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Herzog, Roman

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H. (Landshut, Baviera 1934) grazie alla carica di direttore dell’Archivio di Stato di Landshut ricoperta dl padre riesce a passare il periodo della guerra e del dopoguerra senza particolari traumi.

Dopo aver frequentato il liceo classico a Landshut superando brillantemente la maturità, nel 1953 H. si iscrive alla Facoltà di legge a Monaco. Nel 1957 passa il primo esame di Stato di giurisprudenza e l’anno seguente si laurea sotto la guida del costituzionalista e ministro della Pubblica istruzione Theodor Maunz (1901-1993), con una tesi sulle restrizioni del diritto fondamentale secondo la Costituzione e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Nel 1958 diventa assistente di Maunz all’Università di Monaco. Nel 1961 supera il secondo esame di Stato e ottiene la libera docenza con un lavoro sui tratti distintivi dell’organizzazione statale in una prospettiva giuridica e storica. Nel 1964 è coautore del commento alla Costituzione Maunz-Dürig-H., che si annovera fra i testi giuridici fondamentali in Germania. Nel 1965 ottiene la cattedra di diritto costituzionale e dottrine politiche alla Freie Universität di Berlino. Nel 1969 assume la cattedra di scienze politiche nella Hochschule für Verwaltungswissenschaften di Spira di cui è anche rettore dal 1971 al 1972. In questo periodo comincia ad impegnarsi sempre più attivamente nel campo della politica ecclesiastica. Già nel 1966 è uno dei curatori dell’Evanglisches Staatslexikon; tra il 1971 e il 1980 è presidente della Kammer für öffentliche Verantwortung della Chiesa evangelica tedesca. Dal 1973 al 1991 è membro ordinario del sinodo della Chiesa evangelica tedesca. Inoltre, fra il 1981 e il 1994, è uno degli editori del settimanale “Christ und Welt – Rheinische Merkur”.

Nel 1970 H. entra nella Christlich-demokratische Union (CDU) e inizia la sua carriera politica con la stessa tenacia con cui aveva costruito il suo percorso accademico-giuridico. Solo tre anni più tardi viene mandato a Bonn come segretario di Stato e deputato del Land da Helmut Josef Michael Kohl, all’epoca primo ministro del Rheinland-Pfalz. Dal 1978 al 1983 è presidente federale dell’Evangelischer Arbeitskreis della CDU e della Christlich-soziale Union (CSU). Dal 1979 fa parte anche della direzione federale della CDU. Nel 1978 Hans Filbinger, primo ministro del Baden-Württemberg, lo nomina ministro dello Sport e degli Istituti scolastici. Durante il mandato del primo ministro Lothar Späth è ministro degli Interni, dal 1980 al 1983, e membro del Parlamento federale del Baden-Württemberg. In questa fase H. è considerato un “ministro di Polizia”. La sua fama di sostenitore della “linea dura” è fondata, fra l’altro, sulle decisioni estremamente restrittive in materia di leggi sul diritto di manifestazione di cui si è reso responsabile. Per esempio, in questo periodo viene introdotta una “tassa sulla dimostrazione” che i partecipanti a manifestazioni non autorizzate sono obbligati a versare per pagare l’impegno delle forze di polizia. Inoltre H. dispone che la polizia sia dotata di proiettili di gomma.

Dopo la nomina a giudice della Corte costituzionale federale a Karlsruhe nel 1983 (v. anche Corti costituzionali e giurisprudenza), H. abbandona tutti gli incarichi politici sospendendo di fatto la sua carriera politica. Dal 1983 è presidente della Prima camera del Senato e vicepresidente della Corte. Se H. nelle sue funzioni politiche si era dimostrato un “duro” in materia di ordine pubblico, in qualità di giudice costituzionale si impegna come strenuo difensore dei diritti fondamentali individuali. Sotto la sua guida il Senato della Corte costituzionale federale, con una decisione che suscita scalpore, rafforza il diritto fondamentale sulla libertà di riunione contro le considerazioni relative alla sicurezza politica. Con una sentenza di grande risonanza politica il Senato annulla il divieto di manifestare contro la centrale nucleare di Brokdorf. Nelle motivazioni della sentenza viene sottolineato espressamente che, se pure si deve far conto di possibili violenze da parte di singoli o di una minoranza, il diritto fondamentale garantito dalla Costituzione alla libertà di riunione non può subire restrizioni.

Nel 1987 H. viene nominato presidente della Corte costituzionale federale. Alla sua attività di giudice costituzionale si affianca tra il 1984 e il 1994 quella di professore onorario con incarico d’insegnamento alla Hochschule für Verwaltungswissenschaften di Spira e dal 1986 al 1994 all’Università di Tubinga.

Con la riunificazione tedesca H. è coinvolto in qualità di presidente della Corte costituzionale nei grandi dibattiti pubblici sulla transizione in materia di politica interna ed estera ed acquista così una certa notorietà. Quando si discute sullo status del riconoscimento del confine Oder-Neisse, considerato la condizione preliminare dell’unità tedesca che si va definendo, H. conferma nel gennaio 1990 la sentenza della Corte costituzionale secondo cui il Reich tedesco non è finito nel 1945, e tuttavia una riunificazione non deve necessariamente fare riferimento ai confini del 31 dicembre 1937. In questa circostanza H. ricorda che sul piano giuridico solo un trattato di pace o uno strumento analogo può definire definitivamente questi confini per l’intera Germania. Le dichiarazioni di H. attirano violente critiche da parte della Sozialdemokratische Partei Deutschlands (SPD) e del partito di governo Freie demokratische Partei (FDP). In realtà queste affermazioni non sono dettate da un’intenzione revisionistica; piuttosto, con l’espressione “uno strumento analogo”, egli intende indicare una possibilità per scindere il problema di un trattato di pace formale da quello del riconoscimento del confine orientale della Germania sul piano del diritto internazionale. Infatti questo riconoscimento viene considerato esclusivamente come una questione legata ad un futuro trattato di pace della Germania con le potenze vittoriose. Ma un trattato di pace formale sul fronte tedesco non era politicamente auspicabile, in quanto la conferenza di Londra del 1953 aveva stabilito che dopo un trattato di pace formale sarebbero state negoziate le richieste di riparazioni della Seconda guerra mondiale. Nella formula di H. è contenuto quanto in seguito sarà affermato negli accordi conclusivi delle trattative 2+4: il riconoscimento del confine occidentale della Polonia dev’essere chiarito nel quadro dei trattati politici bilaterali vincolanti che si fondano sul diritto internazionale. Il riconoscimento sul piano del diritto internazionale del confine Oder-Neisse come confine esterno definitivo della Germania riunita e la rinuncia a rivendicazioni territoriali da parte della Germania è di fatto sancito da un trattato bilaterale con la Polonia il 14 novembre 1990.

Di grande importanza in ambito politico interno, in questo periodo, è la chiara lezione data da H. a tutti coloro che speculavano sullo status provvisorio della Costituzione in occasione delle trattative per la riunificazione nel 1990. H. esclude una revisione totale della Costituzione, ma ne ritiene comunque possibile e auspicabile una revisione generale. Tre anni dopo, nel 1993, chiarisce le sue idee in merito ad una revisione e delinea in questa circostanza anche i suoi grandi ideali politici personali, che determineranno il suo ulteriore impegno politico e la sua riflessione: il federalismo e la partecipazione dei cittadini. Da un lato H. pensa ad un’estensione del principio federalista e chiede maggiori competenze per i Länder della Repubblica federale. Ma al tempo stesso ritiene che debba essere possibile una partecipazione rafforzata dei cittadini attraverso l’accoglimento di elementi plebiscitari nella Costituzione in caso di decisioni politiche importanti. H. spera così di frenare la tendenza, da lui spesso criticato, di delegare sempre più le decisioni politiche alla Corte costituzionale federale: in tal modo, non sono il Parlamento né la sovranità politica a fare politica, ma soltanto i tutori della Costituzione.

Il momento scelto da H. per precisare le sue idee politiche non è casuale. Nel 1993 è uno dei possibili candidati della CDU per succedere, dopo due mandati, al Presidente uscente della Repubblica federale Weiszäcker. Tuttavia Helmut Kohl, al congresso della CDU riunito nel settembre 1993 a Berlino, propone fra lo stupore generale la candidatura dell’allora ministro della Giustizia della Sassonia Steffen Heitmann per le elezioni presidenziali del maggio 1993. Heitmann, tedesco dell’Est e membro della CDU, deve simboleggiare in occasione della prima elezione presidenziale votata da tutti i tedeschi l’integrazione dei vecchi e dei nuovi Länder e, non da ultimo, garantire al governo in vista delle elezioni legislative dell’autunno 1994 maggiori successi a Est. Questa decisione a favore di un candidato dell’ala destra della CDU si scontra però con lo scarso consenso sia dei partner di coalizione della FDP che dell’opinione pubblica. Una serie di osservazioni avventate di Heitmann, ostili all’Europa e agli stranieri, fanno sorgere rapidamente numerosi dubbi sull’opportunità di assegnargli la più alta carica dello Stato. Già alla fine del mese di novembre 1993 la candidatura di Heitmann è diventata politicamente insostenibile e viene comunicata la sua rinuncia. Il ritiro di Heitmann si ripercuote su Kohl indebolendone la posizione. Nella ricerca di un nuovo candidato la CDU, approfittando della fragilità di Kohl, all’inizio di gennaio dichiara d’autorità che H. è il suo candidato alle elezioni presidenziali. Questa proposta, dopo i malumori iniziali per il modo di procedere unilaterale del “partito fratello” bavarese, è accolta anche dalla CDU e H. viene candidato ufficialmente alla presidenza della Repubblica. Egli si dichiara disposto ad accettare, ma sottolinea di non essere intenzionato ad assumere la carica se la maggioranza richiesta dei voti può essere raggiunta solo con l’apporto del Partito repubblicano conservatore di destra.

Ai contrasti sulla sua scelta segue una difficile elezione presidenziale in Parlamento. Al momento della sua nomina H. è quasi uno sconosciuto per l’opinione pubblica. Il candidato proposto dai socialdemocratici, Johannes Rau, è al contrario uno dei politici più in vista e popolari in Germania. Quindi l’elezione di H. non è affatto garantita, tanto più che l’atteggiamento di molti deputati della FDP appare incerto. Il 23 maggio 1994 H. viene eletto settimo Presidente della Repubblica Federale Tedesca solo alla terza tornata e con maggioranza relativa. Sebbene nel suo discorso di insediamento dichiari di voler esercitare le sue funzioni “senza condizionamenti” e di voler essere un buon presidente per tutti i tedeschi, la maggior parte dell’opinione pubblica avrebbe preferito un altro risultato delle elezioni. Comunque H. riesce in breve tempo, grazie al suo atteggiamento pragmatico e privo di arroganza, a liberarsi dell’“ombra” carismatica del suo predecessore diventando uno dei politici più apprezzati del paese. A ciò contribuiscono in misura decisiva la sua visione politica molto chiara e la sua capacità di esprimerla in un linguaggio semplice ed efficace. In politica estera sono tre i temi dominanti per H.: la responsabilità tedesca, l’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della) e il dialogo mondiale delle culture. In politica interna il suo mandato è caratterizzato dal tentativo di creare nell’opinione pubblica la consapevolezza della necessità di riforme politico-sociali.

H. riconosce a varie riprese e senza condizioni la responsabilità tedesca per i crimini del passato. Dietro sua iniziativa, a partire dal 1996, ogni anno in Germania si celebra la giornata in ricordo delle vittime del nazismo. Appena assunta la carica, in agosto si reca in Polonia in occasione del cinquantesimo anniversario dell’insurrezione polacca. Nello stesso luogo in cui 24 anni prima si era inginocchiato Willy Brandt, H. conclude il suo discorso “chiedendo perdono” per ciò che i tedeschi avevano commesso. Questa continuità con il pensiero della riconciliazione testimoniata dall’azione di H. Viene elogiata unanimemente sia in Polonia che in Germania. Un analogo successo politico è giudicato anche il primo viaggio compiuto da H. fuori dall’Europa, in Israele, nel dicembre 1994. Sul piano della politica interna egli ha il coraggio di esprimere anche verità scomode, esponendosi deliberatamente agli attacchi degli ambienti più conservatori di destra: per esempio, durante i preparativi per la dichiarazione di riconciliazione ceco-tedesca, il suo discorso sul “giorno della patria” dei profughi viene ripetutamente interrotto, e H. sarà definito “un traditore della patria”. Di fronte alle associazioni dei profughi, egli si esprime con foga contro le rivendicazioni tedesche sui territori orientali un tempo tedeschi e chiede ai profughi di considerare finalmente la Germania come la loro patria. L’ammissione senza compromessi da parte di H. delle colpe tedesche e il suo impegno per la riconciliazione e la comprensione gli valgono rispetto e riconoscimenti anche al di fuori dei confini tedeschi. Nel 1996 ricevuto riceve la laurea honoris causa dall’Università di Oxford. Nel maggio 1997 ottiene l’Internationaler Karlpreis della città di Aquisgrana. Poco dopo a New York viene eletto insieme a Václav Havel “uomo politico europeo dell’anno”. Nell’aprile 1998 ricevuto riceve il premio Leo Baeck del Consiglio centrale ebraico di Germania.

Per H. l’ammissione della responsabilità tedesca non riguarda solo il passato, ma comporta anche l’esigenza di diventare più attivi nel promuovere la pace e la democrazia nel mondo. In questo senso andato egli va molto oltre i suoi predecessori, chiedendo una «globalizzazione della politica estera tedesca». Secondo H., è specifico interesse della Germania svolgere un ruolo più attivo a livello internazionale, ad esempio partecipando ai provvedimenti dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (North Atlantic treaty organization, NATO) a garanzia della pace, rafforzando il ruolo delle Nazioni Unite, dando impulso al processo di Allargamento europeo In questa prospettiva l’Europa è per H. un tema dominante. In quasi tutti i suoi discorsi egli fa esplicito riferimento all’importanza e all’irrinunciabilità del processo di unione europeo. Già all’atto della sua investitura presidenziale aveva dichiarato senza possibilità di equivoci che il tempo dello Stato nazionale come unica forma di struttura politica era definitivamente concluso. Il futuro della Germania poteva essere solo in Europa e il futuro dell’Europa poteva essere solo in un’integrazione e un allargamento crescenti. Perciò H. appoggerà incondizionatamente i progetti di ampliamento a Est e di Unione economica e monetaria.

Queste convinzioni sono esposte sulla base di un’analisi della politica internazionale che per H. è caratterizzata dal contrasto fra globalizzazione e frammentazione, fra reti che agiscono a livello globale e anarchia. In questa dialettica non solo si ridefiniscono il ruolo e la funzione della Germania, ma si trasforma anche il significato delle istituzioni sovranazionali. Questa analisi percorre come un filo rosso tutte le iniziative e i discorsi di H. in materia di politica interna ed estera. Che la Germania debba cambiare profondamente a fronte delle trasformazioni economiche e politiche, viene affermato da H. nel celebre discorso di Berlino del 1997, con il quale inaugura la tradizione dei discorsi berlinesi del Presidente della Repubblica. In quest’occasione chiede a tutte le componenti della società tedesca di prepararsi per l’attuazione di grandi riforme, allo scopo di superare l’immobilismo dominante e l’autocompiacimento. Sempre nel 1997 istituisce il premio “Zukunftpreis”, che dovrebbe sensibilizzare l’opinione pubblica tedesca sulla particolare importanza di realizzazioni ad alto livello nella scienza e nella tecnica per dare impulso a ulteriori sviluppi positivi in Germania.

Nell’ottobre 1995 delinea per la prima volta la sua “visione dell’Europa” in un discorso tenuto davanti al Parlamento europeo a Strasburgo. Il discorso va molto oltre il riconoscimento dell’unione monetaria, perché in esso riecheggia il leitmotiv delle sue convinzioni politiche europeiste, al cui centro si collocano la strategia dell’allargamento, l’approfondimento e lo snellimento dell’Unione europea. Da una parte H. vede la necessità storica dell’integrazione dell’Europa orientale nell’Unione europea come l’unico mezzo per tenere sotto controllo una pericolosa anarchia. Ma al tempo stesso sostiene un’integrazione economica e politica più profonda fra gli Stati membri, nel senso di un federalismo europeo che garantisca la capacità d’azione dell’Europa in politica estera. Egli sottolinea anche la necessità di snellire l’Unione europea nel senso del Principio di sussidiarietà, di rafforzare l’Europarlamento e di promuovere un maggiore avvicinamento dei cittadini per conquistare la “mente e il cuore” dei cittadini. Federalismo, sussidiarietà e in seguito anche l’appello per una Costituzione europea sono temi costantemente toccati da H. nei suoi discorsi e introdotti nei dibattiti sul futuro dell’Europa. Anche i numerosi viaggi all’estero negli Stati dell’Europa orientale testimoniano il suo profondo interesse per l’allargamento dell’Unione europea verso Est: le sue ultime visite di Stato ufficiali nel 1990 lo portano in due paesi candidati all’adesione, Lituania e Lettonia (aveva visitato l’Estonia l’anno precedente).

L’attività di H. in politica estera non limita all’Europa. All’epoca del suo insediamento conosce grande popolarità la tesi di Huntington sul “conflitto di culture”. H. per contro respinge l’ineluttabilità di questo conflitto e in un discorso tenuto ad Islamabad nel 1995 contrappone a quest’interpretazione l’idea di un “dialogo delle culture” che avrà una vasta risonanza nel mondo islamico e sarà in seguito approfondita in altri discorsi, congressi e conferenze. H. sostiene il dialogo fra le diverse culture del mondo perché solo attraverso la comunicazione e la comprensione interculturale possono essere superati con successo i conflitti sempre più aspri sia politici che religiosi. In questo contesto dev’essere posta in primo piano la ricerca di «un nucleo etico radicato nelle culture», al fine di lavorare su ciò che è comune e di promuovere la disponibilità ad apprendere da altre culture. I suoi viaggi in piccoli paesi dell’Asia centrale, ma anche nella Corea del Nord, in Cina e in Russia sono sempre concepiti da H. nel quadro di questo dialogo.

Già due anni dopo la sua elezione H. annunciato annuncia di volersi candidare per un unico mandato presidenziale. In ogni caso il cambio di governo nel 1998 rende improbabile una sua rielezione, perciò H. non si ripresenta e nel maggio 1999 viene eletto Johannes Rau, il suo avversario nelle elezioni precedenti. Dopo la fine del mandato H. assunto assume la presidenza del consiglio di amministrazione della fondazione Brandeburger Tor della Bankgesellschaft di Berlino. Questa fondazione, creata nel 1998, si dedica alla promozione del patrimonio scientifico e culturale.

Sotto la presidenza di H., il 17 dicembre 1999, un organismo formato da 62 rappresentanti degli Stati della UE elabora una Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Questo documento intende mettere in risalto l’importanza capitale dei diritti fondamentali e la loro portata rendendoli visibili ai cittadini dell’Unione e, di conseguenza, vuole contribuire ad avvicinare maggiormente i cittadini all’Europa e a garantire i loro diritti. In qualità di esperto di diritto costituzionale, H. è consapevole della difficoltà di formulare una Carta comune che tenga conto delle diverse tradizioni e interpretazioni giuridiche dei paesi membri. Quindi l’unico fine da perseguire – come afferma nel suo discorso introduttivo – può essere quello di compilare un catalogo che un giorno possa acquisire un carattere vincolante sul piano giuridico senza dover essere eccessivamente abbreviato o riformulato. H. esercita una forte influenza soprattutto sul preambolo e sul primo capitolo dedicato alla dignità dell’uomo. Dopo circa dieci mesi e sedici sedute pubbliche, durante le quali anche rappresentanti della società civile hanno l’opportunità di chiarire il loro punto di vista, l’assemblea approvato approva la stesura definitiva della Carta il 2 ottobre 2000. Rimane intenzionalmente aperta la questione del futuro status della Carta e della sua eventuale trasformazione in un complesso di norme giuridiche vincolanti.

Per quanto riguarda l’opportunità di una futura Costituzione europea, H. ritiene che una Costituzione o una riforma sostanziale dei trattati (v. anche Revisione dei Trattati) possano creare regolamenti vincolanti sia sulla delimitazione delle competenze che sull’organizzazione degli organi costituzionali. Inoltre auspica una maggiore influenza da parte dei cittadini dell’Unione, per esempio attraverso la valorizzazione del Parlamento europeo. Comunque H. pensa ad una Costituzione europea ratificata da un accordo fra tutti gli Stati membri dell’UE e non approvata da un referendum europeo globale. Già in occasione dell’Unione monetaria H. si era espresso apertamente contro una votazione popolare. Come costituzionalista, egli mette in risalto come la Costituzione contenga già sempre in nuce l’integrazione europea, mentre come politico è anche consapevole dei pericoli a cui può andare incontro in Germania una votazione popolare su un tema nevralgico come l’abolizione del marco tedesco. Anche per una futura Costituzione europea, agli occhi di H., non sarebbe opportuna una votazione plebiscitaria (che pure egli stesso ha tanto di frequente invocato), malgrado vi siano ottime ragioni, in una prospettiva costituzionale, per contrastare un referendum a livello europeo su questa “Costituzione”. Nel rifiuto di H. sono determinanti soprattutto i timori di ordine politico, che i referendum possano trasformarsi in votazioni sui rispettivi governi nazionali e quindi facciano naufragare l’intero progetto.

Christian Wehlte (2005)

Bibliografia

Herzog R., Vision Europa. Antworten auf globale Herausforderungen, Hoffmann und Kampe Verlag, Hamburg 1996.

Herzog R., Mut zur Erneuerung. Bilanz einer Amtszeit, Ullstein, Berlin 1999.

Herzog R., Der unbequeme Präsident. Roman Herzog im Gespräch mit Manfred Bissinger und Hans-Ulrich Jörges, Hofmann und Kampe Verlag, Hamburg 1994.

Herzog R., Karl-Ludwig Günsche, Mut zur Erneuerung, Ullstein, München 2000.