Semplificazione Legislativa

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Obiettivo della semplificazione legislativa è quello di alleggerire le disposizioni legislative grazie all’applicazione dei principi di necessità e di proporzionalità (v. Principio di proporzionalità). La semplificazione è realizzata in via principale tramite la rifusione (v. Rifusione dei testi normativi), la codificazione (v. Codificazione dei testi normativi) e il Consolidamento dei testi legislativi.

Nel 1992 il Consiglio europeo di Edimburgo ha attribuito grande rilievo al concetto di semplificazione, data la produzione particolarmente abbondante di testi legislativi europei, talché è divenuta prioritaria l’opera di semplificazione legislativa volta a garantire la necessaria efficienza delle azioni comunitarie. Si tratta di intensificare l’impegno per rifondere e codificare il Diritto comunitario e per migliorare la redazione dei testi legislativi sotto il profilo della chiarezza del linguaggio e della coerenza con la legislazione già in vigore.

Nel maggio del 1996 è stato attuato il programma pilota Simpler legislation for the internal market (SLIM). Nel 1997, all’atto finale della Conferenza intergovernativa (v. Conferenze intergovernative) è stata allegata una dichiarazione relativa alla qualità redazionale della legislazione comunitaria. In essa si raccomanda al Parlamento europeo, al Consiglio dei ministri e alla Commissione europea di formulare linee direttrici al fine di migliorare la forma della legislazione.

Sul tema in esame assumono ora rilievo due recenti studi, quasi contemporanei: la relazione finale del Gruppo IX “Semplificazione” della Convenzione Europea (CONV 424/02 – WG IX 13 del 29 novembre 2002), e la comunicazione della Commissione europea in tema di architettura istituzionale (comunicazione 728, def., del 4 dicembre 2002).

I lavori del Gruppo IX sono partiti da una constatazione: non vi è nulla di più complesso della semplificazione. In effetti, la semplificazione degli strumenti e delle procedure dell’Unione europea è un’operazione con implicazioni considerevoli, direttamente connessa con il livello di democrazia delle Istituzioni comunitarie.

Attualmente l’Unione dispone di 15 differenti strumenti giuridici. Taluni di questi, anche se hanno nomi diversi, producono effetti simili: andrebbe quindi ridotto il loro numero, allo scopo di rafforzare i fondamenti democratici dell’ordinamento giuridico dell’Unione grazie a una migliore intelligibilità del sistema. Il Gruppo ha perciò avanzato una proposta che la Convenzione ha accolto e che ora è contenuta nell’art. 32 della parte I del progetto di Trattato costituzionale (v. Costituzione europea). Gli strumenti giuridici di cui sopra verrebbero distinti in obbligatori e non obbligatori. I primi sarebbero: la legge europea (ex “regolamento”), atto di portata generale, direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri; la legge quadro europea (ex “Direttiva”), atto che vincola gli Stati membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla scelta della forma e dei mezzi; la Decisione europea, atto non legislativo obbligatorio in tutti i suoi elementi; se designa dei destinatari, è obbligatoria soltanto nei confronti di questi. Gli strumenti giuridici non obbligatori, e quindi privi di effetto vincolante, sarebbero, come nell’attuale sistema (art. 249), le raccomandazioni (v. Raccomandazione) e i pareri (v. Parere) adottati dalle istituzioni.

Oggetto di attenzione è costituito altresì dalla categoria dei c.d. «atti atipici», ossia gli atti utilizzati dalle istituzioni, ma non previsti dal Trattato (v. anche Trattati) e privi in linea di massima di valore giuridico vincolante (Risoluzioni, conclusioni, dichiarazioni, ecc.). Il Gruppo IX ha ritenuto che la semplificazione di tali atti debba essere effettuata con cautela, al fine di preservare la flessibilità necessaria nella loro utilizzazione, pur sottolineando che il legislatore (Parlamento/Consiglio) dovrebbe astenersi dall’adottare atti atipici in una materia quando gli siano state presentate proposte o iniziative legislative riguardanti la stessa materia. Infatti, l’utilizzazione degli atti atipici nei settori legislativi potrebbe suscitare l’impressione che l’Unione legiferasse attraverso l’adozione di strumenti atipici.

Oltre agli atti, la semplificazione riguarda le procedure. Il numero elevato di procedure diverse figuranti nel trattato, si spiega con la varietà delle consultazioni di varie istituzioni o organi (Comitato economico e sociale, Comitato delle regioni, Banca centrale europea, ecc.) e con le due modalità principali di voto al Consiglio (Voto all’unanimità o Maggioranza qualificata; v. anche Maggioranza ponderata). Se, restringendo il campo d’indagine, si prendono in considerazione solo i ruoli rispettivi del Parlamento europeo e del Consiglio, le procedure di decisione (v. Processo decisionale) sono limitate essenzialmente a cinque, ossia la Procedura di codecisione (Codecisione), la Procedura di cooperazione, la Procedura di consultazione e la Procedura di parere conforme del Parlamento e la presa di decisione da parte del Consiglio.

Dal canto suo la Commissione, nella comunicazione citata, osserva che la specificità della costruzione europea è all’origine della complessità del sistema attuale, ma ritiene che sia possibile semplificare le modalità con cui l’Unione esercita le sue principali funzioni.

Circa la funzione legislativa, al fine di rafforzare la legittimità democratica delle decisioni dell’Unione, viene ritenuto opportuno applicare la procedura di codecisione all’adozione di tutte le leggi europee, nonché generalizzare il voto a maggioranza qualificata in sede di Consiglio, onde assicurare che l’Unione allargata (v. Allargamento) conservi la capacità di decidere. In determinati casi sensibili, il legislatore dovrebbe poter ricorrere a maggioranze rafforzate, ipotesi questa che agevolerebbe il progressivo abbandono del principio dell’unanimità.

In vista della semplificazione, potrà essere opportuno adottare testi attuativi a livello dell’Unione, tenendo presenti le competenze da essa esercitate: competenze legislative e competenze non legislative. Esemplificando, si situano tra queste ultime le misure di coordinamento delle strategie nazionali in materia di politica economica e/o di occupazione, dell’organizzazione della cooperazione amministrativa, o ancora della Politica estera e di sicurezza comune. È bene comunque che le competenze vengano presentate in modo tale da mettere in luce i vari livelli di intensità dell’azione dell’Unione e la portata delle sue responsabilità, senza tuttavia introdurre elementi di rigidità intrinseci a una catalogazione delle competenze.

Nell’esercizio delle varie attività, poiché una graduale evoluzione istituzionale è suscettibile di favorire la semplificazione, potrebbe risultare utile ricorrere ad agenzie europee di regolamentazione là dove si tratti di fornire assistenza tecnica alle istituzioni, elaborare pareri e raccomandazioni e adottare decisioni individuali nel quadro di una determinata Legislazione. Gli attuali trattati non contengono una specifica base giuridica sulla quale fondare il ricorso a cosiffatte agenzie, e sarebbe perciò opportuno provvedere al riguardo.

In tema di bilanci, gli obiettivi della semplificazione sono l’equità, l’equilibrio tra entrate e spese, la semplicità, l’ampliamento della capacità dell’Unione di definire le modalità del suo finanziamento, la razionalizzazione delle procedure per l’adozione della decisione sulle Risorse proprie e per l’adozione del Bilancio comunitario (v. Bilancio dell’Unione europea).

L’equilibrio tra le istituzioni e la condivisione dei poteri sono entrambi caratteristici della costruzione europea. Tra Cooperazione intergovernativa e strutture federali (v. Federalismo), il metodo comunitario (v. anche Funzionalismo) ha saputo aprire una strada che concilia l’efficacia e il rispetto delle identità nazionali. È auspicabile che qualsiasi operazione di semplificazione rispetti tale equilibrio ed eviti la creazione di nuove istituzioni che renderebbero meno comprensibili ed efficienti i meccanismi decisionali.

Giorgio Bosco (2007)

Bibliografia

Rossi L.S., Il buon funzionamento del Mercato comune, Giuffrè, Milano 1990.