Trattato di Nizza

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Il Trattato di Nizza costituisce il contesto normativo previsto per adattare il funzionamento dell’Unione europea alle prospettive di Allargamento ai paesi dell’Europa centro orientale e mediterranea; in mancanza della ratifica e dell’entrata in vigore del Trattato che istituisce una Costituzione europea, il Trattato di Nizza rimane valido, costituendo ad oggi l’ultima tappa del processo di riforma dell’Unione. Il Consiglio europeo che si tenne a Nizza tra il 7 e il 9 dicembre 2000, al termine della presidenza francese (v. anche Presidenza dell’Unione europea), costituì l’occasione per affrontare la questione delle modifiche da apportare al Trattato dell’Unione europea (v. Trattato di Maastricht).

Quello che sarebbe stato uno dei Consigli più lunghi della storia delle Istituzioni comunitarie venne caratterizzato dal vivo dibattito intorno alle proposte di modifica e alle forti divergenze tra le parti. In apertura dei lavori si svolse una sessione simbolica della Conferenza europea che si occupò delle tematiche relative all’allargamento. Il secondo atto fu la dichiarazione solenne della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il cui valore fu essenzialmente simbolico, non venendo essa inclusa nel Trattato in seguito all’opposizione britannica. Il Consiglio approvò il rapporto sulla Politica europea di sicurezza e difesa, applicando le relative modifiche al Trattato dell’Unione europea, decidendo al tempo stesso di accelerare l’adozione di misure nell’ambito della sicurezza marittima e il rafforzamento dei controlli sui trasporti. Venne posto l’accento sulla necessità di incentivare un processo di cooperazione rafforzata in quei settori ritenuti fondamentali per gli interessi nazionali. Punto importante delle sedute fu l’affermazione della volontà di rafforzare la cooperazione in ambito giudiziario. Il successivo Trattato approvato a Nizza avrebbe infatti apportato sensibili modifiche alla struttura del processo di istanza giudiziaria presso le istituzioni comunitarie. La cooperazione rafforzata nei settori di fondamentale interesse nazionale venne individuata come unica possibile prospettiva di crescita dell’Unione in campo internazionale.

Partendo dai risultati del Trattato di Amsterdam, si decise di impostare i futuri rapporti tra gli Stati membri sulla base di un accordo che fosse in grado di garantire le diverse istanze manifestate da alcuni paesi relativamente alla definizione di una Politica estera e di sicurezza comune, concentrando gli sforzi dell’Unione sulle materie di esclusiva competenza comunitaria e potenziando per quanto possibile il processo di identificazione di una strategia comune. La possibilità di veto sancita ad Amsterdam per uno Stato che fosse ostile a una decisione dell’Unione venne sostituita con un diritto di appello ad una votazione a maggioranza qualificata. Venne inoltre stabilito il rafforzamento della posizione del Presidente della Commissione europea, la cui designazione spetta al Consiglio dei ministri con maggioranza qualificata, abbandonando così la procedura consensuale. La sua posizione risultò rafforzata in virtù del compito affidatogli di assegnare le rispettive funzioni ai vari commissari e la possibilità di nomina del vicepresidente (art. 217). Ogni paese avrebbe avuto un solo rappresentante; significativa inoltre la facoltà di domandare le dimissioni di un membro della Commissione europea. Il potere decisionale rimase comunque affidato al metodo collegiale. La candidatura dei membri della Commissione venne anch’essa affidata a una maggioranza qualificata in accordo con il presidente e alla successiva conferma da parte del Parlamento europeo. Il presidente e gli altri membri sono soggetti, come corpo unico, all’approvazione dell’organo parlamentare.

Successivamente alla delibera, la Commissione avrebbe dovuto ottenere l’approvazione del Consiglio a maggioranza qualificata. Venne definita una nuova distribuzione dei seggi al Parlamento europeo, con una parziale riduzione dei rappresentanti per i vecchi membri finalizzata a garantire una adeguata presenza ai nuovi paesi, evitando però di costituire una struttura eccessivamente ampia. Il ruolo del Parlamento risultò rafforzato. La Procedura di codecisione nell’ambito del Consiglio venne estesa con maggioranza qualificata a una serie di nuove materie, tra cui la Politica industriale, le Politiche dell’immigrazione e dell’asilo e la Cooperazione giudiziaria in materia civile. Questa scelta si rese necessaria in seguito alla constatazione delle numerose paralisi subite nelle procedure decisionali (v. Processo decisionale) a causa della necessità del Voto all’unanimità. La soluzione venne individuata nella ricerca di una votazione qualificata, con la maggioranza numerica degli Stati e la contemporanea maggioranza nella rappresentanza della popolazione dell’Unione.

Il Trattato di Nizza, firmato il 26 febbraio 2001, fissava la nuova struttura dell’Unione in funzione dell’adesione dei nuovi membri dell’Europa centro orientale e mediterranea. Esso rimuoveva gli ostacoli formali al processo d’allargamento, riaffermando al tempo stesso la sua importanza quale fattore di pace, coesione e progresso. L’Unione europea avrebbe agito d’ora in poi sulla base di tre pilastri (v. Pilastri dell’Unione europea), il primo dei quali, relativo alla Comunità economica europea e alla Comunità europea dell’energia atomica (Euratom), sarebbe stato gestito con il metodo dell’integrazione comunitaria. Gli altri due pilastri, significativamente, vennero mantenuti sotto il controllo dei governi, decidendo di applicare alla loro gestione il metodo della Cooperazione intergovernativa. Il Consiglio europeo mantenne dunque il pieno controllo sui settori della politica estera e di difesa (artt. Dall’11 al 28 del Trattato) e sulle questioni di Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (artt. dal 29 al 42). La politica estera e di sicurezza comune avrebbe dovuto includere una progressiva integrazione della politica di difesa, compresa la partecipazione congiunta a operazioni di crisis management e peacemaking, senza pregiudicare le specifiche caratteristiche di sicurezza dei singoli Stati, tenendo in considerazione al tempo stesso l’adesione della maggioranza dei paesi all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (North Atlantic Treaty Organization, NATO). La Commissione avrebbe potuto suggerire al Consiglio alcuni settori d’intervento, in attesa di una sua successiva delibera a maggioranza qualificata. Il Trattato istituiva inoltre il Comitato politico e di sicurezza, incaricato di monitorare la situazione internazionale e di contribuire, fornendo le proprie valutazioni al Consiglio, alla definizione della politica dell’Unione (art. 25). Inoltre, l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune (art. 26) era incaricato di provvedere affinché «il Parlamento europeo e tutti i membri del Consiglio siano pienamente informati dell’attuazione delle cooperazioni rafforzate nel settore della politica estera e di sicurezza comune» (art. 27d).

Il Trattato introdusse una maggiore flessibilità nella Armonizzazione dei diversi sistemi legali, rafforzando il ruolo della Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea) e del Tribunale di primo grado. Vennero inoltre ripresi nel testo del Trattato tutti i temi relativi alla Libera circolazione delle persone e al settore dell’occupazione, ribadendo l’impegno dell’Unione nel sostenere e incoraggiare lo scambio di conoscenze, senza imporre tuttavia particolari vincoli alle politiche dei singoli Stati. Venne precisata la qualifica dei membri del Comitato economico e sociale europeo (CES), i quali membri rappresentano le «varie componenti di carattere economico e sociale della società civile organizzata» (artt. 165 e 257). Il Trattato estese gli ambiti della Codecisione, applicando le procedure del voto a maggioranza qualificata a una nuova serie di materie, comprendenti giustizia, affari interni (v. Giustizia e affari interni), lotta alla discriminazione e alle politiche relative ai rifugiati e all’immigrazione. L’entrata in vigore del Trattato di Nizza venne prevista per il 1° febbraio 2003.

Il Parlamento europeo riconobbe nel maggio 2001 l’importanza del Trattato di Nizza relativamente al processo di allargamento, evidenziandone tuttavia le lacune in termini di effettiva capacità di cooperazione e criticando l’eccessivo potere decisionale ancora detenuto dai singoli governi. Significative le difficoltà nello stabilire il numero dei commissari in seguito alle diverse posizioni assunte dagli Stati membri, interessati a difendere per motivi di prestigio la propria posizione all’interno della Commissione. Tutti i paesi erano infatti interessati ad avere un proprio rappresentante al suo interno. La delicata questione non è stata adeguatamente regolata a Nizza, in quanto permettendo la presenza di un membro per ogni paese si creava in effetti una struttura eccessivamente ampia. Tuttavia l’abbandono delle decisioni all’unanimità da parte del Consiglio su molte materie d’interesse comunitario risultava senz’altro una scelta di grande importanza per lo sviluppo della capacità decisionale dell’Unione.

Andrea Carteny (2009)

Bibliografia

Trattato di Nizza che modifica il trattato sull’Unione europea, i trattati che istituiscono le comunità europee e alcuni atti connessi, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Lussemburgo 2001.

Andenas M., Usher J. (a cura di), The Treaty of Nice and beyond: Enlargement and Constitutional Reform, Hart Publishing, Oxford 2003.

Berthu G., Traité de Nice: l’Europe sans repères. Texte comparé et commenté, F.-X. de Guibert, Paris 2001.

Smith B., Constitution Building in the European Union. The Process of Treaty Reforms, Kluwer Law International, The Hague-London-New York 2002.

Tizzano A. (a cura di), Il Trattato di Nizza: con i testi coordinati dei trattati sull’Unione europea e sulla Comunità europea, Giuffrè, Milano 2003.