniti d’America dove rimase fino alla fine della guerra, insegnando, tra l’altro, alla New York University. Tornato in Europa nel giugno 1946, si stabilì definitivamente a Gstaad, in Svizzera, dove già aveva soggiornato a partire dal 1931. Nel luglio 1947 diede vita all’Unione parlamentare europea con lo scopo di elaborare una Costituzione europea. L’anno successivo, al Congresso dell’Aia, che riuniva varie organizzazioni europeiste, C.-K. sostenne con successo l’idea di dar vita a un’assemblea eletta dai diversi parlamenti nazionali europei. Da questa proposta nascerà il Consiglio d’Europa e successivamente il Parlamento europeo. Nel 1950 C.-K venne insignito del premio Carlo Magno per i meriti europeistici. Nonostante questi successi e riconoscimenti, nel complesso nel dopoguerra l’azione di C.-K. non si trovò in sintonia con un processo di unificazione europea che, proprio a partire dal definitivo superamento della rivalità franco-tedesca, aveva intrapreso quella strada di collaborazione intergovernativa e di unione economico-doganale che rispecchiava in buona parte la sua proposta originaria. In questi anni egli privilegiò i rapporti con personalità politiche prestigiose per qualificare le proprie iniziative. Così nel 1946 ebbe diversi incontri con Winston Churchill per dar vita a una nuova organizzazione europeista, ma non aderì poi al movimento creato dallo statista inglese. Successivamente, a partire dal 1951, C.-K. si avvicinò a Charles de Gaulle, con il quale stabilì una duratura intesa. In questo modo, però, le sue iniziative lo portarono a privilegiare un’idea di Europa basata sull’unione di nazioni sovrane che risultava del tutto divergente dall’approccio funzionalista (v. Funzionalismo) volto a creare delle istituzioni sopranazionali che si affermò a partire dal 1950. Tant’è vero che nel C.-K. 1965 lasciò il Movimento europeo quando i suoi dirigenti, in Francia, alle elezioni presidenziali scelsero di sostenere la candidatura di François Mitterrand contro de Gaulle.

Semmai i riconoscimenti a C.-K. arrivarono indirettamente attraverso iniziative che ricalcavano intuizioni e proposte da lui avanzate nel periodo fra le due guerre. La Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) che diede inizio al processo di unificazione europeo rispecchiava una proposta da lui fatta nel 1923. Un discorso analogo può valere anche per scelte di carattere simbolico e identitario. La proposta di adottare come inno europeo l’Ode alla gioia di Schiller sulla musica della nona sinfonia di Beethoven fu avanzata da C.-K. a diverse riprese fin dal 1929, e venne finalmente approvata solo nel 1985.

Maurizio Griffo (2010)

Bibliografia

Agnelli A., Da Coudenhove-Kalergi al Piano Briand, in S. Pistone (a cura di), L’idea dell’unificazione europea dalla Prima alla Seconda guerra mondiale, Fondazione Luigi Einaudi, Torino 1975.

Coudenhove-Kalergi R.N., Pan-Europa: un grande progetto per l'Europa unita, Il cerchio, Rimini 1997.

Coudenhove-Kalergi R.N., Una vita per l'Europa, Ferro Edizioni, Milano 1965.

Mammarella G., Cacace P., Storia e politica dell’Unione europea (1926-1997), Laterza, Roma-Bari 1998.