Barón Crespo, Enrique Carlos

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B.C. (Madrid 1944), avvocato ed economista già presidente del Parlamento europeo e vicepresidente dell’Internazionale socialista, attualmente è membro del Gruppo parlamentare del Partito socialista europeo (PSE), nonché membro della commissione per gli Affari costituzionali e della Delegazione per le relazioni con gli Stati Uniti al Parlamento europeo.

Nato in una famiglia della media borghesia nel quartiere madrileno di Salamanca, ha studiato nel Colegio Calasancio de las Escuelas Pías, si è laureato in Legge nella Universidad Complutense di Madrid e in Amministrazione di imprese presso l’Instituto católico de alta dirección de empresas (ICADE) di Madrid, oltre a diplomarsi presso l’École supérieure de sciences economiques et commerciales (ESSEC) di Parigi. Durante gli studi universitari cominciò la sua militanza nell’opposizione alla dittatura di Franco, dal 1962 all’interno della Federación Universitaria de estudiantes de España (FUDE), fondata l’anno precedente in clandestinità da studenti di sinistra avversi al Sindicato español universitario (SEU), di orientamento falangista, all’epoca l’unico ammesso.

Nel 1964 entrò a far parte della Unión sindical obrera (USO), fondata in clandestinità nel 1960 da militanti operai provenienti da organizzazioni apostoliche, come le Juventudes obreras católicas (JOC) e la Hermandad obrera de acción católica (HOAC), allo scopo di colmare il vuoto delle organizzazioni sindacali storiche e organizzare il nuovo movimento operaio. La USO traeva ispirazione da un umanesimo laico, socialista e autogestito, fortemente influenzato dalla CFDT (Confédération française démocratique du travail) francese e dalla FIM-CISL (Federazione italiana metalmeccanici-Confederazione italiana sindacati dei lavoratori) italiana; rispetto alla vecchia Unión general de trabajadores (UGT) poneva l’accento sull’autonomia sindacale nei confronti dei partiti politici e difendeva la partecipazione alle elezioni ufficiali del Sindicato vertical franchista per promuovere l’organizzazione tra le nuove generazioni di lavoratori. B.C. entrò a far parte del comitato nazionale formato, tra gli altri, da Eugenio Royo, Ramón Gaitero, Agapito Ramos, José Domingo Martínez Badiola, Gregorio Cristóbal, Esteban Caamaño e Juan Orellana, incarcerati per “associazione illecita” nel dicembre 1966 e processati di fronte al Tribunal de orden público (TOP). Durante la dittatura B.C. fu detenuto complessivamente sei volte e dovette affrontare altri tre processi.

Fra il 1968 e il 1972 la USO conobbe un’evoluzione durante la quale andarono configurandosi due tendenze interne: una linea più sindacalista, in cui si prospettava una fusione con la UGT, e una linea più strettamente politica, favorevole ad assumere un partito come referente per il sindacato. B.C. fu una figura di spicco di questo secondo orientamento e promosse un progetto per “ricostruire il movimento socialista”, poi sfociato nella fondazione di Reconstrucción socialista (RS). Tuttavia, prima del fallimento dei colloqui con la UGT e il Partido socialista obrero español (PSOE), il gruppo di RS diretto da B.C. insieme a Eugenio Royo e Agapito Ramos lanciò il cosiddetto “progetto zero” finalizzato alla creazione di un raggruppamento indipendente, seppure ispirato dall’ideologia della USO, che fu alla base di Convergencia socialista de Madrid (CSM), nella quale B.C. assunse la carica di segretario. Nel 1974 contribuì inoltre alla creazione della Federación de partidos socialistas (FPS), che propugnava un rinnovamento del socialismo spagnolo su basi federative. Dopo la morte di Franco, con l’inizio della transizione verso la democrazia e di fronte alla prospettiva di libere elezioni nel giugno 1977, si intensificarono le trattative con il PSOE, che in seguito ad un accordo raggiunto con parte della FPS, e specialmente del Partido de los socialistas de Cataluña (PSC), approdarono all’integrazione della CSM nella Federación socialista madrileña (FSM), con B.C. in terza posizione nella lista dei candidati per Madrid.

Oltre alla militanza politica, tra il 1966 e il 1970 B.C. fu docente di Economia agraria nell’Instituto nacional de Economía agraria (ENEA) di Valladolid e di Struttura economica presso l’Universidad Complutense di Madrid. Lasciò l’insegnamento universitario per aprire, insieme ad Agapito Ramos, uno studio di consulenza giuridica ed economica, esercitando la professione di avvocato in difesa di leader operai, militanti antifranchisti e membri della Unión militar democrática (UMD). Fece parte del comitato di redazione della rivista di opposizione “Cuadernos para el Diálogos”, collaborò anche con le riviste progressiste “Triunfo”, “España Económica” e “Cambio 162”, e pubblicò le opere Población y hambre en el mundo (1966), El final del campesinado (1970) e La civilización del automóvil (1971). Risale a questi anni anche la sua partecipazione alla Asociación española de cooperación europea (AECE) e al Movimento europeo.

Come deputato del PSOE nelle legislature del 1977, 1979 e 1982, e portavoce per l’Economia e il bilancio del Gruppo parlamentare socialista, B.C. prese parte attiva all’elaborazione dei Patti della Moncloa, della Costituzione, degli Statuti dell’autonomia e della riforma fiscale, come pure all’opposizione parlamentare. Nel 1978 presentò per il gruppo socialista un emendamento contro il cosiddetto “privilegio di menzione” della Chiesa cattolica nella Costituzione, in quanto avrebbe portato ad una “confessionalizzazione subdola dello Stato”. Dopo la vittoria del PSOE alle elezioni del 1982 B.C. fu nominato ministro dei Trasporti, del turismo e delle comunicazioni. Durante il suo mandato ha promosso la modernizzazione della politica per il turismo e del sistema del traffico aereo, e la riforma della rete ferroviaria nazionale (RENFE); malgrado abbia dovuto affrontare diversi scioperi e due disastri aerei nell’aeroporto di Madrid, nel 1983, la sua condotta è stata giudicata positivamente dalle due commissione di indagine delle Cortes.

L’uscita dal governo nel 1985 segnò l’inizio della sua lunga carriera nel Parlamento europeo, in un primo tempo, e più precisamente dal gennaio 1986, come deputato del gruppo parlamentare socialista europeo (v. anche Gruppi politici al Parlamento europeo), (in tale veste presiedette la commissione che ha preparato il manifesto elettorale dei socialisti nel 1989), poi come vicepresidente del Parlamento europeo fra il luglio 1986 e il gennaio 1989 e, infine, come presidente fra il luglio 1989 e il gennaio 1992, ossia nel periodo caratterizzato dalla caduta del Muro e dalla riunificazione tedesca (v. Germania). Durante la sua presidenza B.C. si adoperò per garantire la massima partecipazione del Parlamento europeo ai dibattiti finalizzati all’elaborazione del Trattato di Maastricht: «Nella mia posizione di presidente del Parlamento europeo ho avuto l’opportunità di essere coprotagonista privilegiato e testimone d’eccezione della gestazione del Trattato dell’Unione europea, dato che la sorte ha voluto che il mio mandato cominciasse con l’inizio del disgelo nell’estate del 1989 e si concludesse con l’approvazione del Trattato. […] Così arrivammo al Consiglio di Maastricht, in una mattina fredda e soleggiata in cui dovetti congedarmi da presidente rivolgendo un appello al Consiglio affinché sostenesse il progetto di un’Unione europea di tipo federale, con un Trattato unitario e coerente, fondato su una doppia legittimità democratica, con una filosofia di fondo condivisa, una personalità giuridica e procedure analoghe per l’assunzione di decisioni, una chiara definizione della codecisione legislativa, la legittimazione dell’esecutivo comunitario, la comunitarizzazione della Politica estera e della sicurezza comune (PESC), e un’Unione economica e monetaria (UEM) associata all’Unione politica, in cui si tenesse conto della coesione e della dimensione sociale». In seguito, dal gennaio 1992 al luglio 1994, B.C. fu presidente della commissione Affari esteri e sicurezza, e dal 1994 al 1999 membro di questa stessa commissione. Attualmente è tra l’altro membro titolare della commissione Affari costituzionali e supplente della commissione per i problemi economici e monetari.

Il pensiero di B.C. sulla costruzione europea è sviluppato soprattutto nelle opere Europa ’92: el rapto del futuro (1989) ed Europa en el alba del milenio (1994), pubblicate in varie lingue. La prima è caratterizzata dalla preoccupazione, dominante in quel periodo, su come procedere per portare a termine il mercato interno con gli strumenti dell’Atto unico europeo, e su come organizzare un nuovo modus vivendi con l’URSS della perestrojka che alla fine si era decisa a riconoscere l’esistenza della Comunità economica europea (CEE) con la Dichiarazione di Lussemburgo del giugno 1988. La seconda, nella nuova edizione del 1999, è dedicata alla nascita del Trattato di Maastricht e alla sua riforma, concordata ad Amsterdam nel 1997 (v. Trattato di Amsterdam), all’Unione economica e monetaria e all’Euro. Si trattava inoltre, come dichiara l’autore, «di dare risposta alle critiche formulate da Giuliano Amato nella sua prefazione all’edizione italiana del libro», per cui «ho ritenuto opportuno inserire un capitolo dedicato all’“Agenda 2000”, nella sua duplice dimensione: quella del nuovo patto finanziario di cui è stato avviato il negoziato, facendo riferimento alle politiche fondamentali comunitarie e specialmente alla coesione economica e sociale, e quella dell’Allargamento all’Europa centrale e orientale». Secondo il giudizio dell’ispanista Paul Preston, «le sue spiegazioni sia degli ideali sia degli obiettivi concreti che hanno ispirato l’evoluzione dal Piano Schuman all’Unione europea sono efficaci e utili. Senza dubbio è difficile immaginare una storia del progetto di unità europea e dello sviluppo dalla CEE alla CE e, in seguito, alla UE, strutturata più chiaramente e scritta più piacevolmente. Se anche fosse solo per questo, il libro sarebbe già di enorme utilità per gli studenti: è una guida importante e critica, al tempo stesso appassionata e brillante, del complesso labirinto dell’Unione e delle sue istituzioni» (v. Piano Schuman).

Entrambe le opere prendono le mosse da una tesi centrale: l’Unione europea è, fin dai suoi esordi, un progetto con motivazioni e obiettivi politici che è andato concretizzandosi maggiormente sul piano economico. La sua finalità politica e la sua affermazione democratica sono rimaste per lungo tempo implicite, tuttavia si trattava fin dall’inizio di un processo costituente aperto il cui obiettivo finale era la UE, che di fatto si va configurando come un sistema federativo. La lentezza apparente del processo è solo una questione di percezione storica: chi legge i Federalist papers del 1787 e li confronta con l’attuale realtà nordamericana potrà verificare che, in termini comparativi, l’Europa in quarant’anni è andata più avanti rispetto agli Stati Uniti nei primi cent’anni della loro esistenza. In realtà è stata la vertiginosa accelerazione della storia, soprattutto dopo la caduta del Muro di Berlino, ad aver fatto saltare la strategia dell’avanzamento passo dopo passo, che partiva dalla realizzazione del Mercato interno per avviare l’Unione economica e monetaria e approdare infine all’Unione politica.

L’elemento più importante, per B.C., è rappresentato dall’innegabile realtà di una cultura comune europea e, citando l’Ortega y Gasset (v. Ortega y Gasset, José) della Rebelión de las masas, egli ricorda che «se oggi facessimo il bilancio del contenuto della nostra mente – opinioni, norme, desideri, congetture – noteremmo che la gran parte di tutto ciò non proviene al francese dalla sua Francia, né allo spagnolo dalla sua Spagna, ma dal fondamento comune europeo». Il progetto di B.C. ha un’ampia prospettiva storica, quella di un’Europa unita che rappresenta una via d’uscita e di superamento di un passato non rimpianto di guerre mondiali e civili, dato che «non abbiamo la possibilità di vivere delle nostre memorie».

Nella sua configurazione attuale la UE è una forma di unione stabile e cooperativa tra 27 Stati, con elementi comunitari che funzionano secondo una logica federativa e, in realtà, sono stati compiuti maggiori progressi sul piano del Federalismo de facto che nella teoria. Il Trattato di Unione europea (TUE) (v. Trattato di Maastricht) rappresenta un salto qualitativo che definisce il fine ultimo del processo, con due vettori o idee-forza che svolgono il ruolo di motori in tutto questo processo: la cittadinanza (v. Cittadinanza europea) nella dimensione politica e la moneta in quella economica. Entrambe hanno il pregio di rivolgersi alle persone concrete, “al loro cuore e al loro stomaco”, per cui non sorprende la loro ripercussione immediata. Ciò nonostante, si tratta di un duplice impegno scaglionato e rigoroso nelle sue fasi per quanto concerne la moneta unica, meno definito rispetto all’unione economica e ancor più indeterminato e impreciso per il progetto di unione politica.

D’altra parte, la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea) ha fondato la UE come comunità di diritto, formulando tre principi fondamentali: l’effetto diretto, cioè l’idoneità delle norme comunitarie al fine di creare situazioni giuridiche direttamente nei cittadini o nelle persone giuridiche, senza la necessità di un complemento di diritto in ciascun paese; la preminenza del diritto comunitario sul diritto interno di qualsiasi grado e la sua autonomia, essendo creato e applicato dalle istituzioni comunitarie. Parallelamente, negli ultimi anni, la democrazia sta diventando la preoccupazione principale della UE, espressa attraverso temi come la libertà, la sicurezza e la giustizia (v. Spazio di libertà, sicurezza e di giustizia); le relazioni tra la Comunità e i cittadini; una politica estera efficace e coerente (v. Politica estera e di sicurezza comune); una cooperazione più stretta e una maggiore flessibilità delle istituzioni europee. Tutto questo rendendo possibile, al tempo stesso, la semplificazione e il consolidamento dei Trattati e dei testi giuridici dell’Unione: «Con la ratifica del Trattato di Maastricht e la sua entrata in vigore il 1° novembre del 1993, è stata compiuta una tappa difficile ed è innegabile che la proposta di “dotare la costruzione europea di una costituzione democratica ed efficace, comprensibile ai cittadini e in grado di permettere l’allargamento dell’Unione”, come propone il Parlamento europeo, può apparire come un invito a cadere in bocca al lupo. Indubbiamente è necessario compiere un lavoro di rifondazione, di redazione e di approfondimento concettuale. Con un atto tardivo, gli estensori del Trattato di Amsterdam hanno inserito una sezione VI sulla semplificazione e il consolidamento dei Trattati» (v. anche Semplificazione legislativa; Consolidamento dei testi legislativi).

Tutto questo rappresenta inoltre un appello alla divulgazione e alla partecipazione della società civile europea (v. anche Società civile organizzata) al processo: «Dopo l’esperienza vissuta con il dibattito del TUE, deve essere considerata conclusa la tappa del processo costituente “a porte chiuse”. Se si pretende di continuare con il metodo di provare ad attenuare e minimizzare la portata di quanto è stato stabilito, si corre il serio pericolo di fomentare reazioni di rifiuto nelle opinioni pubbliche, come si è dimostrato nel processo di ratifica, e al tempo stesso di fornire agli analisti politici più assidui, ossia agli operatori e agli speculatori finanziari, l’opportunità di approfittare dell’occasione».

Finora la riflessione si è concentrata in maniera preponderante sugli aspetti istituzionali della gestazione e dell’applicazione del TUE, però secondo B.C. l’aspetto più originale della costruzione europea consiste nella sua dimensione di “rivoluzione sociale”: «In effetti, i passi decisivi della Comunità europea sono rappresentati dallo smantellamento de facto delle barriere di confine, doganali, e anche psicologiche e culturali che gli europei occidentali sono andati edificando e sovrapponendo nel corso dei secoli. Tale metodo, più che eliminare i confini della carta geografica ne ha annullato gli effetti, trasformando in realtà le quattro libertà fondamentali: quella di residenza e di circolazione dei cittadini (v. Libera circolazione delle persone), come pure quella di movimento dei beni (v. Libera circolazione delle merci), dei servizi (v. Libera circolazione dei servizi) e dei capitali (v. Libera circolazione dei capitali). Ciò implica l’allargamento decisivo del campo d’azione degli agenti sociali, individui o imprese, generando di conseguenza un gigantesco processo di riassegnazione di risorse e di funzioni sia a livello geografico che di settore».

Per questo una delle grandi sfide che oggi deve affrontare l’Unione europea è il fatto che il riconoscimento della cittadinanza, insieme all’eliminazione delle barriere, pone importanti interrogativi sul benessere e sulla dimensione sociale nell’orizzonte politico futuro: «La sicurezza e la protezione sociale sono incluse nella Carta sociale come questioni su cui il Consiglio decide all’unanimità. L’ipotesi non è puramente teorica, perché è operativa sin da ora per oltre cinque milioni di cittadini comunitari residenti in uno Stato diverso da quello d’origine. Fra loro non vi sono soltanto emigranti tradizionali, i cui diritti non si possono garantire soltanto sulla base di accordi bilaterali, ma anche molti pensionati del Nord della Comunità che usufruiscono degli ospedali della previdenza sociale e delle loro Unità di vigilanza intensiva (UVI) sulla costa mediterranea spagnola, tanto per fare un esempio». Anche se non c’è dubbio che, al di sopra di ogni altro, il grande problema che preoccupa gli europei è la creazione di posti di lavoro, e l’Europa in questo campo registra due debolezze preoccupanti: il calo di competitività e la minore capacità di creare occupazione.

B.C. ha inoltre scritto numerosi articoli su temi relativi alla costruzione europea. Tra i più recenti: Un naufragio globalizado, sull’affondamento della petroliera Prestige, i problemi della sicurezza marittima internazionale e le pericolose conseguenze del funzionamento di un’economia globalizzata senza regole né autorità chiare; Quién teme la ampliación?, a sostegno dell’allargamento della UE; La UE en la difícil postguerra, contro la guerra in Iraq e a favore di una politica europea di difesa (v. anche Politica europea di sicurezza e difesa), di interposizione e di aiuti umanitari; La Convención y España, in cui critica la politica estera del governo Aznar (v. Aznar López, José María), il negoziato del Trattato di Nizza e la posizione spagnola in merito al problema della rappresentanza nazionale nelle istituzioni europee; La agenda europea, sulle principali questioni a breve termine: riforma istituzionale e Costituzione europea, politica economica comune e politica estera e di sicurezza dopo la rottura causata dalla guerra in Iraq.

B.C. è stato anche presidente del Movimento europeo internazionale fra il 1987 e il 1989, dell’Instituto universitario Eurofórum (El Escorial, 1992-1997) e del Patronato del Parque nacional de Doñana (1992-1994). Presidente della Fundación Yehudi Menuhin sino al 2004, oggi è al vertice della Fondazione europei nel mondo ed è vicepresidente dell’Istituto internazionale per l’opera e la poesia, recentemente istituzionalizzato dall’United Nations educational, scientific and cultural organization (UNESCO).

Javier Muñoz Soro (2009)