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Statuto dei partiti politici europei

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livello europeo volto al loro riconoscimento e finanziamento a carico del bilancio comunitario (v. Bilancio dell’Unione europea), così come previsto dalla normativa comunitaria in vigore (v. anche Diritto comunitario). Gli statuti dei partiti politici europei, nel senso appena descritto, sono un portato recente nel processo di integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della).

Sebbene la creazione dell’assemblea della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), nel 1952, e del Parlamento europeo (PE) della Comunità economica europea (CEE), nel 1958, avessero già portato alla costituzione di gruppi politici basati non sulla nazionalità ma sul colore politico dei membri rappresentanti, l’organizzazione delle maggiori famiglie politiche nazionali in federazioni di partiti a livello europeo risale agli anni Settanta. Le Elezioni dirette del Parlamento europeo nel 1979 avevano determinato una spinta verso una maggiore presenza dei partiti a livello europeo. Si trattava tuttavia di entità non istituzionalizzate. L’ingresso della Grecia nella Comunità nel 1981 e poi della Spagna e del Portogallo nel 1986, avevano dimostrato la grande importanza politica del processo di integrazione economica europea, che era stato in grado di attrarre nell’area delle democrazie occidentali paesi appena usciti da regimi dittatoriali. Ma mentre negli Stati europei (almeno in quelli occidentali) vigeva ormai ovunque la democrazia basata sull’attività dei partiti politici, nel modello comunitario il processo di rappresentanza democratica rimaneva paradossalmente ancora debole. Cresceva l’esigenza di colmare il Deficit democratico della Comunità, da attuarsi non solo attraverso un rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo, cosa che è avvenuta nel corso degli anni Novanta, ma anche attraverso il riconoscimento dei soggetti politici la cui funzione ideale consiste nel rendere possibile la partecipazione dei cittadini alla formazione delle scelte politiche. Su impulso dei partiti politici europei e del Parlamento europeo, in particolare, si fece largo l’opinione che non fosse più dilazionabile l’inserimento nel Trattato (v. anche Trattati) di un riferimento specifico ai partiti politici europei. Nonostante le molte resistenze soprattutto da parte di alcuni Stati membri, la cosa divenne realtà con il Trattato di Maastricht, firmato nel febbraio1992, dove all’articolo 308A si affermava che «i partiti politici a livello europeo sono importanti in quanto fattori d’integrazione nell’ambito dell’Unione. Essi contribuiscono alla formazione di una coscienza europea e all’espressione della volontà politica dei cittadini dell’Unione».

Quasi quarant’anni dopo la nascita dell’Assemblea della CECA, il processo di integrazione europea si allineava a quanto già previsto, su base nazionale, in diverse Costituzioni degli Stati membri (per esempio, all’articolo 49 della Costituzione della Repubblica italiana, che riconosce il ruolo dei partiti politici). L’indicazione del Trattato lasciava ancora incerti i modi in cui questo riconoscimento si sarebbe dovuto tradurre in termini giuridici. Si aprì quindi una stagione di dibattito all’interno delle Istituzioni comunitarie e nei partiti stessi che sfociò in varie proposte nell’ambito della Conferenza intergovernativa (v. Conferenze intergovernative) del 1996. Nessun cambiamento fu introdotto tuttavia nel Trattato di Amsterdam del 1997, a parte la numerazione dell’articolo sui partiti, che da 308A diventava 191. Il dibattito sull’articolo 191 proseguiva fino alla Conferenza intergovernativa successiva dell’anno 2000 e non sarebbero mancate nel frattempo le richieste del Parlamento europeo alla Commissione europea affinché presentasse una proposta di regolamento sullo statuto dei partiti basata sull’articolo 191 (il tentativo però sarebbe rimasto senza seguito). Al Consiglio europeo di Nizza la convergenza tra Commissione, Parlamento e presidenza francese del Consiglio (v. Consiglio dei ministri; Presidenza dell’Unione europea) gioverà a far andare in porto però l’aggiunta decisiva all’articolo 191, che aprirà la via alla presentazione di atti giuridici conseguenti e che recita: «il Consiglio, decidendo conformemente alla procedura prevista all’articolo 251 [ovvero la codecisione con il Parlamento europeo], stabilisce lo statuto dei partiti politici a livello europeo e in particolare le norme relative al loro finanziamento» (v. Procedura di codecisone). Gli Stati membri sostenitori del Principio di sussidiarietà si erano accontentati alla fine di una dichiarazione allegata al Trattato di Nizza, nella quale si precisava che «le disposizioni dell’articolo 191 non comportano alcun trasferimento di competenze alla Comunità e non intaccano l’applicazione delle corrispondenti norme costituzionali nazionali». Se dal punto di vista dei rapporti di forza tra le istituzioni europee il ruolo di colegislatore guadagnato dal Parlamento europeo a Maastricht e ad Amsterdam negli anni Novanta era servito a far fare passi avanti anche alla “questione” dello statuto dei partiti, sul piano politico la pressione dei partiti più filoeuropeisti aveva avuto ragione delle resistenze degli interessi nazionali, alla vigilia dei negoziati che avrebbero portato l’Unione europea al più grande Allargamento della sua storia e alla confluenza sulla scena europea di componenti nuove, di provenienza centro orientale, nelle famiglie politiche tradizionali.

Nondimeno, all’origine della proposta di regolamento che la Commissione presentò dopo l’entrata in vigore del Trattato di Nizza, vi era anche un’esigenza di trasparenza finanziaria, resa più pressante da una relazione della Corte dei conti del 2000, che aveva mosso una serie di rilievi contro la prassi di sovrapporre i bilanci dei partiti europei e dei Gruppi politici al Parlamento europeo.

Il regolamento (CE) n. 2004/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativo allo statuto e al finanziamento dei partiti politici a livello europeo, stabilisce regole precise sulle condizioni per ottenere un finanziamento e conferisce al Parlamento europeo la facoltà di adottare, entro tre mesi, previa domanda da parte di un partito politico europeo, una Decisione in merito (le sovvenzioni sono a carico del bilancio del Parlamento europeo, che è una sezione di spesa amministrativa del bilancio dell’Unione). Il PE ha, inoltre, il potere di autorizzare e gestire gli stanziamenti corrispondenti (art. 4.1). Nel primo anno di applicazione del regolamento, il 2004, le risorse disponibili in bilancio sono state distribuite agli otto partiti richiedenti che soddisfano i requisiti essenziali previsti, ovvero: avere la personalità giuridica nello Stato membro dove ha sede, essere rappresentato, in almeno un quarto degli Stati membri, da membri del Parlamento europeo, nazionale o delle assemblee regionali, oppure aver raccolto, in almeno un quarto dei paesi membri, almeno il 3% dei voti espressi in ognuno dei paesi membri nelle ultime elezioni europee; rispettare, nel programma e nell’attività, i principi sui quali è fondata l’Unione europea ovvero i principi di libertà, democrazia, rispetto dei Diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché lo Stato di diritto; aver preso parte o avere espresso l’intenzione di partecipare alle elezioni europee.

I gruppi politici

I gruppi politici costituiscono la vera anima della vita politica del Parlamento europeo ed è in base al loro peso e alle alleanze tra di loro che, rispettivamente all’inizio e a metà della legislatura, vengono individuate le cariche e la composizione dei diversi organi elettivi: dalla presidenza, alle commissioni e delegazioni, dai questori ai componenti dell’ufficio di presidenza (Bureau). Ai presidenti dei gruppi politici è inoltre formalmente affidata dal regolamento del Parlamento, mediante la Conferenza dei presidenti, una serie di decisioni riguardanti l’organizzazione dei lavori del Parlamento europeo (ordine del giorno delle sedute plenarie, autorizzazioni di vario tipo per missioni e istituzione di organi temporanei, ecc.). Il funzionamento istituzionale di questo organo, presieduto dal presidente del PE, è garantito da funzionari del Segretariato generale mentre, per le scelte di merito, i membri politici sono assistiti da consiglieri dei rispettivi gruppi di appartenenza.

I gruppi politici contribuiscono a formare le decisioni politiche prese dal PE in ambito politico, legislativo e di bilancio, sulla base delle risoluzioni e degli emendamenti approvati lungo tutta la fase delle procedure del PE, dai voti nelle commissioni parlamentari a quelli della “plenaria”, che spesso possono differire proprio a causa del diverso peso e della diversa composizione dei gruppi all’interno dei singoli organi deliberanti. La formazione di alleanze tra i gruppi e l’elaborazione di soluzioni di compromesso tra le diverse posizioni vengono raggiunte, di regola, dopo che all’interno dei singoli gruppi le varie componenti hanno raggiunto, a loro volta, una posizione comune. Questi processi e meccanismi intervengono nel corso di regolari riunioni di gruppo che precedono quelle corrispondenti degli organi del PE. Le decisioni prese dai componenti di un gruppo nell’ambito del lavoro di una determinata commissione parlamentare (ad esempio, la preparazione del voto relativo a una proposta di legge), vengono solitamente rese note preventivamente alla riunione generale del gruppo, in modo da raccogliere e far propri gli eventuali orientamenti dei Vertici. Dopo il voto in commissione, i gruppi hanno poi formalmente la possibilità di intervenire ulteriormente per presentare emendamenti al testo che giungerà in aula per il voto definitivo, come previsto dal regolamento del PE.

Anche i dibattiti politici, durante le plenarie del PE, si svolgono sulla base dei tempi messi a disposizione dei gruppi politici da parte del presidente, seguendo l’ordine della loro consistenza numerica. Il primo giro di interventi, politicamente più rilevanti, riguarda i presidenti dei gruppi. Molte volte, taluni dibattiti su questioni urgenti e di grande rilevanza per la vita dell’Unione (ad esempio l’audizione del Presidente della Commissione europea o del presidente di turno del Consiglio dopo un vertice europeo) si svolgono, se il PE non è riunito in seduta plenaria, sotto forma di convocazioni della Conferenza dei presidenti di gruppo, eventualmente allargata ad altri membri del PE.

Dopo le elezioni del giugno 2004, le prime dell’Unione a 25 Stati membri, si sono formati sette gruppi (otto, considerando anche quello che riunisce i non iscritti) sulla base dei requisiti previsti dal regolamento del PE. I gruppi attualmente sono i seguenti: Partito popolare europeo-Democratici europei (PPE-DE), Partito socialista europeo (PSE), Alleanza dei liberali e democratici per l’Europa (ADLE) (v. Liberaldemocratici europei), Partito verde europeo, Gruppo confederale della sinistra unitaria europea (GUE) (v. Gruppo della sinistra europea e della sinistra verde nordica), Indipendenza e democrazia (IND/DEM), Unione per l’Europa delle nazioni (UEN), Identità, tradizione, sovranità (ITS), Non iscritti (NI). Nelle loro file sono attivi membri di diversi paesi, che sono normalmente riuniti in delegazioni nazionali facenti capo a una stessa compagine politica dello Stato di provenienza. È in base al peso delle diverse delegazioni nazionali nell’ambito del gruppo di riferimento che vengono assegnate sia le cariche all’interno del gruppo stesso, sia quelle spettanti al gruppo nell’insieme degli organi elettivi del PE. Le posizioni politiche dei membri sono prese abitualmente in linea con gli orientamenti generali e secondo la disciplina del gruppo di appartenenza. Può tuttavia capitare che talune maggioranze su voti relativi ad attività parlamentari siano raggiunte in base a sensibilità nazionali trasversali ai gruppi o mediante la formazione di alleanze anomale tra gruppi politicamente molto distanti tra loro.

I membri possono in qualunque momento decidere di lasciare un gruppo, per passare a un altro o per restare indipendenti all’interno del gruppo dei non iscritti. Se lascia un gruppo, il membro può mantenere la carica eventualmente ricoperta, in quanto questa è stata sì ottenuta in base a una designazione del gruppo di provenienza, ma formalmente approvata dall’organo competente del PE che si riferisce alla persona fisica del deputato eletto.

La scelta del singolo o di più deputati di lasciare un gruppo può derivare da varie cause, tra cui ad esempio, la volontà di non sottostare alle decisioni prese dal gruppo di appartenenza sull’ingresso di nuovi membri, sulla fusione con un altro gruppo, o ancora sul mutamento di alleanze politiche in ambito nazionale. Analogamente, il gruppo può decidere se accettare l’esclusione, la sospensione o l’espulsione di uno o più membri, in base alle regole interne del gruppo stesso.

Storicamente, i gruppi sono nati prima dei partiti politici europei, e anche se sono esistiti dall’inizio, tra i primi e i secondi, forti legami dal punto di vista dell’ispirazione e dei programmi, lo statuto di questi ultimi, entrato in vigore nel 2004, prevede una netta separazione tra i due soggetti, almeno sotto il profilo amministrativo e contabile. I gruppi dispongono di un proprio bilancio e di propri funzionari, inquadrati a parte rispettivamente nel bilancio generale e nell’organigramma del personale del PE. Essi sono organizzati autonomamente, in modo gerarchico e in linea con la composizione del Segretariato e degli organi del PE. I gruppi possono impegnare le proprie risorse finanziarie, ad esempio, per organizzare seminari di formazione politica, audizioni di esperti, documentazione e materiale divulgativo o promozionale, nonché riunioni politiche al di fuori delle strutture del PE.

Massimo Palumbo (2009)